Quando il cuore cessa di battere e, circa 15 secondi dopo, anche il cervello smette di funzionare, succede qualcosa. La vita non finisce qui, con la morte fisica.
La vita dopo la morte: i racconti di pre morte
A raccontare cosa accade sono il 15-20 per cento dei pazienti che vengono rianimati: circa un quinto delle persone che tornano in vita dopo il coma o un arresto cardiaco (e sono tantissime nel mondo), raccontano le loro NDE, le Near Death Experience, le esperienze di pre morte. Racconti straordinari, tutti molto simili, in ogni parte del mondo e perfino in ogni epoca, che ribaltano le nostre credenze fino a questo momento e ci spingono ad aprire uno sguardo nuovo sulla morte, su ciò che ci aspetta quando il corpo cessa di esistere e sulla nostra stessa vita.
La morte non è la fine
A guidarci per mano in questo viaggio affascinante alle radici del nostro essere è il dottor Manuel Sans Segarra, scienziato, rinomato chirurgo e pioniere nella ricerca della Sopracoscienza, autore – con il giornalista Juan Carlos Cebrián – del libro La Sopracoscienza esiste, La vita oltre la vita (Vallardi ed.). Un best seller in Spagna e in America Latina, giunto già alla 19esima edizione a pochi mesi dalla pubblicazione, e ora uscito anche in Italia. Il libro raccoglie anni di riflessioni, sperimentazioni e studi a partire dalle NDE, i racconti di pre morte, che hanno portato lo scienziato a concludere che la coscienza possa esistere dopo la morte del corpo. Insomma, la morte non è la fine.

I racconti delle NDE, le esperienze di pre morte
Dottor Sans Segarra, partiamo dai racconti delle esperienze di pre morte. Cosa viene riferito dai pazienti che tornano in vita dopo che il cuore ha cessato di battere e il cervello – apparentemente – di funzionare?
L’esperienza della morte, così come riportata da migliaia di testimoni nel mondo, non è affatto una fine improvvisa e vuota, ma un processo ordinato, percepito con estrema lucidità, che segue uno schema ricorrente, a qualsiasi latitudine. Perfino in qualsiasi epoca: abbiamo testimonianze raccontate da Socrate, nel terzo secolo a.C., che coincidono con quelle odierne. Le persone raccontano le stesse percezioni, a cominciare dalla separazione dal corpo, per cui si vedono fluttuare fuori da sé per poi riferire particolari e avvenimenti accaduti contemporaneamente in altre parti (luoghi dell’ospedale o perfino episodi accaduti in continenti diversi), che non avrebbero mai potuto conoscere e che invece poi si dimostra che sono accaduti».
La vita dopo la morte: la sensazione di pace
«Queste esperienze raccontano anche di una sensazione di pace profonda. Subito dopo il distacco corporeo, molti descrivono un senso totale di pace, leggerezza e amore incondizionato. Il dolore fisico sparisce completamente, e ci si sente avvolti in una calma che non trova paragoni nella vita terrena».
Il viaggio attraverso il tunnel
«Quindi – prosegue lo scienziato – il viaggio attraverso un tunnel o uno spazio oscuro, in fondo al quale si trova una luce brillante. E al termine del tunnel, l’incontro con esseri di luce. Queste figure possono essere percepite come entità spirituali, parenti defunti, guide, angeli o, per i più religiosi, persino figure divine (come Gesù, Maria o il Buddha). Ciò che accomuna tutte queste entità è l’assenza di giudizio: comunicano telepaticamente, trasmettendo comprensione e amore purissimo».
La revisione della propria vita
«Molte persone sperimentano una vera e propria “rassegna” della propria vita: momenti fondamentali, spesso dimenticati, scorrono davanti ai loro occhi. Raccontano non solo di vedere i fatti, ma di sentire anche le emozioni altrui, come se si percepisse cosa hanno provato gli altri a causa delle nostre azioni. Questo passaggio ha un forte impatto trasformativo dopo il rientro alla vita: viene compresa la connessione profonda tra ogni essere umano».
Il confine
«Alcuni raccontano di avvicinarsi a una sorta di confine, simbolico o reale: un cancello, un fiume, una porta, o persino una linea invisibile. Una volta attraversato, non si potrebbe più tornare indietro. Tuttavia, quasi tutti riferiscono di essere “fermati” prima del passaggio, da una voce o da una delle entità, che comunica: “Non è ancora il tuo momento”».
Il ritorno
Il ritorno alla vita è spesso vissuto con dispiacere. La sensazione di amore e libertà sperimentata durante la NDE è così forte che molti non desiderano tornare. Tuttavia, spesso viene detto loro che devono completare una “missione” o che ci sono ancora cose da fare. Il ritorno nel corpo è percepito come un “rientro forzato”, talvolta con dolore, disorientamento e senso di pesantezza.
La vita dopo la morte: allucinazioni o esperienze reali?
Le esperienze di pre-morte sono reali o sono solo allucinazioni?
«Un conto sono le allucinazioni neurologiche (come quelle indotte da farmaci, febbre o disfunzioni cerebrali), un conto le NDE, che sono profondamente diverse: le allucinazioni sono caotiche, frammentate, spesso angoscianti. Le esperienze di pre morte sono coerenti, lucide, cariche di significato e rimangono nella memoria con vividezza anche a distanza di decenni.
Tutti vivono la stessa esperienza?
«No. Le NDE hanno elementi ricorrenti, ma non identici per tutti. Le differenze possono dipendere dall’età (bambini e adulti riportano esperienze differenti), da religione o cultura (può influenzare l’aspetto simbolico, ma non i contenuti principali), dal tipo di morte clinica (accidentale, traumatica, lenta…), dal livello di sviluppo personale o spirituale. Tuttavia, alcuni elementi sembrano universali: il senso di pace, la visione della luce, la separazione dal corpo.
Le esperienze di pre morte cambiano le persone?
«Questa è una delle domande più importanti. Le NDE trasformano radicalmente chi le ha vissute, che perde la paura della morte, sente una maggiore compassione ed empatia verso gli altri e vive un profondo cambiamento nei valori all’insegna di meno materialismo e più altruismo. Si ricerca poi in genere uno sviluppo della propria spiritualità, non legata necessariamente a una religione. Molti cambiano professione, intraprendono percorsi di aiuto agli altri, si dedicano a cause umanitarie o sociali. Molte persone cambiano al punto di separarsi. La trasformazione avviene a livello profondo, permanente».
Cosa dice la medicina ufficiale di tutto questo?
«La medicina ufficiale non ha ancora una risposta definitiva, ma spesso tende a ignorare o minimizzare le NDE per mancanza di strumenti adatti. Tuttavia, negli ultimi anni, importanti centri ospedalieri e università (es. NYU, Harvard, University of Virginia) hanno iniziato a studiare seriamente questi fenomeni. Per esempio il dottor Bruce Greyson, uno dei pionieri nello studio scientifico delle NDE. La medicina tradizionale tende ancora a vedere la coscienza come un prodotto del cervello, ma gli studi sulle NDE stanno mettendo in crisi questo paradigma».
La coscienza quindi sopravvive alla morte? Cioè non è il prodotto del cervello, come siamo abituati a pensare?
«La coscienza non è localizzata esclusivamente nel cervello. Le evidenze delle NDE suggeriscono che la coscienza può osservare e ricordare mentre il cervello è inattivo, è capace di muoversi fuori dal corpo e ha una dimensione trascendente, eterna, senza spazio né tempo».
Secondo il dottor Manuel Sans Segarra e le evidenze degli studi sulle esperienze di pre morte, la coscienza sopravvive, e le NDE sono porte d’accesso a una realtà più grande.
Come è possibile spiegare tutto questo scientificamente?
Tutto ciò non ha nessuna logica in base al metodo scientifico tradizionale, cioè quello cartesiano e newtoniano con cui anche io, come tutti i medici, mi sono formato, ho insegnato e lavorato. Questo nostro metodo è basato su un’ontologia materialistica per cui siamo corpo, mente e materia: quindi siamo abituati a pensare che la morte fisica sia la fine della nostra esistenza. Come giustificare allora i pazienti che mi portano prove della loro sopravvivenza quando il loro corpo era morto? Una persona per esempio mi riferì di cose accadute in un’altra stanza del pronto soccorso mentre la rianimavo (cose che poi ho verificato essere veramente avvenute). Un neuroscienziato, colpito da un problema cerebrale grave, visse una NDE in cui raccontò di essere entrato in contatto con una ragazza molto gentile mai vista nella sua vita. Una volta rianimato, indagò sulla sua adozione e scoprì di avere una sorella di sangue, figlia dello stesso padre naturale, come dimostrarono gli esami scientifici: era quella ragazza, che andò poi a incontrare. Ma gli esempi sono tantissimi. Esempi, ripeto, non riconducibili a una verità scientifica come la intendiamo comunemente».
Se non esiste una spiegazione scientifica tradizionale, esiste qualche prova strumentale che queste persone raccontino la verità e non si tratti, invece, di fantasie, sogni o allucinazioni?
«C’è una prova strumentale che ha convinto anche i più scettici: abbiamo sottoposto alcune di queste persone alla risonanza magnetica funzionale mentre raccontano la loro esperienza di pre morte. Ebbene, quando parlano di un oggetto visto durante quei minuti, si attiva il lobo occipitale del cervello: questo vuol dire che l’oggetto l’hanno visto davvero perché sono entrati in funzione i neuroni specchio. I neurologi quindi sono concordi sul fatto che questi pazienti non stanno mentendo: se hanno visto un certo oggetto durante l’esperienza di pre morte, vuol dire che questa è reale».
La teoria quantistica per spiegare la vita dopo la morte
Tra racconti di fenomeni concreti avvenuti all’altro capo del mondo e le prove oggettive attraverso la risonanza, a quale conclusione è arrivato?
«Non possiamo dimostrare l’esistenza delle figure di luce, o il fatto che molte persone raccontano di essere entrate in contatto con i propri defunti. Questi racconti non sono verosimili in base al metodo scientifico. Per poter interpretare in qualche modo ciò che dicono dobbiamo entrare in un’altra disciplina, cioè nella teoria quantistica che ci racconta la realtà strutturale vera, autentica dell’universo, che non è fatto di materia ma di energia. Tutto è energia.
Quindi c’è somiglianza tra certi principi della fisica quantistica e i racconti delle persone rianimate?
«L’energia non si crea e non si distrugge ma si modifica, è in costante vibrazione e si propaga attraverso onde elettromagnetiche, che possono attraversare le strutture solide come se all’interno di queste vi fosse un tunnel. Proprio come accade nei racconti delle NDE. Inoltre, le particelle subatomiche di cui è fatto l’atomo, quindi l’energia dell’universo, si modificano continuamente e sono tutte in correlazione, indipendentemente dallo spazio e dal tempo: in questo consiste il trasferimento dell’informazione e questo spiegherebbe come nelle NDE le persone sappiano molte cose senza averle vissute. Insomma, alcuni fenomeni della fisica quantistica ci hanno fatto osservare un parallelismo con ciò che raccontano i pazienti».
Se cuore e cervello non funzionano più, com’è possibile che la coscienza esista ancora?
Esiste una coscienza locale e una Sopracoscienza. La prima ci permette di accettare la nostra esistenza e sapere chi siamo, come e dove viviamo. Tutta questa attività deriva dalle reazioni biochimiche e metaboliche che avvengono nelle molecole all’interno dei 100 miliardi di neuroni del nostro cervello. Nella morte, questa coscienza smette di funzionare: dopo 15 secondi dall’arresto cardiaco, non c’è alcuna attività neurale. Quindi come sono possibili le esperienze di premorte? Perché c’è un altra coscienza oltre a quella locale che persiste nonostante la morte fisica e perdura fuori dal cervello: le persone possono allontanarsi, per esempio in alcuni racconti di NDE negli Stati uniti, le persone riferiscono avvenimenti accaduti in Australia, nello stesso momento. Il trasferimento delle informazioni è infatti indipendente da spazio e tempo. Questo ci dice che qualcosa esce, va dove vuole, capta, vede e quando il paziente torna in sé ce lo racconta».
Quindi c’è un’altra coscienza al di là delle onde elettromagnetica del cervello.
«Sì, è la Sopracoscienza, un’energia sottile che non possiamo rilevare ma di cui possiamo dimostrare gli effetti attraverso le esperienze di pre morte, oppure la telepatia e la chiaroveggenza. Rappresenta la parte migliore di noi, la nostra identità più autentica, senza tempo né spazio. Comprenderlo, ci può aiutare a non avere paura della morte e ad affrontare una visione più ampia e profonda della realtà».