Sono passati 38 anni dal disastro nucleare di Chernobyl, in Ucraina, ma la cosiddetta zona di esclusione continua a fornire spunti per molti studi e approfondimenti. L’ultimo riguarda gli animali che vivono nei territori radioattivi e la loro resistenza al cancro.
Il disastro di Chernobyl
Il disastro alla centrale nucleare di Chernobyl avvenne il 26 aprile 1986 alle 01:23, in seguito all’esplosione del reattore 4. È ritenuto il più grave incidente della storia dell’energia nucleare e l’unico, insieme a quello di Fukushima del 2011, a essere classificato al settimo livello, il massimo, della scala di catastroficità INES. L’incidente ha trasformato l’area intorno alla centrale nucleare il luogo più radioattivo della Terra. Migliaia di persone morirono poco dopo l’esplosione, molte a causa dei tumori provocati dalle radiazioni nucleari.
Gli animali resistono al cancro
Se gli esseri umani furono tutti evacuati dalla zone pericolose, così come centinaia di animali domestici, molte specie rimasero lì, subendo gli effetti degli alti livelli di radiazioni ionizzanti e, in alcuni casi, riuscendo a resistere a questi pericolosi agenti cancerogeni. Ciò è di particolare interesse per lo studio geni che ci espongono allo sviluppo dei tumori.
Lo studio sulle specie esposte
I ricercatori della New York University hanno studiato queste particolari specie di animali (lupi, cani geneticamente distinti da quelli che vivono nel resto del mondo, rane più scure e vermi), cercando di capire se e come la natura possa adattarsi all’esposizione cronica alle radiazioni. In poche parole, perché gli odierni animali di Chernobyl sono in grado di resistere al cancro. Comprenderlo vorrebbe dire raccogliere informazioni importanti sulla malattia.
I lupi di Chernobyl
Un caso particolare riguarda i lupi che vivono nella zona di esclusione. Questi animali, che sono sopravvissuti a livelli di radioattività fino a sei volte superiori a quelli considerati sicuri, hanno mostrato specifiche regioni del genoma che “sembrano essere resistenti all’aumento del rischio di cancro”. Lo ha spiegato Cara Love, biologa e ricercatrice post-dottorato dell’Università di Princeton, nel Regno Unito, alla guida di uno dei team che sta studiando come gli animali di Chernobyl abbiano fatto a sopravvivere nell’area.
La variazione genetica
Secondo i ricercatori, all’interno di quella popolazione di lupi potrebbe esserci “una variazione genetica” che consentirebbe ad alcuni individui di essere “più resistenti” oppure “più resilienti alle radiazioni”. Alcune di queste variazioni, in particolare, si troverebbero all’interno e intorno a geni che hanno un ruolo nella risposta immunitaria al cancro e nella risposta immunitaria antitumorale nei mammiferi. Ciò sembra trovare riscontro in alcune “alterazioni del sistema immunitario” trovate negli animali che, come indicato dagli studiosi, sono per certi versi “simili a quelle dei malati di cancro sottoposti a radioterapia”.
Vermi e rane di Chernobyl
Diverso il discorso per le rane e i vermi che vivono nelle zone radioattive. Le rane sono più scure, ma la colorazione non sembra essere collegata agli effetti delle radiazioni e dovuta all’aumento della melanina, pigmento che avrebbe reso meno probabili i danni dovuti all’alta contaminazione radioattiva, aumentando le probabilità di sopravvivenza di quella particolare specie. Nei vermi, invece, i ricercatori non hanno trovato evidenze di segni di danno al DNA causato dall’esposizioni. Questo vorrebbe dire che quei vermi siano comunque “animali resistenti e in grado di tollerare condizioni estreme”.