Quali sono i pesticidi che entrano nei nostri piatti? Quali sostanze tossiche assorbiamo attraverso il cibo mettendo a rischio la nostra salute. Sono le domande a cui cerca di dare risposta il rapporto annuale “Stop pesticidi nel piatto” realizzato da Legambiente in collaborazione con Alce Nero. La ricerca sui fitofarmaci presenti negli alimenti che arrivano sulle tavole degli italiani – che ha coinvolto esperti, esponenti del mondo della ricerca, docenti universitari e medici – delinea un quadro a luci e ombre.
Meno campioni con tracce di pesticidi
Lo studio ha preso in esame 6085 campioni di alimenti di origine vegetale e animale provenienti da agricoltura biologica e convenzionale relativi a 15 fegioni italiane.
La buona notizia è che la percentuale dei campioni in cui sono state rintracciate tracce di pesticidi nei limiti di legge è risultata in diminuzione (39,21% contro il 44,1% dello scorso anno), così come quella dei campioni irregolari (1,62%). Regolare e senza residui è risultato, invece, il 59,18% (lo scorso anno erano 54,8%).
Tracce di fitofarmaco nei campioni regolari
A destare invece preoccupazione il fatto che, seppur nei limiti di legge, nel 15,67% dei campioni regolari sono state trovate tracce di un fitofarmaco e nel 23,54% di diversi residui.
Dati, questi, che, soprattutto sul fronte del multiresiduo, fanno accendere più di qualche campanello di allarme agli addetti ai lavori rispetto ai possibili effetti additivi e sinergici sull’organismo umano del cosiddetto “cocktail di fitofarmaci”.
Il caso dei prodotti biologici
Nei prodotti biologici, rintracciati residui solo nell’1,38% dei campioni, una contaminazione probabilmente dovuta al cosiddetto “effetto deriva” determinato dalla vicinanza ad aree coltivate con i metodi dell’agricoltura convenzionale.
Le sostanze rintracciate nei campioni
Nei campioni analizzati sono state rintracciate 95 sostanze attive provenienti da fitofarmaci. In 3 campioni di uva passa sono stati rintracciati 17 residui, in un campione di pesca 14 residui, in un campione di fragola 12 residui. Dall’EFSA anche dati sui prodotti importati: in un peperone proveniente dalla Cambogia sono stati rintracciati addirittura 28 residui.
La categoria più colpita dai residui è la frutta
In linea con il trend delle precedenti rilevazioni, la frutta si conferma la categoria più colpita dalla presenza di residui: oltre il 67,96% dei campioni contiene uno o più residui (rintracciati nell’84% di pere, nell’83% di pesche, nel 53,85% di peperoni). Nella frutta esotica (banane, kiwi e mango) è stata riscontrata la percentuale più alta di irregolarità, pari al 7,41%. Dato nettamente superiore alle altre tipologie di alimenti. In riferimento alla verdura, il quadro risulta migliore: il 68,55% dei campioni analizzati è risultato senza residui. Tra gli alimenti trasformati, i cereali integrali e il vino sono quelli in cui è stato rintracciato il numero più alto di residui permessi (rispettivamente 71,21% e 50,85%). Nota positiva i prodotti di origine animale: dei 921 campioni analizzati, l’88,17% è risultato privo di residui.
Le tipologie di pesticidi rilevate
Tra i pesticidi più presenti si segnalano (in ordine decrescente): Acetamiprid, Fludioxonil, Boscalid, Dimethomorph. Da segnalare la presenza di residui di neonicotinoidi non più ammessi come Thiacloprid in campioni di pesca, pompelmo, ribes nero, semi di cumino e tè verde in polvere; Imidacloprid in un campione di arancia, 2 campioni di limoni, 3 campioni di ocra; Thiamethoxam in un campione di caffè.
Le proposte di Legambiente
Legambiente, alla luce di questo report, ha lanciato un appello alle istituzioni nazionali ed europee chiedendo interventi concreti sotto il profilo legislativo, rammentando loro che proprio dall’Ue stessa è arrivato un chiaro indirizzo per una drastica riduzione delle sostanze chimiche di sintesi.
La strategia europea From farm to fork prevede infatti che entro il 2030 è necessario raggiungere una riduzione del 50% dei fitofarmaci utilizzati, per questo è fondamentale da parte dei vari Paesi, a partire dall’Italia, una piena applicazione della strategia.
In questa ottica, Legambiente ha chiesto a livello nazionale una legge specifica sul multiresiduo che, sulla base delle attuali evidenze scientifiche, vieti la compresenza di principi attivi. Allo stesso tempo, l’associazione ambientalista continua la sua battaglia contro il glifosato – sostanza resa ancora legale attraverso una recente proroga di ulteriori dieci anni, che, com’è noto, mette a rischio biodiversità, ecosistemi e salute umana – e ha lanciato una nuova campagna “Glifosato free”, per premiare le aziende che, a dispetto della proroga, hanno messo al bando tale sostanza.