Sembrava, fino a qualche anno fa, tutto così lontano: umidità tropicale, cicloni, alluvioni, desertificazione… Roba da film apocalittici o da altri continenti. Invece dall’Emilia-Romagna alla Liguria, dal Veneto alla Sicilia, i disastri ambientali ci hanno già ingolfato un pesante bagaglio di ricordi.

Che cosa si intende per migranti climatici

Sulla lotta al cambiamento climatico la politica e le organizzazioni internazionali arretrano o si intorcinano alla ricerca di blandi compromessi: le annunciate politiche trumpiane e la conferenza sul clima Cop29 di Baku appena conclusa lo confermano. Intanto molti sono costretti a spostarsi. Persino noi italiani stiamo diventando migranti climatici: c’è chi si trasferisce per necessità, perché la casa dove viveva è stata distrutta e non avrebbe senso ricostruirla in un luogo a rischio, e chi gioca d’anticipo cercando altrove uno spazio più sicuro.

Le conseguenze in Italia del consumo di suolo

migranti climatici libro
Il saggio della giornalista Virginia Della Sala Migrare in casa (Edizioni Ambiente)

Partiamo da un dato, ineludibile. «L’Italia, circondata dal mare tra l’Africa e i ghiacciai, è più di altri luoghi un “hotspot”, un punto caldo dove si scontrano le violente correnti innescate del cambiamento climatico» spiega la giornalista Virginia Della Sala, autrice di Migrare in casa (Edizioni Ambiente). La collocazione dell’Italia non l’abbiamo scelta noi, invece alcune decisioni che prendiamo dovrebbero e potrebbero essere corrette. «Il nostro consumo di suolo è a livelli record. Nel 2022 i maggiori aumenti si sono registrati in Lombardia (+908 ettari), Veneto (+739), Puglia (+718), Emilia-Romagna (+635). Il tutto avviene fra grandi contraddizioni: c’è l’allarme sulla denatalità, ma aumenta la cementificazione perché le città autorizzano l’edificazione di nuove case per attrarre abitanti e garantirsi così una maggiore contribuzione. Non solo. Si acquista online pensando anche di fare bene all’ambiente, ma la richiesta di consegne sempre più rapide fa sì che la costruzione di impianti di logistica e infrastrutture connesse proceda in modo capillare. La concatenazione di tanti fattori ha quindi ripercussioni sulla cura del territorio e sulla tenuta idrogeologica».

Migranti climatici: l’anno scorso più di 40.000 persone sono state evacuate o rimaste senzatetto

Quando scatta l’emergenza tutti urlano, ma poi cosa succede? «Nel 2023 gli evacuati e i senzatetto sono stati 41.687, di cui 1.694 per frane e 39.993 per inondazioni. Parlando con le persone dei territori colpiti si incontra chi se ne va, chi ha perso tutto, chi vorrebbe cambiare ma non può. Penso, per esempio, a una signora in Emilia-Romagna che mi ha detto:

Sono stata alluvionata tre volte in questi ultimi anni. Ho pagato la mia casa 200.000 euro, ora la venderei ma vogliono darmi 30.000 euro. Non posso andare via solo con quella cifra

E per le imprese è ancora più complicato».

Per evitare altri disastri ambientali vanno ripensati territorio, attività produttive e turismo

Nel libro si cita, tra le altre, l’azienda agricola Sabbatani di San Lorenzo in Noceto, vicino a Forlì, costruita dal nonno del titolare nel 1948 accanto al fiume Rabbi. La furia dell’acqua l’anno scorso ha spazzato via 3 dei 10 capannoni e metà dei 120.000 tra pulcini e ovaiole presenti. «La Sabbatani si sposterà» dice Della Casa «Ma questo ha un costo e delle conseguenze anche per gli abitanti della zona». Per le imprese il 1° gennaio 2025 scatta l’obbligo di assicurarsi contro “danni catastrofali”. Una risposta alle emergenze che solleva altre domande. «Rispetto alle aree più a rischio come si muoveranno le imprese assicuratrici? E gli imprenditori continueranno a investire lì?» si chiede Della Sala. Quel che serve davvero è un ripensamento del territorio. «Guardiamo cosa sta producendo l’erosione delle coste: ci sono interi tratti portati via dalle mareggiate. Occorre intervenire cambiando anche il turismo, al mare come in montagna, dove non è pensabile continuare così, con lo sci e la neve artificiale».

Dove fuggono i rifugiati climatici

Migrazioni verticali (Donzelli), il saggio di cui è coautore e cocuratore Andrea Membretti

Su un nuovo ruolo che può rivestire la montagna indaga Migrazioni verticali (Donzelli), un saggio di cui è coautore e cocuratore Andrea Membretti, docente di Sociologia dei territori all’Università di Pavia: «Miclimi, il progetto che abbiamo portato avanti per un anno e mezzo finanziato dalla Fondazione Cariplo, ha avuto tre focus. Il primo: capire come sta cambiando il clima nella Pianura Padana e come la combinazione di inquinamento e aumento delle temperature può spingere le persone verso quote più alte. Il secondo: analizzare come Torino e Milano stanno perdendo abitanti. Abbiamo visto che tra coloro che cambiano residenza circa il 10% si trasferisce in montagna. Il terzo focus è stato un questionario diffuso con l’Istituto Swg di Trieste fra oltre 2.000 abitanti delle città della Pianura Padana, da Torino a Venezia: i più preoccupati per i cambiamenti climatici nelle zone in cui vivono sono le donne e i giovani e il 30% degli intervistati considera la montagna un luogo dove passare lunghi periodi o trasferirsi in maniera definitiva».

Contro i cambiamenti climatici anche il nostro rapporto con la montagna va rivisto

La montagna, quindi, ci salverà? «Non così, con l’overtourism in estate e solo in alcune località, mentre altre sono in abbandono. Va incentivata la presenza di persone in montagna in tutte e quattro le stagioni e anche nei luoghi fuori dai circuiti turistici più noti. Ci sono poi dati importanti su quanto il cambiamento climatico impatti sulla salute di anziani, bambini e persone fragili: loro dovrebbero poter accedere alla montagna almeno nei mesi estivi. Servirebbero politiche di welfare in tal senso e in generale bisogna attrezzarsi con soluzioni non emergenziali, che tengano conto della fragilità degli ecosistemi montani e dei diritti di quanti già ci vivono».

Per ridurre i disastri ambientali ci sono buone pratiche a cui ispirarsi

Virginia Della Sala invita a puntare sulla mitigazione dei fenomeni e l’adattamento a essi, citando tentativi in tal senso Italia e nel mondo: dalle terrazze di sabbia contro le inondazioni ad Amburgo allo stoccaggio dell’acqua piovana a Rotterdam, da un progetto lungo un canale a Medicina, Bo, per il drenaggio delle acque in caso di forti piogge e per trattenerle in caso di siccità allo scolmatore di Pontedera e al bacino di Roffia a San Miniato (Pi). «Cruciale» conclude l’autrice «è affiancare alla Protezione civile un’efficace “Prevenzione civile”».

Nel mondo già milioni di migranti climatici fuggono dai disastri ambientali

La crisi climatica è già un’emergenza umanitaria che costringe e costringerà alla fuga milioni di persone. Attualmente, oltre il 40% della popolazione mondiale – circa 3 miliardi e mezzo di individui – vive in contesti di grande vulnerabilità agli shock climatici, ma l’Europa e l’Italia non prevedono una speciale protezione per chi si sposta da luoghi ormai invivibili. Lo hanno messo in luce sia la ricerca Il cambiamento climatico non conosce frontiere, presentata a giugno da ActionAid, sia il Dossier Statistico Immigrazione 2024, pubblicato a fine ottobre dal Centro studi e ricerche IDOS. «I governi hanno il dovere di prendere atto che la mobilità umana forzata è strettamente legata alla crisi climatica che stiamo alimentando» dichiara Luca Di Sciullo, presidente di IDOS. «Così come deve essere un diritto riconosciuto chiedere protezione anche a causa di fattori climatico-ambientali, nella prospettiva di arrivare al riconoscimento dello status di rifugiato climatico a livello internazionale».

Una serie tv mostra l’urgenza di intervenire

Uno scatto tratto dalla serie tv Never too late

È l’anno 2046 e il Pianeta soffre per la mancanza di ossigeno. Le Milizie Verdi al potere vietano i contatti con la natura ma un gruppo di ragazzi, i cui genitori sono misteriosamente scomparsi, entrano in una delle ultime foreste, in Sardegna. Non hanno mai toccato un albero né il mare. Vogliono scoprire la verità e cambiare le cose. È l’inizio di una serie in 10 episodi di Lorenzo Vignolo e Salvatore De Chirico, ora in prima visione su RaiPlay: si intitola Never too late. Non è mai troppo tardi per una svolta ecologista.