Un gatto molto grasso può aiutarci a capire come trattare l’obesità negli umani? Se lo sono chiesti alcuni ricercatori della Ohio State University. I risultati del loro studio, pubblicati sulla rivista Scientific Reports, sono molto interessanti.

Il punto di partenza

Gli esperti hanno scoperto che i cambiamenti nei microbiomi intestinali felini in risposta a modifiche nella dieta sono molto simili a quelli osservati negli umani. Questo potrebbe significare che i gatti sono un buon modello per studiare l’obesità. Farlo potrebbe aiutare sia noi che i felini a diventare più sani.

«Gli animali domestici dormono con noi. Talvolta condividono il nostro gelato. Tutte le cose che le persone fanno con loro evidenziano che gli animali sono un modello di malattia naturale con esposizioni ambientali simili a quelle degli umani», ha spiegato a Newsweek l’autrice principale dello studio, Jenessa Winston, assistente professore di scienze cliniche veterinarie presso l’Ohio State University.

Come si è svolto lo studio

I ricercatori hanno somministrato ad alcuni gatti obesi quattro diete diverse nel corso di sedici settimane. Per tutto il periodo hanno analizzato i campioni di cacca dei felini. Le diete includevano l’alimentazione a base di cibo per gatti commerciale per due settimane; l’alimentazione a base di cibo dimagrante per una settimana; una dieta dimagrante per 11 settimane e il ritorno alla dieta originale.

Obesità: la scoperta dei ricercatori

I ricercatori hanno scoperto che i cambiamenti nel microbioma intestinale del gatto erano molto simili ai cambiamenti nei microbiomi umani dopo lo stesso tipo di modifiche nella dieta. In particolare, un acido grasso a catena corta, chiamato acido propionico, è stato trovato in livelli maggiori nei campioni di feci quando i gatti seguivano la dieta ipocalorica e perdevano peso.

Livelli più elevati di acido propionico, che è associato in altri mammiferi alla regolazione dell’appetito e alla riduzione dell’accumulo di grasso, sono stati correlati con un aumento di un batterio, il Prevotella 9, nei campioni fecali. Questo indica che questo batterio può causare un aumento dell’acido propionico.

L’obesità nei gatti e quella negli umani

«Quando i gatti seguono la dieta speciale formulata per la perdita di peso, l’acido propionico sale e rimane alto, per poi tornare indietro quando vengono rimessi nella dieta di mantenimento», ha spiegato la ricercatrice Winston.

Ha aggiunto: «Questo studio evidenzia che quando limitiamo le calorie dei gatti obesi, possiamo alterare il loro ecosistema microbico. Penso che i parallelismi con gli umani esistano».

I vantaggi della scoperta

I risultati dello studio indicano che i gatti potrebbero essere il candidato ideale per studiare come i microbi intestinali potrebbero aiutare a combattere l’obesità.

«Essere in grado di vedere nei gatti i cambiamenti che emergono nel contesto dell’obesità e del diabete di tipo 2 nelle persone, li rende un ottimo modello per iniziare a guardare a terapie più dirette al microbioma per l’obesità negli esseri umani», ha detto Winston. Ha aggiunto: «I microbi che abbiamo visto in questo studio emergono anche più e più volte negli studi sull’uomo, e chiaramente le persone non mangiano cibo per gatti».