Il video del neonato lasciato in ospedale

Un neonato è stato lasciato al pronto soccorso dell’ospedale di Aprilia. Una donna è entrata con la carrozzina e dopo pochi minuti è uscita. Lo rivelano le telecamere di sicurezza dell’ospedale in un video che purtroppo è stato diffuso da Rai1: un video “in esclusiva” dove il volto della donna è perfettamente riconoscibile, poi ripreso il giorno dopo da La Repubblica e Rai News, che non hanno fatto nulla perché la donna fosse irriconoscibile. Quindi il suo volto è stato visto da milioni di persone. Solo in seguito è stato rimosso.

Giornalisti responsabili, ma chi ha girato il video dall’ospedale?

Il fatto è molto grave perché rappresenta la violazione di ogni norma sulla privacy, sul trattamento dei dati personali e sulla dignità umana. Il Coordinamento per le pari opportunità dell’Ordine nazionale dei giornalisti ha espresso il proprio sconcerto, come il Garante della privacy, secondo cui quelle immagini “non avrebbero dovuto essere trasmesse, in quanto lesive della dignità della donna, in un momento di particolare fragilità”. E poi chiediamoci: chi dall’ospedale ha girato quelle immagini ai media? Non c’è luogo più di un ospedale in cui il diritto alla privacy e alla riservatezza andrebbe garantito.

Abbandono di minore: quando c’è il reato

«Questa donna – che si sta ricercando – ora è indagata per abbandono di minore, un reato che prevede una pena da 6 mesi a cinque anni» spiega l’avvocata Claudia Rabellino Becce. «Il fatto di averlo lasciato in ospedale potrebbe giocare a suo favore: perché infatti si configuri il reato di abbandono, occorre che il minore venga messo in una condizione di pericolo, anche potenziale. Per esempio la Corte di Cassazione ritenne colpevole di abbandono un genitore che, per fare la spesa, aveva lasciato da sola la figlia di 23 mesi all’interno della propria automobile, ermeticamente chiusa ed esposta al sole nelle ore più calde della giornata».

Lasciare un neonato in ospedale è abbandono?

Quindi lasciarlo in ospedale è abbandono? «Decideranno i giudici, se la madre verrà ritrovata. Andranno sicuramente valutate le condizioni psichiche della donna nel momento in cui ha “abbandonato “ il minore» prosegue l’avvocata. «Certamente l’aspetto più drammatico in questa vicenda, di per sé drammatica, è aver violato la privacy di questa donna da parte dei media: le madri in difficoltà confidano proprio nell’anonimato, per questo scelgono gli ospedali. C’è differenza tra lasciarlo in strada e lasciarlo in una struttura del genere».

Come funziona il parto in anonimato: i tempi

Oggi le donne che non possono o non vogliono tenere un figlio, possono scegliere il parto in anonimato. «Al momento del parto, in ospedale o in clinica, la madre dichiarerà ufficialmente di non voler essere nominata e questa circostanza sarà riportata nell’atto di nascita del bambino» prosegue l’avvocata. «La madre deve dichiarare di non voler riconoscere il figlio entro 3 giorni se la nascita è avvenuta in ospedale (la sua dichiarazione sarà raccolta dal personale sanitario), oppure entro 10 giorni dal parto all’Ufficio Anagrafe del Comune di appartenenza. Se la donna è incerta su cosa fare, può chiedere al tribunale per i minorenni un termine di due mesi per riflettere e compiere la sua scelta. Fuori da queste tempistiche il diritto non c’è più. E in astratto puo delinearsi il reato di abbandono».

Anche le culle termiche sono assimilate al parto in anonimato. «In diversi ospedali italiani esistono le culle termiche, luoghi sicuri in cui la donna può lasciare il suo bambino. In questo caso, non vengono attivate procedure per rintracciare o identificare la madre» conclude l’avvocata. Le culle termiche esistono in diversi ospedali, grazie al progetto nazionale (www.ninnaho.org) promosso dal 2008 da Fondazione Francesca Rava e dal Network KPMG in Italia. La possibilità di affidare i neonati a queste strutture, dà loro la possibilità di essere assistiti al meglio ed immediatamente. Ciò garantisce a questi bambini una migliore prospettiva di vita.