«I suoi organi sono stati donati alla ricerca, affinché siano utili a far progredire gli studi su cui lui stesso stava lavorando». Sono le parole al Corriere del Veneto di Laura Lucchin, madre di Sammy Basso, il 28enne ricercatore malato di progeria morto ad Asolo (Treviso) sabato scorso durante il ricevimento di matrimonio di amici.
«Ce lo siamo vissuti a pieno»
«È stata una morte naturale – racconta la madre – legata alla sua patologia rara. Anche se noi non ce lo aspettavamo minimamente. Quando i suoi amici ci hanno chiamato per dirci che aveva avuto un malore non potevamo immaginare che non si sarebbe mai più svegliato. Noi abbiamo vissuto con lui ringraziando giorno per giorno, consapevoli della malattia e di che cosa comportasse. Ora, cosciente del fatto che lui abbia vissuto così tanto, per 28 anni, mi dico ‘caspita’. Ma noi ci svegliavamo ogni mattina dicendo: ‘Che bello che lui sia qui anche oggi con noi’ e ce lo siamo vissuti a pieno sempre».
Sammy Basso e il percorso di fede
Sull’atteggiamento di fede di Sammy, racconta Laura Lucchin: «Ha realizzato un percorso di fede importante. Noi siamo credenti e fin da piccolo lo abbiamo accompagnato in tutte le esperienze della religione cristiana cattolica. Poi a 12 anni, quando ha iniziato la cura sperimentale, ha avuto una crisi. Questo perché Sammy ha sempre creduto che lui fosse nato affetto dalla progeria perché questo era il progetto di Dio per lui, e così l’aveva accettata. Una volta che si è presentata la possibilità della cura sperimentale si sentiva di andare contro la volontà di Dio. Lui ha empre detto che per un anno e mezzo si è sentito un po’ ateo… ha studiato tantissimo, ha approfondito il buddhismo, la religione islamica, l’ebraismo e lo stesso cristianesimo. Si è poi confrontato con diversi ricercatori e scienziati, che gli hanno trasmesso un messaggio per lui fondamentale: la scienza sono le mani di Dio. Da questo momento ha ricominciato a viversi pienamente il cristianesimo».
Il “dopo Sammy”
Il dopo-Sammy sarà «quello che è stato il fulcro della sua vita: la ricerca. Ha lavorato fino all’ultimo come ricercatore per un progetto in collaborazione con il centro di Boston che lo seguiva, e il Cnr di Bologna per poter trovare una cura alla sua patologia. Sapeva che non sarebbe stato per lui, ma per le generazioni future. La ricerca quindi andrà avanti, come il lavoro dell’associazione da lui stesso fondata. Sono tanti gli amici all’interno – conclude la mamma di Basso – che continueranno a tenerla viva».
La data dei funerali
Intanto sono stati ufficializzati data e orario dei funerali di Sammy Basso che si terranno venerdì 11 ottobre, con inizio alle 15.00, al campo sportivo di Tezze sul Brenta (Vicenza). L’amministrazione comunale di Tezze ha fatto sapere che in occasione delle esequie verrà proclamato il lutto cittadino. «Sammy – afferma il sindaco di Tezze, Luigi Pellanda – è stato un esempio di umanità e forza di vivere per tutti coloro che l’hanno incontrato, ma continuerà ad esserlo anche per chi scoprirà la sua storia in futuro».
Che cos’è la progeria?
La sindrome di progeria di Hutchinson-Gilford (Progeria o SPHG) da cui era affetto Sammy Basso è una condizione genetica rara e fatale caratterizzata dalla comparsa di invecchiamento accelerato nei bambini. Il suo nome deriva dal greco e significa “prematuramente vecchio”.
I bambini affetti da questa patologia (ne colpisce uno ogni 4-8 milioni, a seconda delle stime) nascono sani, ma dopo il primo anno di vita mostrano un’accelerazione dei processi di invecchiamento: la pelle si assottiglia, i muscoli perdono forza, il grasso sottocutaneo cala drasticamente. Nell’arco dei primi 20 anni di vita, spesso durante l’adolescenza, i pazienti sono colpiti da malattie cardiovascolari tipiche degli anziani. Altri segni della progeria includono il fallimento della crescita, la perdita di grasso corporeo e capelli, pelle dall’aspetto invecchiato, rigidità delle articolazioni, lussazione dell’anca, aterosclerosi generalizzata, malattie cardiovascolari (cardiache) e ictus. Senza trattamento, i bambini con progeria muoiono di aterosclerosi (malattie cardiache) a un’età media di 14.5 anni.
Non esiste una terapia specifica, tuttavia è necessario diagnosticarla prima possibile per iniziare una terapia di supporto e un’idonea gestione delle complicazioni. La ricerca di possibili cure ha fatto enormi passi in avanti dal momento in cui è stato identificato il gene responsabile della malattia.