La presenza della plastica nell’ambiente causata dal suo universale utilizzo e dall’inefficienza nel suo smaltimento ha come effetto la degenerazione di un materiale che, nel corso dei decenni, arriva a “polverizzarsi” all’interno del terreno e delle acque per entrare negli alimenti e, alla fine, nel nostro organismo. Le microplastiche, purtroppo, sono giunte pericolosamente sulle nostre tavole. Ma in quali alimenti sono state maggiormente riscontrate? Un articolo della Cnn fa il punto su un tema preoccupante, che soltanto di recente ha mobilitato la comunità scientifica.
Plastica nel piatto: un rischio per la salute
Sebbene la presenza di microplastiche sia stata riscontrata nei polmoni, nei tessuti placentari materni e fetali, nel latte materno e nel sangue, fino a poco tempo poche ricerche avevano studiato come questi polimeri potessero influenzano gli organi e le funzioni del corpo umano e impattare sulla salute.
Uno studio del marzo 2024 ha rilevato che le persone con microplastiche o nanoplastiche nelle arterie del collo avevano il doppio delle probabilità di avere un infarto, ictus o morire per qualsiasi causa nei prossimi tre anni rispetto alle persone che non ne avevano.
Secondo gli esperti, le nanoplastiche rappresentano il tipo di inquinamento plastico più preoccupante per la salute umana. Questo perché le minuscole particelle possono invadere singole cellule e tessuti negli organi principali, interrompendo potenzialmente i processi cellulari e depositando sostanze chimiche che alterano il sistema endocrino.
Microplastiche nelle proteine animali e vegetali
In uno studio di febbraio, pubblicato su Environmental Research, i ricercatori hanno esaminato oltre una dozzina di proteine comunemente consumate, tra cui manzo, gamberetti, petti e crocchette di pollo, maiale, frutti di mare, tofu e diverse alternative alla carne a base vegetale. Il 90% dei campioni di proteine animali e vegetali sono risultati positivi alla microplastica: minuscoli frammenti di polimeri che possono variare da meno di 5 millimetri fino a 1 micrometro.
Dallo studio è emerso che i gamberetti impanati contenevano di gran lunga la plastica più piccola, con una media di ben oltre 300 pezzi di microplastica per porzione. Secondo posizionamento per le crocchette a base vegetale con meno di 100 pezzi per porzione, seguite da crocchette di pollo. Le proteine meno contaminate sono risultate quelle contenute nei petti di pollo, seguiti dalle braciole di maiale e dal tofu. Dopo aver confrontato i risultati con i dati sui consumi, i ricercatori hanno stimato che l’esposizione media degli adulti americani alle microplastiche potrebbe variare tra 11.000 e 29.000 particelle all’anno, con un’esposizione massima stimata di 3,8 milioni di microplastiche all’anno.
Le microplastiche nella frutta e nella verdura
Anche la frutta e la verdura possono assorbire le microplastiche attraverso le radici e trasferire i frammenti chimici agli steli, alle foglie, ai semi e ai frutti della pianta. Secondo uno studio, pubblicato su Environmental Science, mele e carote sono risultate rispettivamente la frutta e la verdura più contaminate, con oltre 100.000 microplastiche per grammo. Le particelle più piccole sono state trovate nelle carote, mentre i pezzi di plastica più grandi sono stati trovati nella lattuga, che era anche la verdura meno contaminata.
Microplastiche nel sale e nello zucchero
Il sale può essere imballato con la plastica. Uno studio del 2023 ha rilevato che il sale rosa grosso dell’Himalaya estratto da terra conteneva il maggior numero di microplastiche, seguito dal sale nero e dal sale marino. Secondo uno studio del 2022 , anche lo zucchero è “un’importante via di esposizione umana a questi microinquinanti”.
Lo studio sulle bustine di tè in Pet
Le bustine di tè in nylon e polietilene tereftalato (Pet) rilasciano nella bevanda miliardi di microplastiche e non si sa ancora se e quanto possano essere dannose per la salute umana. Sulla rivista “Environmental Science and Technology” della American Chemical Society è stato pubblicato uno studio condotto in Canada, presso la McGill University di Montreal, che spiega che durante l’infusione di una singola bustina di tè ha rilasciato nell’acqua circa 11,6 miliardi di microplastiche e 3,1 miliardi di particelle nanoplastiche.
La contaminazione della plastica nel riso
Sotto osservazione anche il riso, Uno studio dell’Università del Queensland ha scoperto che per ogni 100 grammi (1/2 tazza) di riso consumati, le persone assorbono da tre a quattro milligrammi di plastica: il numero sale a 13 milligrammi per porzione di riso istantaneo. Secondo i ricercatori, è possibile ridurre la contaminazione da plastica fino al 40% lavando il riso. Ciò aiuta anche a ridurre l’arsenico, che può essere presente nel riso.
L’acqua venduta nelle bottiglie di plastica
Un recente allarme ha riguardato infine l’acqua venduta nelle bottiglie di plastica. Secondo uno studio del marzo 2024, un litro d’acqua conteneva in media 240.000 particelle di plastica provenienti da sette tipi di plastica, comprese le nanoplastiche.