Dopo lo stupro di gruppo di Palermo, un nuovo orrore. Un’altra violenza contro le donne in questa estate da ricordare (o, meglio, dimenticare). Vera Schiopu, una ragazza di 25 anni, è stata trovata impiccata nelle campagne catanesi. Il suo compagno e un amico sono accusati di concorso in omicidio: avrebbero messo in scena un finto suicidio. Proprio com’era successo nel 2010, nella stessa zona, a Valentina Salamone, una ragazza 19enne, uccisa – la condanna è arrivato solo nel 2022 – da un uomo sposato, con cui aveva una relazione.
Le chat dello stupro di gruppo
E mentre il volto di Vera ci sorride ancora dalle foto che spuntano in rete, incorniciato da bellissimi capelli scuri, continuiamo a vedere i frame in bianco e nero di quel video scioccante con protagonista – ignara – un’altra giovane siciliana, stuprata a Palermo dal branco. Quelli che credeva amici e l’hanno fatta ubriacare, per poi gettarsi, famelici, su di lei. Ci sono le chat che raccontano questo film (e questa gioventù) dell’orrore, inchiodando tutti i responsabili: «Se ci penso un po’ mi viene lo schifo perché eravamo, ti giuro, 100 cani sopra una gatta, una cosa di questa l’avevo vista solo nei video porno. Eravamo troppi, sinceramente mi sono ‘schifiato’ un po’, ma che dovevo fare? La carne è carne, gliel’ho ‘abbagnato’ pure io il discorso”». E ancora: «Lei era tutta ubriaca, l’amica sua l’ha lasciata sola, voleva farsi a tutti. Alla fine gli (sic!) abbiamo fatto passare il capriccio». Immancabile, e purtroppo prevedibile, il commento di una madre dei ragazzi: «Quella lì è una poco di buono».
Uno dei ragazzi dello stupro è già stato scarcerato
Uno dei sette giovani, che un mese fa – all’epoca del fatto – era minorenne, e che ha confessato, è stato appena scarcerato dalla giudice delle indagini preliminari e affidato a una comunità. La Procura ha fatto ricorso: il ragazzo deve restare in carcere. Si viene anche a sapere, intanto, che il branco l’aveva minacciata di morte, dopo aver saputo della denuncia. Altri messaggi agli atti: «Mi porto la denuncia nella borsetta e le dico ‘Guarda cosa mi hai fatto’. Poi le do (sic!) una testata sul naso».
Le denunce delle vittime e di Anna Scala, trovata nel bagagliaio
Lei quindi aveva denunciato. Come aveva denunciato Celine Frei Matzohl, uccisa a 21 anni dal compagno a Silandro, all’altro estremo dell’Italia, nel freddo della Val Venosta. Tutti sapevano che lui era un violento, si era perfino licenziato per poterla pedinare meglio. Aveva denunciato anche Anna Scala, la donna di 56 anni uccisa da Salvatore Ferraiuolo, l’uomo con cui aveva una relazione da 10 anni. È stata trovata nel bagagliaio dell’auto di lui a Piano di Sorrento, lui ha confessato, l’aveva aggredita più volte, con denti rotti, pugni e percosse. L’avvocato della sua famiglia, con cui è imparentato (è cognato della figlia di lei, che ha 30 anni), Giovanni De Gennaro, ci racconta una vicenda in parte simile a tanti femminicidi: il silenzio della vittima, per vergogna e paura, anche di fronte ai familiari più cari. Poi l’esasperazione che porta a una denuncia, ritirata, a cui ne segue un’altra: «La prima aggressione Anna l’aveva subita 10 anni fa. Poi ne seguirono altre ma lei non denunciò mai, né si confidò con la famiglia. Quindi non siamo certi degli episodi accaduti. Probabilmente lo fece nel 2020 per poi ritirare la denuncia stessa, perché non si trova più. Un anno fa lui la aggredì e le ruppe i denti ma lei non disse nulla neanche alla figlia, che aveva intuito, ma senza riscontri. Raccontò che doveva fare degli interventi di ricostruzione in bocca. A quelle percosse era seguita un’aggressione sulla spiaggia, a luglio, in cui le aveva rotto il telefono e squarciato le gomme dell’auto. Lì lei si decise a denunciare, e lui dopo la minacciò di morte se non avesse ritirato la denuncia».
L’assassino di Anna ha colpito sentendosi impunito
Nessuno in famiglia si era accorto della pericolosità di quest’uomo: «Io stesso – racconta l’avvocato – partecipai a giugno alla comunione di uno dei bambini della figlia di Anna. Salvatore Ferraiuolo era presente, ma sembrava una persona del tutto normale. Dopo la comunione, però, Anna lo bloccò sul cellulare, così lui contattò la figlia di lei e perfino il bambino per chiedere notizie. La figlia, preoccupata, denunciò il fatto ai carabinieri di Gragnano, ma restò un episodio senza importanza. “Non possiamo fare niente” le dissero». A questo seguì l’aggressione in spiaggia, la denuncia di lei e quindi la vendetta di lui: «È stato ad aspettarla almeno mezz’ora e ha colpito senza alcuna paura di essere visto o catturato. Nessun raptus, nessuna follia ma solo premeditazione. Ora si stanno cercando i cellulari di Anna, per acquisire ulteriori prove di minacce, che costituiranno delle aggravanti per Ferraiuolo».
Le donne denunciano di più, ma le istituzioni cosa fanno?
Da inizio anno, sono 76 le donne uccise da un compagno, più o meno ex. I dati dei femminicidi, per quanto sia impressionante la sequenza, quasi quotidiana, sono in linea con lo stesso periodo dell’anno scorso, come testimonia anche Laura De Dilectis, psicologa clinica e creatrice di Donnexstrada e Viola Walk Home, una onlus e una app nate per far sentire le donne più sicure nel rientro notturno verso casa, e ora hub di progetti urbani, di salute e prevenzione, di consulenza psicologica per donne vittime di violenza. «Non si tratta di un’emergenza, contrariamente a quanto potrebbe sembrare, ma di un fenomeno strutturale, radicato non solo nella nostra cultura, ma a livello mondiale. La differenza rispetto a qualche tempo fa è che le donne hanno imparato a denunciare. Sono le istituzioni che non rispondono in modo adeguato a questo coraggio, perché di coraggio oggi si tratta». La dottoressa De Dilectis, esprimendo solidarietà e vicinanza alla ragazza offesa in modo così brutale, lancia una sfida provocatoria alle istituzioni: «Sono tutti i ministeri a essere coinvolti nella questione violenza contro le donne. Dove eravate, dove siete e dove sarete? Famiglia, natalità e pari opportunità: la violenza di genere è la vostra principale questione. Prima di pensare alla natalità e alla famiglia risolverei il fatto che le donne vengono uccise e stuprate. Altrimenti non mi sposo con un uomo che mi potrebbe ammazzare, e una figlia che potrebbe essere uccisa e stuprata, non la metto al mondo. Il Ministero per lo sport e i giovani dovrebbe attuare politiche in favore della gioventù: sono molto giovani gli stupratori e gli assassini. Quali sono le vostre politiche a favore della gioventù? E come la mettiamo con le molestie nello sport? La sicurezza in strada delle donne riguarda il ministero dell’Interno, quello della Giustizia deve proteggere le donne che denunciano. Sono urgenti dei piani nelle città per contrastare le aggressioni: e questo riguarda il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Per non parlare dell’Istruzione: fate qualcosa nelle scuole e nelle università, è un vostro dovere».
Norme e formazione: solo così si può combattere l’impunità
Parole sacrosante, che oggi valgono ancora di più, nel clima di impunità per gli autori di questi reati e grave pregiudizio per le vittime. Come spiega dal suo profilo Instagram Claudia Segre, presidente e fondatrice di Global Thinking Foundation, organizzazione impegnata nell’alfabetizzazione finanziaria e nella lotta contro ogni forma di disparità. «Occorrono norme e formazione: quell’approccio sistemico che manca per evitare l’impunità degli stupri. Che sulla violenza contro le donne sia necessaria una formazione obbligatoria per operatori sociali e magistrati per sradicare un retaggio culturale ormai è ben evidente e chiaro a tutti. Così come il fatto che certe sentenze choc non sono casi isolati di malagiustizia ma la punta di un iceberg sul quale è doveroso far luce una volte per tutte e valutare class action, una volta per tutte».
Il modello della Spagna: se non c’è consenso, è stupro
Claudia Segre, e non solo lei, guarda alla Spagna come modello da imitare: «Nella stessa maniera l’esempio della Spagna, che ha definito con una legge chiaramente come stupro “qualsiasi atto sessuale compiuto senza il consenso “». Abbiamo tutti in mente la recente sentenza di assoluzione per lo stupro di Firenze perché non era ben chiaro il consenso: il Tribunale pochi giorni fa ha assolto due ragazzi dall’accusa di violenza sessuale nei confronti di una 18enne per “errata percezione del consenso”, nonostante l’avessero indotta a ubriacarsi. Così commentava Daniela Carlà, promotrice dell’Associazione Noi Rete Donne: «Inutile stupirci ogni volta per sentenze di questo genere: serve a poco. Pensiamo piuttosto a concordare quali iniziative intraprendere, anche sul piano della formazione degli operatori del diritto, per non assistere più ad aberrazioni di questo tipo».
Il nuovo DDL sulla violenza: fermo
Intanto un nuovo disegno di legge sulla violenza è fermo alla Camera. Potrebbe essere approvato con iter redigente, in modo cioè più veloce. Punta sulla prevenzione, il rafforzamento della misura del provvedimento, di alcune misure cautelari e l’arresto in flagranze differita. L’obiettivo è velocizzare i provvedimenti, estendere la carcerazione e ampliare i casi in cui si può applicare l’ammonimento anche ai cosiddetti “reati spia”, cioè quelli che sono indicatori di violenza di genere: percosse, lesione personale, violenza sessuale, violenza privata, minaccia grave, atti persecutori, diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, violazione di domicilio e danneggiamento.
La Commissione femminicidi, intanto, ha appena nominato la nuova presidente ma non ha ancora iniziato i lavori. Non dovrebbe esistere pausa estiva per le istituzioni, per chi commette violenza, in fondo un giorno vale l’altro.