Spesso nelle aziende si parla di benessere psicofisico e di salute mentale dei lavoratori. Ma l’interesse potrebbe essere solo di facciata. A prevalere sembra, infatti, essere lo scetticismo dei dipendenti, che accusano i datori di lavoro di “mental health washing“, di promuovere cioè l’impegno nella salute mentale e nel benessere dei lavoratori solo in maniera superficiale o ingannevole senza però attuare veramente cambiamenti sostanziali. Quello delle società sarebbe solo un tentativo di migliorare la propria reputazione.

La sfiducia dei lavoratori

A mettere in luce la sfiducia dei lavoratori è un sondaggio realizzato nel Regno Unito e riportato da Business Leader: il 79% dei lavoratori intervistati, infatti, non crede al proprio datore di lavoro quando parla di salute mentale o promuove iniziative in tal senso. La ricerca condotta su oltre mille dipendenti ha, inoltre, evidenziato come un quinto delle aziende quotate al FTSE 100 (l’indice azionario delle 100 società più capitalizzate quotate al London Stock Exchange) ha pubblicato contenuti riguardanti la salute mentale sui propri canali social solo durante le giornate di sensibilizzazione sul tema.

L’importanza della salute mentale

Lo stato psicofisico di una persona sul posto di lavoro è, però, fondamentale sia per l’individuo stesso sia per l’azienda. A spiegarlo è Tommaso Barone, HSE Coach e Advisor. “Il benessere psicofisico dei lavoratori dev’essere prioritario per le aziende perché ha un impatto diretto sulla produttività e sulla sicurezza sul lavoro – ha sottolineato -. L’equilibrio tra benessere fisico, mentale e sociale dei dipendenti è essenziale per prevenire incidenti e infortuni. Allo stesso modo, il benessere psicologico promuove un ambiente di lavoro positivo e una migliore gestione delle emozioni”.

Aspettative tradite

Se fino a qualche anno fa il tema della salute mentale sembrava non essere prioritario, oggi invece lo è sempre di più. Secondo la ricerca Employee Wellbeing Survey 2023, pubblicata da Yahoo Finance, i lavoratori sono, infatti, i primi a pretendere un posto di lavoro che sia attento al proprio benessere psicofisico.

La ricerca ha visto la partecipazione di oltre 2mila dipendenti, provenienti da varie parti del mondo, che lavorano sia a tempo pieno in ufficio sia in modalità ibrida. Ben 9 lavoratori su 10 ritengono che le strutture e le offerte per il benessere siano cruciali nella scelta di un luogo di lavoro e l’82% si aspetta il supporto da parte dei datori di lavoro per raggiungere un equilibrio tra lavoro e vita privata. Aspettative che spesso non corrispondono alla realtà visto che due lavoratori su tre hanno raccontato di aver vissuto situazioni negative per il proprio benessere sul posto di lavoro.

Frustrazione ed esaurimento sul posto di lavoro

Le emozioni legate a questo disagio sono frustrazione (42%), esaurimento (39%), demotivazione (38%), sentirsi sovraccarico (33%). A causare l’insoddisfazione sono invece l’eccessivo carico di lavoro (39%), la mancanza di riposo (29%), la mancanza di bilanciamento tra vita lavorativa e privata (24%), l’assenza di gratificazioni (24%) e un management non adeguato (24%).

Le 10 azioni utili alle aziende per la salute mentale

Barone ha, quindi, stilato un decalogo per le aziende, elencando le azioni che possono intraprendere. Innanzitutto 1) garantire un orario di lavoro flessibile, 2) offrire pasti sani e gratuiti e 3) proporre attività di svago come palestra, piscina o yoga; sarebbe poi opportuno 4) offrire giorni di ferie extra quando possibile, 5) adottare strategie di coaching psicologico aziendale, 6) garantire un’adeguata formazione professionale e 7) offrire un ambiente di lavoro sicuro. Infine, 8) le aziende dovrebbe proporre piani di sviluppo personale per accrescere le competenze, 9) offrire compensi e benefits adeguati e 10) favorire le relazioni sociali sul posto di lavoro.