Dalla legge di bilancio 2024 sono stati cancellati 25 milioni di euro destinati dal Governo nel biennio 23-24 al Fondo per il contrasto dei disturbi alimentari. Istituito nel 2021, quest’ultimo aveva l’obiettivo di potenziare le strutture ambulatoriali esistenti e crearne di nuove in tutto il Paese, garantendo un’assistenza adeguata e omogenea a chi soffre di anoressia, bulimia e altri disturbi del comportamento alimentare.
Centri per i disturbi alimentari, le disparità territoriali
Secondo l’ultimo censimento del 2023, in Italia esistono 126 centri specializzati, tra pubblici e privati accreditati, ma con una distribuzione disomogenea sul territorio. Il Nord ne conta 63, con Emilia Romagna e Lombardia in testa, mentre il Centro ne ha solo 23 e il Sud e le Isole 40. Alcune Regioni, come il Molise, non hanno nemmeno un centro dedicato. “Si tratta di una rete insufficiente – spiega al Corriere della Sera Laura Dalla Ragione, direttore Rete disturbi alimentari Usl 1 dell’Umbria – soprattutto se si considera che i casi di questi disturbi sono aumentati in modo esponenziale dopo il Covid. Servono più risorse e più personale per offrire un’assistenza qualificata e tempestiva“.
Disturbi alimentari: dati sempre più allarmanti
Intanto i numeri dei pazienti affetti da disturbi alimentari fanno paura: “Si tratta di una vera e propria emergenza sanitaria – continua Dalla Ragione – che richiede interventi urgenti e coordinati. Non possiamo abbandonare queste persone al loro destino”. “Anche a fronte dei dati allarmanti che riguardano i nuovi casi intercettati ogni anno – spiega – che nel 2019 erano 680.569, mentre nel 2023 sono arrivati a 1.680.456. Anche i dati Rencam regionali (Registro nominativo cause di morte) vedono un aumento progressivo negli stessi periodi: di anoressia e bulimia cinque anni fa sono morte 2.178 persone, in quello appena finito i decessi sono stati 3.780. Con una età media di 25 anni: che significa che un’alta percentuale, tra arresti cardiaci e suicidi, ha meno di 18 anni”.
I centri ambulatoriali chiuderanno ottobre
Il Fondo aveva permesso l’assunzione di 780 professionisti tra medici, psicologi, dietisti e infermieri, ma ora il loro futuro è incerto. A causa del mancato stanziamento, il progetto si concluderà infatti il 31 ottobre 2024 e gli ambulatori chiuderanno. Una preoccupazione non solo per i pazienti presi in carico, che non avranno più il loro punto di riferimento e saranno costretti in molti casi a spostarsi in altre Regioni e in altri centri, ma soprattutto per i nuovi casi. “Sarà più difficile intercettarli – conclude Dalla Ragione -. Credevamo che il Fondo venisse rinnovato. Ora possiamo ancora sperare che i disturbi alimentari vengano scorporati da quelli psichiatrici e vengano inseriti nei Lea (Livelli essenziali di assistenza, ndr)”.
Deluso anche Giuseppe Rauso, presidente dell’Associazione nazionale disturbi del comportamento alimentare: “Siamo disperati, come è possibile che non si sia riusciti a dare continuità? Non sappiamo come dirlo alle famiglie. Qui si parla della seconda causa di morte tra i giovani dopo gli incidenti stradali. Speriamo che qualche decreto legge possa restituirci la speranza”.
Opposizioni: “Scelta irrazionale, Governo torni sui suoi passi”
Unanime il coro proteste delle opposizioni alla cancellazione del Fondo dalla legge di bilancio. Di “scelta inaccettabile, miope e irrazionale che arriva in un periodo nel quale i casi di anoressia e bulimia raddoppiano” scrive sulla sua pagina Facebook la presidente del Consiglio regionale della Puglia, Loredana Capone, vicepresidente del Pd. “Una scelta che lascia soli decine di migliaia di giovani, soprattutto ragazze, e le rispettive famiglie che dopo il Covid hanno visto aumentare la loro sofferenza”, spiega.
Le fa eco Sara Battisti, consigliera regionale del Partito democratico del Lazio: “Ancora un taglio dei servizi ai più deboli, ancora una presa di posizione che non tiene conto delle fragilità, che mostra totale disinteresse nei confronti di chi sta soffrendo di una grave patologia”.
E un appello al Governo di fare marcia indietro è quello di Raffaella Paita, senatrice e coordinatrice nazionale di Italia Viva, nella cui petizione si legge: “Si tratta di una vera e propria emergenza sociale che richiederebbe più risorse e di certo non tagli. Ad ottobre invece, tutta la rete di ambulatori che in questi anni si è presa cura dei malati e ha dato sostegno alle loro famiglie dovrà chiudere. Chiediamo quindi di firmare per premere il Governo affinché torni sui suoi passi“.