L’Istituto Clinico Humanitas di Rozzano (Milano) e l’Azienda Ospedaliero Universitaria delle Marche (Ancona) salgono sul podio di migliori ospedali d’Italia per il secondo anno di seguito. È quanto emerge dalla classifica del Programma Nazionale Esiti (Pne) dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas), sviluppato su mandato del ministero della Salute.
Migliori ospedali: aree cliniche e valutazione
Le due strutture ospedaliere, privata la prima e pubblica la seconda, hanno riportato una valutazione di qualità alta o molto alta per almeno sei aree cliniche su un totale di otto (cardiocircolatorio, respiratorio, chirurgia generale, chirurgia oncologia, osteomuscolare, nefrologia, sistema nervoso, gravidanza e parto).
Delle 331 strutture italiane valutate per almeno sei aree cliniche, evidenzia il Pne, solo l’Istituto Clinico Humanitas di Rozzano ha una valutazione di qualità alta o molto alta per tutte le aree cliniche considerate, ovvero 7 su 8, tra i privati. Tra le strutture pubbliche, invece, quella che ha riportato una valutazione migliore è l’Azienda Ospedaliero Universitaria delle Marche, con qualità alta o molto alta in sei aree.
Nella stragrande maggioranza delle strutture ospedaliere tuttavia, si rileva nel rapporto, convivono aree di qualità alta o molto alta con aree di qualità di livello basso o molto basso.
Ospedale Careggi il top per il cuore
La griglia di valutazione ha permesso di tracciare la mappa delle migliori strutture in Italia per area di intervento. L’area cardiovascolare, ad esempio, è valutata attraverso sei indicatori ed è applicata una soglia di volume per struttura per il bypass aorto-coronarico di almeno 360 interventi negli ultimi due anni. Laddove la soglia non venga raggiunta, l’indicatore è valutato come di qualità molto bassa indipendentemente dall’esito. Sul totale di 562 strutture che sono valutate in quest’area, sono solo 55 le strutture con tutti e sei gli indicatori calcolabili.
Di queste, l’Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi di Firenze è l’unica struttura che raggiunge un livello di qualità molto alto; 17 strutture raggiungono invece un livello di qualità alto.
Quattro strutture in cima alla classifica su oncologia
Nell’area della chirurgia oncologica il Pne ha analizzato tre indicatori ed è stato applicato un vincolo per struttura di almeno 135 interventi annui per il tumore maligno della mammella, di almeno 85 interventi per il tumore del polmone e di almeno 45 interventi per il tumore del colon.
Risultano 116 strutture con tutti e tre gli indicatori ma le quattro strutture con livello di qualità molto alto sono: Ospedale di Mestre, Azienda Ospedale Università di Padova, Stabilimento Umberto I – G. M. Lancisi (Ancona), Policlinico Universitario A. Gemelli (Roma). Sono invece 28 le strutture valutate con livello di qualità alta.
Area perinatale, i migliori ospedali in Emilia-Romagna
La Regione che presenta la proporzione più alta di strutture con livello di qualità molto alto per l’area gravidanza e parto è l’Emilia-Romagna (11 strutture su 17, pari al 65%). In 9 regioni nessuna struttura raggiunge un livello di qualità molto alto: Valle d’Aosta, Liguria, Lazio, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna.
Aumentano gli ospedali di alta qualità
Aumenta il numero degli ospedali italiani classificati ad alta qualità per la maggioranza delle prestazioni. La proporzione di strutture con livello di qualità alto o molto alto per almeno il 50% dell’attività svolta, rileva Agenas, è aumentata rispetto al 2021, passando dal 23% al 26% nel 2022.
Diseguaglianze nell’assistenza sanitaria
Rispetto alle varie aree di intervento, il Pne registra delle “diseguaglianze nell’assistenza sanitaria“. Con riferimento all’area cardiovascolare, ad esempio, si è registrata anche nel 2022 una proporzione minore di donne con infarto che accedono tempestivamente all’angioplastica coronarica: 43% rispetto al 54% degli uomini. Questo si traduce in un aumento della mortalità a 30 giorni.
Per la frattura di femore nei pazienti di età maggiore di 65 anni si registra invece uno svantaggio per gli uomini nella tempestività dell’intervento: 46% rispetto al 51% delle donne.
Per l’area della gravidanza, tra le donne straniere si evidenziano meno tagli cesarei ma un alto rischio di riospedalizzazione.
Quanto infine alle ospedalizzazioni evitabili, nella popolazione straniera emergono tassi superiori per infezioni del tratto urinario, complicanze del diabete e ipertensione arteriosa.