La Procura impugna la sentenza con sui si era assolto il bidello responsabile di palpeggiamento
Il caso della ragazza a cui un bidello in servizio durante l’orario scolastico aveva palpeggiato il fondoschiena potrebbe essere ribaltato, dopo che la Procura di Roma ha impugnato la sentenza di assoluzione nei confronti dell’uomo. Secondo il pm, che invece aveva chiesto la condanna per l’imputato, la decisione dei giudici «si presta a censura essendo incorsa in errore nella valutazione delle prove acquisite, nella ricostruzione del fatto contestato e nella valutazione circa la sussistenza dell’elemento soggettivo».
Al centro della contesa c’è soprattutto il fatto che la palpatina sarebbe stata breve. «Il Tribunale asserisce che si sarebbe trattato di un toccamento fugace, quasi uno sfioramento, avvenuto peraltro in presenza di altre persone. La parte lesa, invece, parla di un’azione che dura tra i cinque ed i dieci secondi, che non appaiono un tempo cosi istantaneo, tanto che l’amica, senz’altro sbagliando nella percezione ma sicuramente fuorviata dal fatto che non si è trattato di un gesto di durata trascurabile, lo colloca invero nell’arco temporale di trenta secondi», scrive ora la Procura nell’atto di impugnazione. Ma riepiloghiamo i fatti e cerchiamo di capire perché il caso ha fatto tanto discutere.
La sentenza sul palpeggiamento che fa discutere
La “toccata” veloce al fondoschiena di una donna non è un reato. Purché – appunto – sia “veloce”. A stabilirlo sono stati i giudici di Roma con una sentenza che fa discutere. Il caso si riferisce a un bidello che nel 2022 avrebbe toccato i glutei di una studentessa di 17 anni, che frequentava l’Istituto Cine Tv Roberto Rossellini di Roma. Secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, la sua “palpatina” non sarebbe una violenza o molestia, perché «non ci sarebbe stato indugio nel toccamento». La motivazione, che ha portato all’assoluzione dell’uomo, ha scatenato però l’indignazione degli studenti e fa discutere anche in ambito giudiziario.
Il bidello e la «manovra maldestra»
Secondo la testimonianza della 17enne che ha sporto denuncia, mentre saliva le scale della sua scuola superiore, il bidello 66enne le avrebbe infilato le mani nei pantaloni, spostandole gli slip e toccandole il fondoschiena, per 5/10 secondi. Un gesto per il quale il pm aveva chiesto una pena di tre anni e sei mesi di reclusione. Richiesta non accolta dai giudici che, pur credendo al racconto della giovane, avrebbero ritenuto che non si sia trattato di una molestia né di una violenza, per la rapidità stessa del gesto.
Palpeggiamento o «atto scherzoso»?
Il bidello, in aula, avrebbe replicato alle accuse di palpeggiamento della studentessa spiegando: «Lo sai che scherzavo», negando di aver infilato la mano nei pantaloni della giovane. Secondo il Tribunale, quindi, si sarebbe trattato solo di una «manovra maldestra», persino un «atto scherzoso». Insomma, una «palpata breve». «I giudici del Tribunale di Roma hanno ritenuto che proprio la rapidità dell’azione del bidello configura la manata come uno «sfioramento» senza «intento libidinoso o di concupiscenza», spiegava l’avvocata Claudia Rabellino Becce, esperta di questioni di genere. Non ci sarebbe stato, quindi, lo scopo di soddisfare un proprio desiderio sessuale. Il caso, però, ha fatto discutere.
Palpeggiamento: un precedente pericoloso
«Trovo che questa sentenza sia aberrante e possa creare un precedente pericoloso. Si tratta di una interpretazione della norma, da parte dei giudici del Tribunale di Roma, assolutamente contraria allo spirito che ha ispirato la legge su molestie e violenze – commentava Rabellino Becce – L’articolo 609-bis del codice penale, infatti, individua la violenza sessuale “in qualsiasi atto che, risolvendosi in un contatto corporeo, pur se fugace ed estemporaneo, tra soggetto attivo e soggetto passivo del reato, ponga in pericolo la libera autodeterminazione della persona offesa nella sfera sessuale“. Non si stabilisce la durata dei gesti stessi, dunque: la palpatina sul fondoschiena è una violenza che non dovrebbe dipendere dal fatto che duri 10, 30 o 50 secondi. È il fatto di aver violato “un bene” su una persona non consenziente che fa scattare il reato, non il tempo che ci si impiega, esattamente come nel caso di una pacca sul sedere. Mettiamoci nei panni della vittima», proseguiva l’avvocata.
Un’interpretazione maschilista della legge?
«A mio avviso la sentenza conferma la presenza di rilevanti gender bias sessisti – proseguiva Claudia Rabellino Becce – Non è una novità per i tribunali italiani, più volte incorsi nella condanna della Corte Europea per i Diritti Umani, come avvenuto in un caso di stupro di gruppo a Firenze. All’epoca in alcuni passi della sentenza si faceva riferimento alla vita sessuale della vittima, ritenuta molto libera, o al fatto che indossasse degli slip rossi: non è accettabile, è una mancanza di rispetto nei confronti di chi subisce certi comportamenti. Non vorrei che si facesse passare il messaggio che alcuni atti possano essere tollerati con discrezionalità quando invece sono tutti da sanzionare. Basti ricordare anche l’episodio della giornalista che fuori dallo stadio, qualche tempo fa, ha ricevuto una pacca sul sedere e si è sentita dire dal collega uomo che doveva comportarsi “sportivamente” e andare avanti. È segno che viviamo in una società che minimizza comportamenti maschilisti». «Mi auguro – concludeva l’avvocata – che il secondo grado di giudizio applichi la legge con la ratio che l’ha ispirata».
La reazione degli studenti
«Siamo indignati dalla motivazione della sentenza; di nuovo una molestia non viene riconosciuta in quanto tale per una motivazione assurda, questa volta addirittura in virtù della sua durata». Così ha commentato Tullia Nargiso, coordinatrice della Rete degli Studenti Medi del Lazio. Oltre al gesto in sé, già discutibile, a preoccupare le studentesse è il fatto che sia avvenuto dentro un istituto didattico e in orario scolastico. «Vogliamo sentirci sicure in ogni luogo, e in particolare a scuola, che dovrebbe insegnare a riconoscere e abbattere le violenze di genere e le discriminazioni, invece ancora una volta questo non succede, e anzi gli edifici scolastici diventano teatro di molestie neppure riconosciute e punite», ha aggiunto Nargiso.