Tra la cattura e l’arrivo in Italia di Shabbar Abbas passarono dieci mesi. Potrebbe essere molto più rapida l’estradizione della moglie Nazia Shaheen, perché la madre di Saman, arrestata il 31 maggio in Pakistan dopo tre anni di latitanza, diversamente da quanto aveva fatto il marito non si è opposta alla procedura, né ha fatto istanza di rilascio su cauzione. A questo punto si attendono ulteriori sviluppi per conoscere i tempi della consegna.

La condanna per l’omicidio di Saman

Prima di Natale 2023, la donna, 51 anni, è stata condannata in primo grado a Reggio Emilia all’ergastolo per l’omicidio della figlia 18enne. La stessa pena è stata inflitta al coniuge, mentre un terzo imputato, Danish Hasnain, zio di Saman, ha avuto una condanna a 14 anni. Assolti invece i due cugini della giovane vittima, Nomahulaq Nomanhulaq e Ikram Ijaz.

La latitanza e l’arresto

L’arresto di Nazia è stato l’ultimo risultato investigativo, frutto anche del lavoro delle diplomazie. Di lei si erano perse le tracce da quando, la mattina dopo il delitto, il primo maggio 2021, partì con il marito Shabbar con un biglietto di sola andata, da Milano Malpensa per Lahore. La richiesta di estradizione per entrambi era stata firmata dalla ministra della Giustizia Marta Cartabia il 23 settembre 2021. Ma raggiungere e catturare prima lui e poi lei è stato complesso e altrettanto complicato è stato ottenere una estradizione storica per il padre della ragazza.

Le ragioni dell’omicidio

La madre, secondo i giudici, potrebbe essere stata l’esecutrice materiale del delitto. Un omicidio che per l’accusa, Procura reggiana e carabinieri, è stata una punizione per la sua ribellione, partita con il rifiuto di un matrimonio combinato con un parente in Pakistan. Mentre i giudici hanno dato una diversa lettura.

La lettura dei giudici

Secondo i giudici, Saman sarebbe stata uccisa al culmine di una serata drammatica, quando i genitori avevano scoperto la sua intenzione di fuggire dalla casa di Novellara dove era rientrata da qualche tempo. E proprio la madre, ripresa nelle ultime immagini con la figlia sul vialetto dell’abitazione, l’avrebbe accompagnata a morire durante il minuto in cui è uscita dal fuoco delle telecamere. La Corte aveva in sostanza riletto, ridimensionandola, la storia della 18enne pachistana ritrovata in una fossa un anno e mezzo dopo la morte e dal 26 marzo sepolta nel cimitero di Novellara. Senza risparmiare critiche alla ricostruzione accusatoria, ai media che avrebbero enfatizzato e distorto la vicenda, e demolendo personaggi come il fratello e il fidanzato. “Non solo la vita di Saman è stata spezzata ingiustamente e troppo presto, ma è stata attorniata da affetti falsi e manipolatori, in una solitudine che lascia attoniti”.