«Aprile, ogni giorno un barile», recita un vecchio proverbio con cui in tanti sono cresciuti ben sapendo che in primavera la pioggia – anche abbondante – è del tutto normale. Ma lo è il fatto che il maltempo non dia tregua per un periodo così lungo come sta avvenendo quest’anno, specie al nord? Secondo le rilevazioni l’ultima perturbazione che ha interessato il 30 per cento della Lombardia ha portato lo stesso quantitativo di pioggia che solitamente cade nell’intero mese di maggio, in alcuni casi raddoppiandolo. Perché?
Meteo: le piogge nel nord Italia
Le immagini di tg e siti sono più eloquenti: intere zone della Pianura Padana sono state allagate a causa della pioggia delle scorse ore. In alcuni casi, come in Veneto, ci sono stati danni importanti, come il crollo di un ponte a Malo nel vicentino, fortunatamente senza vittime. Tra le province più colpite ci sono «Lodigiano, Milanese, Brianza, Varesotto, con picchi persino superiori ai 200mm» di acqua caduta in appena 15 ore, come ha spiegato il meteorologo Edoardo Ferrara di 3bmeteo a Today.it. La stessa perturbazione ha successivamente causato condizioni di severo maltempo tra Emilia Romagna, Veneto e Friuli Venezia Giulia, anche qui con violenti temporali, grandinate, nubifragi, allagamenti e disagi».
Perché avvengono queste alluvioni
Si tratta, quindi, di condizioni non comuni? «Il problema è che spesso ci dimentichiamo che il mese di maggio in alcune regioni del nord, come possono essere la Lombardia o il Veneto, è il secondo più piovoso dell’anno: le perturbazioni intense ci sono sempre state. Detto questo, ci sono altri fattori da tenere in considerazione. Intanto oggi c’è una maggiore comunicazione ed è aumentata la quantità di fonti che ci forniscono informazioni, quindi questi eventi sono conosciuti subito e da tutti, causando spesso una reazione emotiva, di pancia. Poi, però, esistono anche cause oggettive che portano a questi fenomeni», spiega il climatologo dell’Università di Camerino Massimiliano Fazzini, coordinatore sul rischio climatico della Sigea, la Società italiana di Geologia ambientale.
Com’è cambiato il Mediterraneo
«Il Mediterraneo è sicuramente cambiato, c’è una maggiore quantità di energia termica, che richiama aria calda e umida che, all’arrivo di un anticiclone dal nord Europa – come in questo caso – si scontra causando l’instabilità atmosferica», chiarisce Fazzini. «La causa, quindi, non è il presunto “blocco Omega”, come qualcuno ha ipotizzato, ma il semplice scontro tra due perturbazioni che sono venute a contatto nell’arco di 36/48 ore. Non va comunque dimenticato che la zona dell’alto vicentino, particolarmente colpita, è una delle più piovose d’Europa e che questo tipo di perturbazione torna con una ciclicità di 5/6 anni. Ciò che cambia nel tempo è il consumo del suolo», osserva Fazzini.
Il meteo è impazzito?
Dunque è colpa del meteo impazzito oppure si osservano maggiori effetti a causa delle azioni dell’uomo, come la cementificazione, che aumenta i rischi di danni ogni volta che arriva una perturbazione più abbondante? «Diciamo che la verità sta in mezzo. Celarsi dietro il cambiamento climatico non è corretto. Certo c’è una estremizzazione dei fenomeni, che sono un po’ più frequenti, ma soprattutto intensi. Ma questo è noto da anni. Il problema è che si continua a costruire dove non si dovrebbe – prosegue il climatologo – Non è solo questione di fiumi che esondano, come il Lambro o il Seveso, o dei 120 mm di pioggia. È vero che nel vicentino sono caduti persino 230 mm di acqua, ma questi eventi seppure rari non sono eccezionali. La differenza rispetto al passato è che oggi provocano disastri a causa del tipo di pianificazione del territorio».
Il ricordo dell’Emilia in ginocchio
Se il Governatore della Regione Veneto, Luca Zaia, parla di «disastro» e l’intero territorio è in allerta rossa, in Lombardia continuano a preoccupare i fiumi Lambro e Seveso, dopo i disagi alla circolazione a causa della tracimazione. Tutte immagini che ricordano l’alluvione dello scorso anno in Emilia Romagna, in ginocchio proprio in questo mese. In quel caso c’erano state anche 17 vittime, 20mila sfollati e danni per 10 miliardi di euro. Un copione che si ripete? «Sono due fenomeni diversi, ma con effetti simili. Va detto che in Emilia la “magnitudo” è stata tre volte superiore a quella di questi giorni, e i numeri lo confermano», osserva Fazzini.
Un’estate da siccità record?
Nonostante le piogge di questa primavera, però, sono in molti a temere un’estate molto calda, con conseguente siccità record che potrebbe colpire soprattutto il sud Italia. Mentre al nord le perturbazioni hanno permesso di fare scorte di acqua, le alte temperature ipotizzate potrebbero mettere in ginocchio le regioni meridionali. Secondo l’andamento statistico, infatti, già ad aprile si erano registrate punte di 24° C e oltre, in media superiori di 3 rispetto al periodo. Questo lascerebbe presagire un’estate “rovente”. «È complesso fare previsioni meteo precise, possiamo ipotizzare un andamento solo per quanto riguarda temperature e precipitazioni», chiarisce l’esperto.
Un giugno un po’ più “fresco”
Come spiega il climatologo, «per quanto riguarda le precipitazioni potrebbe anche registrarsi un 30% in più nell’arco di un anno, ma magari concentrato nei due mesi temporaleschi, alternati a tre mesi di siccità. Quanto alle temperature, come spesso accade negli ultimi anni, si prevede che siano di 1 grado sopra la media dell’ultimo trentennio. Ma siccome nelle ultime due estati l’aumento è stato di due gradi, potremmo aspettarci una stagione un po’ meno “calda” se l’aumento si limitasse a 1 grado. Va detto, però, che si prevedono comunque ondate di calore specie a luglio, con un giugno che invece potrebbe essere più instabile e “fresco”, e un agosto con i classici primi temporali di tarda estate».
Occorrono soluzioni radicali
Di fronte a questo andamento del meteo, Fazzini sottolinea l’importanza della prevenzione: «Se si confermasse questo tipo di modello, con piogge abbondanti al nord e maggiore siccità al sud, occorrerebbe pensare a soluzioni di lungo periodo. Mentre nelle regioni settentrionali servono interventi di adattamento idrico, per fronteggiare le alluvioni, al sud la siccità potrebbe diventare un grosso problema. Un primo effetto è la limitazione delle produzioni agricole e industriali, per le quali occorre molta acqua, ma bisogna evitare che questa venga meno per gli usi alimentari umani. Per questo si dovrebbero valutare opere come i desalinizzatori, che sono costosi ma necessari», conclude l’esperto.