Chiara Petrolini resterà agli arresti domiciliari nella villetta di famiglia a Vignale di Traversetolo (Parma) in attesa del Riesame bis davanti al tribunale di Bologna. La 21enne era stata arrestata lo scorso settembre con l’accusa di aver ucciso e sepolto nel giardino di casa i due figli appena partoriti tra il 2023 e il 2024.
Annullata l’ordinanza dei giudici
La prima sezione penale della Cassazione ha così annullato con rinvio l’ordinanza dei giudici che il 17 ottobre avevano invece deciso per la custodia cautelare più severa, per il rischio che la giovane potesse commettesse nuovi reati e ritenendo non sufficiente la sorveglianza dei genitori conviventi.
L’esecuzione era rimasta sospesa in attesa della pronuncia sul ricorso della difesa, avvocato Nicola Tria. Che dopo il Riesame aveva sottolineato come la «misura cautelare non può e non deve anticipare la pena». E adesso, dopo la Cassazione, esprime «grande soddisfazione per l’annullamento di una decisione che non si misurava adeguatamente con la peculiarità di questa vicenda, nella quale il pericolo di reiterazione di reati è quanto mai specifico e, dunque, efficacemente contenibile con la misura degli arresti domiciliari».
Le accuse a Chiara Petrolini
Niente carcere dunque (almeno per il momento) per Chiara Petrolini, da gennaio tornata a vivere nella casa di Travesterolo con la famiglia dopo il dissequestro del luogo dei delitti. Alla giovane la Procura parmigiana contesta l’omicidio e la soppressione di cadavere per il neonato partorito il 7 agosto 2024, prima di andare con i genitori in vacanza negli Usa e per il primogenito venuto alla luce il 12 maggio 2023. Nati al termine di due gravidanze di cui nessuno, familiari e fidanzato di Chiara inclusi, aveva mai saputo nulla.
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Azioni commesse, hanno ricostruito le indagini degli inquirenti, senza aiuti. L’ipotesi, supportata dalle analisi medico legali per il secondo figlio, è che la madre abbia tagliato il cordone ombelicale, provocando la morte per dissanguamento. Meno certezze arrivano sulle cause della morte del primo bambino, i cui resti sono stati trovati successivamente e in condizioni più deteriorate, scavando nel giardino.
Giovane donna «difficilmente decifrabile»
Nel processo che verrà discusso dopo l’eventuale rinvio a giudizio verranno valutate anche le condizioni psichiche della ragazza. La sua capacità di intendere e di volere sarà tema presumibilmente centrale per valutare a processo crimini con un movente difficile da individuare, commessi da una giovane donna «difficilmente decifrabile» come la definì il procuratore D’Avino nella conferenza stampa il giorno dell’arresto.
La versione data dalla ragazza, nei primi interrogatori in cui non sono mancate bugie e contraddizioni, è che pensava che i figli fossero nati morti. Poi, chiamata davanti al Gip dopo l’esecuzione dei domiciliari, si è avvalsa della facoltà di non rispondere. Da quel momento non risulta abbia più parlato. A gennaio però ha voluto partecipare al procedimento civile per l’iscrizione anagrafica dei due neonati. Sia lei sia il fidanzato hanno scelto i nomi per i bambini, due nomi per ciascuna vittima: Angelo Federico e Domenico Matteo.