Un’accesa polemica ha accompagnato la presentazione delle divise a marchio Nike che gli atleti americani dovranno indossare nel corso delle prossime Olimpiadi di Parigi. Un body destinato al team femminile è stato giudicato da più parti sconveniente e sessista perché particolarmente tagliato nelle parti dell’inguine, contrariamente al design dei completi dei colleghi uomini, apparsi più sobri.
Il completo delle atlete Usa giudicato inopportuno
Secondo le voci critiche, i completi pensati per le fuoriclasse americane dell’atletica leggera sarebbero troppo succinti e rischierebbero di esporre le parti intime nelle atlete durante le competizioni. Va detto, a onor del vero, che le rappresentanti statunitensi ai Giochi di Parigi 2024 avranno la possibilità di scegliere fra diversi tipi di mise, fra body, top corti e pantaloncini. Ma nonostante questo alcune atlete hanno sottolineato la scelta di inserire nella gamma di possibilità un capo più sexy che effettivamente funzionale. Tanto più che le divise da pista maschili del team USA sono tutt’altro che seduttivi: pantaloncini standard e canottiera.
La condanna delle atlete americane
La campionessa di salto in lungo Tara Davis-Woodhall ha sottolineato l’inadeguatezza di questo completo: “Se lo indossassi in gara”, ha detto la statunitense, “invece di concentrarmi sulla prestazione dovrei pensare a fare in modo di non scoprire la mia parte intima”.
Lauren Fleshman, campionessa nazionale statunitense dei 5000 metri nel 2006 e nel 2010, ha scritto in un lungo post su Instagram in cui sottolinea: “Gli atleti professionisti dovrebbero essere in grado di competere senza dedicare spazio cerebrale alla costante vigilanza del pube o alla ginnastica mentale di avere in mostra ogni parte vulnerabile del proprio corpo. I kit delle donne dovrebbero essere al servizio della prestazione, mentalmente e fisicamente. Se questo outfit fosse davvero benefico per le prestazioni fisiche, gli uomini lo indosserebbero”.
Il Guardian: “Fra l’aerobica e Baywatch”
Anche alcune testate giornalistiche hanno bocciato senza appello la divisa presentata a Parigi. Il “Guardian“, una fra tutte parla di “un ibrido tra i body indossati dagli appassionati di aerobica degli anni ’80 e i costumi di Baywatch negli anni ’90”.
Chi difende il body della discordia
Non sono tuttavia mancate le voci fuori dal coro. La campionessa olimpica in carica del salto con l’asta, Katie Moon, ha criticato l’idea che le uniformi siano sessiste. “Voglio essere chiara e premetto che quanto mostrato sul manichino era preoccupante e giustificava la risposta che ha ricevuto. Ho anche sentito commenti del tipo: perché non possono semplicemente realizzare uniformi da uomo per le donne? Adoro le persone che difendono le donne, ma abbiamo almeno 20 diverse combinazioni di uniformi per competere con tutte le parti superiori e inferiori a nostra disposizione. Possiamo scegliere cosa indossare e ognuna dovrebbe sentirsi libera di poterlo fare”.
La difesa della Nike
Nike si è difesa sottolineando che gli atleti del team USA possono scegliere tra slip e pantaloncini e un’ampia varietà di altre combinazioni di outfit.
Dal tennis al beach volley, il dibattito è aperto
Non è la prima volta che le divise delle sportive sono al centro delle polemiche. Nel tennis, Wimbledon ha superato il dogma del total white concedendo alle giocatrici di indossare pantaloncini di colore scuro per alleviare l’ansia da ciclo mestruale. Dal calcio alla ginnastica, dall’hockey su prato al beach volley, la mise delle atlete è stato oggetto di dibattito.