Nasce a Barcellona il primo museo al mondo dedicato all’arte che ha subito censure da parte dei regimi, sono state rimosse o duramente criticate per i loro contenuti dissacranti nei confronti della religione, del potere o del comune senso della morale. Il promotore, Tatxo Benet, affronta il tema della censura “attraverso una miriade di prospettive”, che comprendono ad esempio “la censura commerciale, quella religiosa, quella politica, o quella dell’autocensura”. Il museo si trova in pieno centro di Barcellona, a pochi passi dalla nota Piazza Catalunya (carrer de la Diputació, 250). Il prezzo dei biglietti è di 12 euro per il pubblico generale e di 9 euro per over 65 e studenti.

Artisti “scomodi” trovano casa a Barcellona

Esposte a Barcellona, presso il Museu de l’Art Prohibit, opere di artisti come Pablo Picasso, Ai Weiwei, Francisco de Goya, Gustav Klint e il fotografo americano Robert Mapplethorpe.

Barcellona, in mostra 200 opere censurate

La collezione comprende oltre 200 pezzi, tra cui pitture, sculture, incisioni, fotografie, installazioni e opere audiovisive, molte delle quali realizzate nella seconda metà del ‘900 o nel secolo attuale. Gli artisti provengono da Stati Uniti, Europa, Africa e Asia. Vari i temi trattati dalle opere, dalla religione alla politica, dal consumismo alla condizione femminile.

Pablo Picasso

Barcellona capitale della libertà di espressione

Promotore dell’iniziativa Tatxo Benet. Giornalista e imprenditore, ha iniziato la collezione cinque anni fa e finanzia personalmente il museo. “Questo è l’unico museo al mondo dedicato all’arte che è stata censurata”, ha detto. “Ci sono opere che forse non hanno un grande merito artistico ma la loro storia merita loro un posto nel museo – ha aggiunto Benet -. Questo è ciò che queste opere hanno in comune e dimostra che la censura è fallita, perché qui le puoi vedere. È un trionfo della libertà di espressione”.

Denuncia sulla condizione della donna

Sulla condizione della donna due opere sono di grande impatto. Dell’artista franco-algerina Zoulikha Bouabdellah è esposto “Silence Rouge et Blue” composto da 30 tappetini da preghiera, ciascuno decorato con un paio di scarpe da donna con tacco stiletto rivestite di paillettes. Per denunciare la violenza sulle donne, la kazaka Zoya Falkova ha realizzato “Evermust”, un sacco da boxe di pelle nera che ha la forma del busto di una donna: anche quest’opera, prontamente censurata in Kirghizistan, ha trovato il suo posto a Barcellona.

L’ironia degli artisti sui leader politici

Molte opere fanno satira sui politici, come il ritratto di Illma Gore di Donald Trump nudo con un pene minuscolo in “Make America Great Again”, il ritratto di Fabián Cháirez del rivoluzionario messicano Emiliano Zapata in sombrero rosa e tacchi alti o il ritratto esilarante del dittatore Francisco Franco vestito in uniforme militare all’interno di un distributore automatico, ad opera di Eugenio Merino.

Consumismo e cibo spazzatura

Alcuni lavori sono critiche alla società dei consumi, come il video loop di Yoshua Okón “Freedom Fries: Still Life”. Lo spettatore guarda dall’interno di un ristorante McDonald’s attraverso un tavolo su cui giace una persona obesa e nuda, mentre fuori qualcuno sta pulendo le finestre. L’opera è stata ritirata da una mostra alla galleria Tin Tabernacle di Londra nel 2014 perché il museo la riteneva non “adatta allo spazio”.

Ai Weiwei

La polemica fra Ai Weiwei e Lego

Nel caso di Ai Weiwei, la parte offesa era Lego. Ai ha utilizzato i mattoncini Lego per creare i ritratti di quattro famosi italiani che erano stati imprigionati o esiliati per il loro credo: Filippo Strozzi, Dante Alighieri, Girolamo Savonarola e Galileo Galilei. I ritratti sono stati esposti a Firenze nel 2016, insieme a palloncini che simboleggiano i migranti e i rifugiati del 21° secolo. Nel 2015, Ai ha criticato pubblicamente Lego per aver rifiutato un grosso ordine di mattoncini Lego sulla base del fatto che la loro politica sull’uso dei Lego nelle opere d’arte era che “i motivi non possono contenere alcuna dichiarazione politica”.