La carne coltivata in laboratorio rappresenta “una minaccia” ai “metodi di produzione alimentare genuina che sono al centro del modello agricolo europeo”. È la nota congiunta di Italia, Francia e Austria inviata all’Ue e sostenuta da altri nove Paesi (Repubblica Ceca, Cipro, Grecia, Lussemburgo, Lituania, Malta, Romania, Slovacchia e Ungheria).
La partita dell’Italia contro la carne coltivata
Con il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, l’Italia gioca da mesi a Bruxelles una partita istituzionale contro la carne coltivata, cavallo di battaglia lanciato dalla Coldiretti con una petizione sottoscritta da oltre due milioni di persone. Battaglia che ha incassato l’apertura di un’asse Roma, Parigi e Vienna, attraverso una nota congiunta inviata all’Ue.
Anche se, fa sapere la Commissione, non è stata ancora ricevuta “alcuna domanda di autorizzazione, ai sensi della legislazione sui nuovi alimenti”. E se una domanda di autorizzazione dovesse essere presentata, “sarà l’Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare, ndr) a valutare”.
Nota congiunta: «Carne coltivata? Una minaccia»
Roma, Parigi e Vienna mettono in guardia da “nuove pratiche” che “includono la produzione di carne con la tecnologia delle cellule staminali, che richiede tessuti di animali vivi”. Negli ultimi anni, si legge nel documento congiunto inviato all’Ue, “alcune nuove pratiche di produzione alimentare basate su cellule artificiali coltivate in laboratorio sono emerse in tutto il mondo. Tuttavia, queste pratiche rappresentano una minaccia agli approcci primari basati sull’agricoltura e ai metodi di produzione alimentare genuina che sono al centro del modello agricolo europeo. Queste nuove pratiche includono la produzione di carne utilizzando la tecnologia delle cellule staminali, che richiede tessuti provenienti da animali vivi”.
“Lo sviluppo di questa nuova produzione alimentare coltivata in laboratorio – rileva il documento – solleva molte domande che devono essere discusse approfonditamente tra gli Stati membri, la Commissione, le parti interessate e il pubblico in generale”.
Italia, Francia, Austria chiedono dibattito Ue
Dopo aver indicato più nel dettaglio quali sono le questioni aperte (etiche, economiche, sociali, relative alla sostenibilità, alla trasparenza, alla salute pubblica e agli aspetti giuridici) a cui va data una risposta, i firmatari del documento chiedono “un approccio più ampio alla produzione di carne basata su cellule, al fine di tenere conto di queste domande e dei risultati delle discussioni che si terranno con gli Stati membri e la società civile europea, prima di prendere qualsiasi decisione sull’autorizzazione l’immissione in commercio“.
I Paesi chiedono che, “prima di qualsiasi autorizzazione” al commercio, la Commissione europea lanci “una vera e propria consultazione pubblica sulla carne coltivata in laboratorio” e conduca una “valutazione d’impatto completa e basata sui fatti”. Inoltre i prodotti a base di cellule “non potranno mai essere definiti carne”.
La sfida di Coldiretti
Coldiretti lancia una nuova sfida chiedendo che i prodotti in laboratorio nei processi di autorizzazione “non vengano equiparati a cibo ma bensì a prodotti a carattere farmaceutico” ribadendo l’impegno “a costruire con le altre grandi Organizzazioni agricole in Europa una mobilitazione a Bruxelles” per cambiare le politiche dell’Unione Europea, dallo stop alle importazioni di cibi extracomunitari senza controllo sul piano sanitario e ambientale ad una politica agricola comune che tuteli il reddito e accompagni la crescita delle imprese agricole fino al no ai cibi a base cellulare.