La Silver Economy era nell’aria. Ogni tanto, in passerella e nelle campagne pubblicitarie, faceva la sua apparizione una modella matura o una celeb âgée. Poi sono arrivati gli autorevoli report di PwC e il BoF-McKinsey State of Fashion 2025 a bollare l’anno in corso come tumultuoso e incerto, così la moda ha iniziato a corteggiare le over 60, o Generazione Silver. Gli over 60, da boomer bistrattati si sono rivelati indispensabili per aumentare i volumi di vendita delle maison in affanno. La sfilata simbolo di questa rivalsa è quella di Valentino Haute Couture sotto la guida creativa di Alessandro Michele. È stato lui a volere una buona percentuale di modelle con rughe e capelli grigi, vere, eleganti, sicure di sé, come Marie Sophie Wilson, top leggendaria tornata in passerella a 63 anni.
La Silver Economy parte dalla moda

La campagna Gucci Cruise celebra la Blondie Bag affidandola alle mani nodose di Debbie Harry, storica frontwoman delle Blondie: 79 anni ma il suo carisma non lo sa e ispira tutti, indistintamente. Golden Goose ha scelto Jane Fonda per presentare le sneakers Super-Star: la diva 87enne emana un’energia e uno charme che fanno invidia a chiunque. Da dove arriva questa voglia fashion di omaggiare la bellezza senza tempo? Vorremmo fingerci un po’ ingenue e credere davvero che l’amore per la Silver Gen rappresenti una calorosa spinta verso l’inclusione, una moda inter-generazionale e una revisione profonda del concetto di bellezza.
Ci piacerebbe che l’interesse per la Silver Economy fosse una sincera necessità della moda di creare legami, tessere dialoghi per confrontarsi, conoscersi, condividere saperi ed esperienze. Ma qualche dubbio viene. Così abbiamo chiesto alla Katuscia Giordano, psicologa della comunicazione, esperta di marketing e gestione delle crisi, di analizzare il fenomeno Silver Economy.

Dalla Gen Z alla Silver Generation
I brand di moda stanno spostando l’attenzione dalla Gen Z alla cosiddetta Silver Generation. Come spiega questo cambiamento?
«È un’evoluzione determinata da fattori sociali, economici e psicologici. Il sistema moda, focalizzato sulla giovinezza, sta riconoscendo che il vero potere d’acquisto si trova altrove. Per anni i brand hanno corteggiato la Gen Z per la sua influenza sui trend e la familiarità con i social media. Tuttavia questa generazione si sente libera di scegliere, esplorare e cambiare senza legarsi a un unico brand, mostrando un comportamento di consumo impulsivo e un potere di spesa limitato. La Silver Generation ha redditi stabili, una cultura dell’acquisto razionale e una maggiore propensione a investire in capi di qualità. Non si lascia guidare dalle tendenze, ma sceglie prodotti che la rappresentino, che abbiano un valore autentico e che offrano un’esperienza di acquisto gratificante. Predilige brand che raccontano una storia, trasmettono solidità e propongono beni destinati a durare nel tempo. Insomma, un target ideale anche per il settore del lusso, dove il prestigio si unisce a personalizzazione ed esclusività. Ed ecco la Silver Economy».
L’importanza di riconoscersi e vedersi rappresentati

Perché la moda ha ignorato per anni gli over 50?
«Il motivo principale è culturale. La moda ha costruito il proprio immaginario attorno alla giovinezza, associandola a bellezza, innovazione, desiderabilità. Gli over 50, invece, sono stati a lungo considerati spettatori del mercato, non protagonisti. Ma è un modello ormai superato. L’aspettativa di vita si è allungata, è migliorata anche la qualità e l’invecchiamento è un concetto più fluido. I nati negli anni ’60 e ’70 non sono più quelli della generazione che li ha preceduti: sono attivi, digitalizzati, interessati alla cura di sé e desiderosi di riconoscersi nei messaggi pubblicitari. Il cambiamento non è solo anagrafico, ma di mentalità. Ignorare questa fascia di pubblico sarebbe un errore, i brand non possono permettersi di escludere un segmento così solido e in crescita».
La Silver Economy è un’evoluzione del mercato

La Silver Economy, quindi, è una strategia temporanea o una tendenza stabile?
«L’attenzione verso la Silver Generation non è solo una strategia per compensare il calo dei consumi giovanili, ma un’evoluzione del mercato, una lettura delle nuove dinamiche di consumo. L’economia dell’invecchiamento è un trend globale: Europa e Giappone vivono un boom della spesa legata agli over 50, gli Stati Uniti registrano un aumento della Longevity Economy, un mercato che comprende beni e servizi pensati per una popolazione matura ma dinamica. La moda risponde di conseguenza, le passerelle cambiano volto. Non è solo un segnale estetico, ma un messaggio commerciale potente. I brand stanno dicendo: “Ti vediamo, ti riconosciamo, sei parte della nostra identità”. La fedeltà di questa fascia di consumatori è un asset fondamentale: non acquista per impulso, ma per valore percepito. Se un brand riesce a conquistarla, può contare su una relazione duratura».
La Siver Economy e i cambiamenti della società

Cosa significa questo per la Silver Gen?
«È più di una tendenza: è una questione di rappresentazione sociale. Per tanto tempo la moda ha imposto un modello estetico limitato, creando un divario tra ciò che i consumatori desideravano e ciò che veniva loro proposto. Vedersi rappresentati nelle campagne pubblicitarie e sulle passerelle significa sentirsi riconosciuti, inclusi, valorizzati. Non è un caso che oggi icone degli anni ’90 come Claudia Schiffer, Eva Herzigova e Pamela Anderson siano assoldate dai brand: il consumatore è cresciuto con loro e vederle continuare a rappresentare l’eleganza crea un forte senso di familiarità e appartenenza. La sfida è costruire un dialogo genuino e duraturo che non si esaurisca con qualche campagna di marketing, ma si traduca in un cambiamento strutturale, in sintonia con valori ed evoluzioni della società contemporanea. La Silver Economy è qui per restare, con il suo potere d’acquisto e la capacità di influenzare il mercato. I brand che sapranno comprenderla, rispettarla e parlare il suo linguaggio saranno quelli che domineranno il panorama della moda».