C’è un vero e proprio circuito cerebrale dietro all’allattamento. Gli scienziati che l’hanno scoperto lo chiamano “il condotto dal pianto al latte”. Il suono del pianto di un neonato infatti stimola il rilascio del latte nelle madri. Innesca la produzione dell’ossitocina, l’ormone che gioca un ruolo di primo piano al momento del parto così come nella produzione di latte e nel comportamento materno in generale. Gli effetti dell’ossitocina sono noti da tempo, ma il circuito cerebrale che li rende possibili non era conosciuto.
Lo studio pubblicato su Nature
La ricerca, pubblicata sulla rivista Nature e coordinata da Robert Froemke, della Grossman School of Medicine di New York, indaga proprio su questo tema. Gli esperimenti condotti sui topi hanno fornito nuove informazioni sui sofisticati cambiamenti che si verificano nel cervello durante la gravidanza e la genitorialità.
Gli esperimenti sui topi
Si è scoperto che 30 secondi di pianto continuo da parte dei cuccioli di topo innescano il rilascio di ossitocina. Non appena il pianto inizia, i suoni viaggiano all’interno dell’area chiamata talamo. In questa sorta di centro di smistamento, i segnali sensoriali vengono inviati in un’altra area del cervello chiamata ipotalamo, dove raggiungono i neuroni specializzati nella produzione di ossitocina. Avere raggiunto questa zona non basta perché, per evitare falsi allarmi, è necessario che il segnale sia prolungato nel tempo. I neuroni sono infatti bloccati da proteine che si comportano come lucchetti e che vengono disattivate solo se i segnali generati dal pianto dei piccoli durano per almeno 30 secondi. Una volta attivato il circuito, la produzione dell’ossitocina prosegue per circa cinque minuti, in modo che le madri continuino ad allattare i cuccioli finché sono sazi. Ad attivare il circuito, inoltre, è solo il pianto del neonato che la madre riconosce come suo. Suoni simili riprodotti al computer non hanno avuto alcun effetto.
Il meccanismo dell’allattamento
“È sconcertante. Possiamo mandare un robot su Marte e non comprendere le basi di come nutriamo e allattiamo i nostri figli”, commenta Froemke. Secondo il co-autore dello studio Habon Issa, “i nostri risultati indicano come un neonato che piange attivi il cervello della madre a preparare il suo corpo per l’allattamento. Senza questa preparazione – aggiunge – può verificarsi un ritardo di diversi minuti tra la suzione e il flusso del latte, il che potrebbe portare a un piccolo frustrato e a un genitore stressato”.