Settanta anni dopo la prima spedizione italiana sul K2, guidata da Ardito Desio – la prima al mondo a raggiungere la vetta della seconda montagna più alta della terra – una spedizione tutta femminile: quattro italiane e quattro pakistane, unite nel segno non della conquista ma della condivisione di valori e principi, per la prima spedizione al mondo tutta di donne sopra gli ottomila. Il progetto K2-70, realizzato dal Club alpino italiano e patrocinato dal Ministero del Turismo e dal Ministero degli Esteri, è guidato da Agostino Da Polenza, alpinista, che salì il K2 sul versante Nord e che oggi è manager e coordinatore di progetti scientifici in altissima quota, dall’Everest all’Himalaya al K2.
La storica spedizione sul K2 nel 1954
La spedizione del 1954 fu epica: il 31 luglio 1954, per la prima volta nella storia, l’Italia stupì il mondo e salì in vetta al K2, la seconda montagna più alta della terra, dove neanche gli americani erano riusciti ad arrivare. La via seguita fu lo Sperone degli Abruzzi (che ora le alpiniste ripercorreranno) e i due alpinisti che raggiunsero la vetta furono Achille Compagnoni e Lino Lacedelli, con il supporto dell’intero gruppo. Un contributo fondamentale fu fornito da Walter Bonatti e Amir Mahdi che, con un’impresa senza precedenti e affrontando il rischio della morte in un forzato bivacco notturno a oltre 8100 metri, trasportarono a Compagnoni e a Lacedelli le bombole d’ossigeno rivelatesi poi essenziali al compimento della missione.
Il primo team di donne sul K2
Sarà la prima volta al mondo per un team interamente femminile sopra un ottomila: lassù, a quelle altitudini, dove c’è un terzo dell’ossigeno a cui siamo abituati. Dove venti, freddo, ghiaccio e valanghe possono in un momento decidere al posto tuo. Dove tu rischi di non decidere proprio, perché le facoltà cognitive non sono normali. Ma niente è normale in quel mondo estremo, ed è proprio lì – in quelle condizioni al limite della sopravvivenza – che la medicina compie osservazioni e studi fondamentali per capire lo sviluppo di molte malattie. Per la prima volta, anche la fisiologia femminile potrà essere studiata.
Il progetto K2-70
Le otto alpiniste – Federica Mingolla, Silvia Loreggian, Anna Torretta, Cristina Piolini, Samina Baig, Amina Bano, Nadeema Sahar, Samana Rahim – partiranno il 15 giugno per arrivare al campo base il 29 giugno. L’ascesa dovrebbe avvenire nella seconda metà di luglio, appena la “finestra” meteo lo renderà possibile. Il progetto parte il 15 marzo con alcune giornate di training sul Monte Bianco dove le alpiniste si prepareranno per affrontare il K2, allestendo un campo sul ghiacciaio del Gigante. Quindi si trasferiranno all’Eurac Research di Bolzano, centro di ricerca d’eccellenza nel campo della medicina di montagna dove si sottoporranno a prove medico-scientifiche per valutare l’impatto e che il loro organismo subirà durante l’ascensione.
Una dottoressa in K2-70 per studiare la fisiologia femminile
La nona donna della spedizione è la dottoressa Lorenza Pratali, cardiologa e fisiologa del Cnr: salirà con le atlete sul K2 e lavorerà con un team di circa 30 ricercatori, che compiranno studi sul fisico femminile in altissima quota, di cui si sa poco o nulla. «Non si sono mai studiate le reazioni del corpo femminile a queste altitudini su un gruppo così numeroso: finora le donne hanno sempre partecipato a spedizioni miste, ed erano in minoranza» spiega la dottoressa Pratali. «Ora invece potremo fare studi più rilevanti sulla risposta cardiovascolare, cognitiva e cerebrale, sia a riposo che durante lo sforzo, per trarre informazioni importanti sulla cura di molte malattie».
Del fisico femminile in alta quota si sa poco
Di donne (e bambini) in montagna oggi infatti si sa pochissimo. Tutti gli studi sono stati fatti al maschile. «Considerando i cambiamenti climatici, la montagna sarà sempre più disponibile per tutti, quindi occorre aumentare le nostre conoscenze: sta nascendo per esempio un gruppo di studio sui bambini, così come si sta iniziando a studiare l’influenza dell’assetto ormonale sulle prestazioni in alta quota. Per esempio quanto incide la menopausa? E la terapia ormonale sostitutiva? Tutti concetti che apparentemente non interessano, ma che invece danno una spinta importante alla ricerca per trovare soluzioni utili a tutti».
Le alpiniste del team K2-70
E poi ricordiamoci che in condizioni così estreme, contano l’acclimatamento e l’allenamento, ma soprattutto le facoltà mentali. E qui entra in gioco la resilienza delle donne, la loro lucidità, la preparazione tecnica ma anche la capacità di superare gli imprevisti. Sarà una grande sfida per tutte, da giocare sul campo fisico ma anche mentale. Da Anna Torretta, la veterana della squadra, ad Amina, che ha 19 anni, tutte hanno già scalate importanti alle spalle: Anna Torretta è guida alpina a Courmayeur (attualmente unica Donna nella Società di Guide di Courmayeur) ed è un’icona dell’alpinismo italiano e internazionale, pluri-campionessa italiana di Arrampicata su ghiaccio e vice campionessa del Mondo di questa specialità. Ha fondato Avventura Donna, la prima scuola di alpinismo femminile a Innsbruck nel 2001 ed è co-fondatrice di La Traccia, primo centro di formazione per l’alpinismo a Torino nel 2003. Cristina Piolini, della Val d’Ossola, tra le tante imprese nel 2005 ha scalato il suo primo ottomila senza sherpa e senza ossigeno, lo Shisha Pangma (8.027 m), per poi scendere con gli sci. Ha poi tentato la scalata al Lhotse (8.516 m), per rinunciare a 200 metri dalla vetta a causa di un’improvvisa nevicata e per prestare soccorso a un alpinista austriaco in difficoltà. Poi Federica Mingolla, giovane campionessa torinese d’arrampicata, e Silvia Loreggian, guida alpina veneta, che ha aperto nuove vie in Nepal, in Alaska e percorso iconiche big wall in Patagonia, in Yosemite e nelle Alpi. Anche le atlete pakistane hanno in tasca record e imprese: Amina Bano, della regione Gilgit-Baldistan; Nadeema Sahar, alpinista e guida turistica; Samana Rahim, che fa parte della squadra di sci nazionale ed è campionessa di arrampicata su ghiaccio e Samina Baig, la prima pachistana a scalare il K2 e che ha già scalato anche l’Everest.
Il valore sociale di questa impresa
Ma il valore di questa impresa così eccezionale è anche umano: raccontare il punto di vista femminile sulla montagna, dimostrare che le donne possono compiere imprese esattamente come gli uomini – basta darne loro la possibilità -, spingere altre donne di tutto il mondo ad andare in montagna e offrire alle comunità pakistane occasioni di lavoro legate proprio al territorio. Sta infatti per essere inaugurato nel distretto di Ghiere il Cristina Castagna Center, un rifugio che offre non solo ospitalità agl alpinisti, ma anche formazione per future guide alpine, donne e uomini: un’opportunità di sviluppo in una zona che si sta spopolando e che invece può rappresentare una importante risorsa turistica.
Il valore scientifico
Il progetto K2-70 ha anche un respiro scientifico ampio: si avvale infatti del progetto Ice Memory, che vuole studiare per la prima volta la neve e il ghiaccio in una regione così cruciale per gli equilibri del subcontinente indiano. È organizzato dall’Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle Ricerche e dall’Università Ca’ Foscari Venezia, assieme a EvK2CNR (associazione fondata da Agostino Da Polenza che da 35 anni si occupa di ricerca scientifica e tecnologica in alta e altissima quota), con il contributo del CAI e il patrocinio Ministero dell’Università e della Ricerca
Il documentario Rai
Il progetto K2-70 sarà anche oggetto di un documentario Rai, Sulle orme del K2, che vuole celebrare il 70° anniversario dell’ascensione del 1954 attraverso il racconto della spedizione femminile di quest’anno.