Fino al 10 per cento delle famiglie italiane non ha accesso ad abiti puliti o alla possibilità di lavarsi regolarmente. Si chiama povertà d’igiene ed è una delle conseguenze della povertà, che nella sua forma più estrema viene definita con il superlativo “assoluta”.

6 milioni di persone in povertà d’igiene

La povertà assoluta per l’stat colpisce circa 950mila famiglie (dati 2023), il 10 per cento delle famiglie, in crescita rispetto al 2022. Vuol dire che i classici nuclei in povertà composti da genitori e un figlio, sono cresciuti dal 6,9 all’8,2 per cento. Per la Caritas, un dato drammatico, mai stato così alto. In totale, parliamo di quasi 6 milioni di persone. Tra queste, circa un milione e 400mila sono bambini, figli di serie B che non accedono, oltre che a cibo e cure, al vestiario pulito e all’igiene personale.

Il primo Osservatorio sulla povertà di igiene 

A fotografare per la prima volta una delle conseguenze meno raccontate della povertà è il primo Osservatorio sulla povertà di igiene in Italia, condotto da Dixan e Cesvi (organizzazione umanitaria indipendente) insieme a Ipsos. Ne emerge ill ritratto di un Paese in difficoltà, come poca fiducia verso il futuro. «Sette persone su 10 sono pessimiste, in particolare le donne, soprattuto se disoccupate. Talmente pessimiste che due su tre sovrastimano fortemente il numero di famiglie in povertà» spiega Flora Bova, direttrice della ricerca per Ipsos. «È un numero che non deve sorprenderci viste le attuali condizioni del mercato lavorativo in Italia, dove solo una donna su due lavora, guadagnando in media il 10% in meno rispetto a un uomo e confermando così che, senza la possibilità di accedere a mezzi concreti per cambiare la propria situazione attuale, difficilmente si riuscirà a cambiare quella futura».  

Una famiglia su tre in condizioni precarie

Questo pessimismo è rinforzato dal giudizio sulla propria situazione economica: «Un italiano su due è insoddisfatto della propria condizione ed è convinto che non possa che peggiorare. La causa principale è il costo della vita: una famiglia su tre galleggia in una situazione precaria, incapace di affrontare una spesa imprevista di mille euro» prosegue la ricercatrice. Questa risposta è coerente con un’evidenza sempre più importante: la povertà è diventata intergenerazionale, colpisce cioè tutte le fasce d’età – non solo gli anziani, ma anche i giovani – e provoca a cascata povertà educativa, lavorativa, economica e d’igiene.

Isolamento e bullismo causati dalla povertà d’igiene

La povertà di igiene è l’impossibilità di potersi permettere le spese relative all’igiene personale e dei propri indumenti che, secondo quanto rilevato da IPSOS, riguarda fino al 10% della popolazione. Una condizione comune a molti italiani ma di cui si sa poco, a partire dalle conseguenze. «La povertà d’igiene porta con sé il rischio di isolamento ed emarginazione, oltre che problemi di salute. E quando si tratta di bambini, anche bullismo e – di conseguenza – mancanza di autostima» spiega Roberto Vignola, vicedirettore generale Cesvi.

Una persona su 4 conosce per esperienza diretta la povertà d’igiene

Tutta teoria o anche esperienze personali? Il 41 per cento degli intervistati afferma di aver avuto esperienza diretta di povertà di igiene, di averne sentito parlare da amici o parenti, o di far parte di una comunità coinvolta nel sostegno alle persone che ne soffrono. 1 su 4 sostiene di conoscere almeno una persona che si trova in povertà d’igiene nel proprio vicinato, 1 su 5 una persona che frequenta la stessa classe dei propri figli. E la questione lambisce anche l’ambiente di laboro: il 14 per cento degli intervistati è convinto che uno dei propri colleghi non possa permettersi l’accesso ai servizi basici di igiene personale e pulizia dei propri indumenti. 

Chi deve occuparsi di povertà d’igiene: le Case del sorriso

Per gli intervistati, sono i governi e le organizzazioni no profit a doversi far carico della povertà d’igiene. Il 73% degli intervistati valuta molto positivamente le partnership tra ONG e grandi aziende: da qui, l’alleanza tra Dixan e Cesvi, promotore in Lombardia delle Case del sorriso, spazi di accoglienza in cui Dixan mette anche a disposizione, oltre a indumenti puliti, strumenti di sostegno all’educazione. 

Luoghi in cui trovare non solo persone pronte ad aiutare famiglie con bambini, ma anche materiale didattico e abiti puliti. «Il fenomeno della povertà di igiene rimane ancora sommerso: occorre portare alla ribalta un tema che è ancora considerato un tabu nel nostro Paese e di cui si prova disagio a parlare. L’Osservatorio appena creato ci dà modo di approfondire gli effetti che la povertà di igiene può portare in termini di isolamento sociale e disturbi psicologici dei bambini e ragazzi colpiti. Nelle nostre Case del Sorriso, lavoriamo con i minori che rischiano di rimanere ai margini, schiacciati da giudizi discriminatori, attraverso percorsi per promuoverne la fiducia e l’autostima».