La sindaca leghista di Monfalcone, Anna Maria Cisint, lancia una crociata contro le bagnanti musulmane che fanno il bagno vestite. E annuncia “provvedimenti” contro il burkini, il costume integrale da bagno femminile che copre interamente il corpo, esclusi la faccia, le mani e i piedi. La presa di posizione del primo cittadino, al secondo mandato nella città friulana, ha sollevato un vespaio di polemiche. L’Ucoii (Unione delle comunità islamiche d’Italia) promette una battaglia legale.
La lettera di Anna Maria Cisint
Nella sua lettera, Anna Maria Cisint si riferisce in particolare alla spiaggia di Marina Julia, “diventata in questi anni una degli arenili più apprezzati della regione per il turismo delle famiglie e degli appassionati degli sport del mare”. La sindaca, nella missiva, definisce tuttavia “inaccettabile” il “comportamento degli stranieri musulmani che entrano abitualmente in acqua con i loro vestiti. Una pratica che crea insopportabili conseguenze dal punto di vista della salvaguardia del decoro del luogo e che sta determinando sconcerto nei tanti frequentatori”.
“No all’islamizzazione del nostro territorio”
“Chi viene da realtà diverse dalla nostra – sottolinea la Cisint – ha l’obbligo di rispettare le regole e i costumi che vigono nel contesto locale e italiano. Non possono essere accettate forme di ‘islamizzazione’ del nostro territorio, che estendono pratiche di dubbia valenza dal punto di vista del decoro e dell’igiene generando il capovolgimento di ogni regola di convivenza sociale”.
Annunciati provvedimenti per i trasgressori
Il senso della comunicazione del primo cittadino di Monfalcone – riconfermato l’anno scorso con oltre il 70% delle preferenze raggiunte al primo turno – è chiara: per fare il bagno va bene soltanto il costume, non si entra in acqua vestiti, pena provvedimenti che saranno presi dall’Amministrazione “a tutela dell’interesse generale della città e dei nostri concittadini”.
La questione immigrati a Monfalcone
Sullo sfondo una Monfalcone caratterizzata da una forte presenza di stranieri, per lo più bengalesi, trainata dai cantieri navali. L’obiettivo della lettera, precisa la Cisint, è scongiurare fratture tra “la grande maggioranza dei monfalconesi e la componente islamica”: no a una “città nella città”, né a
“discriminazioni all’incontrario”. “L’Amministrazione sarà rigorosa nel far rispettare le disposizioni comunali e nel pretendere dalle grandi realtà produttive, a cominciare da Fincantieri, un diverso governo dei flussi”, conclude.
La protesta dell’Ucoii
L’Ucoii (Unione delle comunità islamiche d’Italia) promette una battaglia legale. “Rivolgo una domanda alla prima cittadina – polemizza il presidente Yassine Lafram – : ma se un gruppo di finlandesi, bionde e con gli occhi azzurri, arrivasse con una tuta da sub e facesse il bagno sulla spiaggia di Monfalcone, questo rappresenterebbe un problema per il decoro?”.
Il consigliere comunale del Pd
Il consigliere del comune di Monfalcone del Pd Sani Bhuiyan, come riporta il sito Rai del Tgr Friuli Venezia Giulia, ha dichiarato: “Ogni persona ha diritto di come vestirsi come vuole e di fare bagno, e la sindaca non può deciderlo. E’ anticostituzionale”. Un atteggiamento del genere, aggiunge, non aiuta l’integrazione. E sull’aumento dell’integralismo, le responsabilità sono tante: “Lo sapevano, gli immigrati sono arrivati con i ricongiungimenti e non c’è una politica seria di integrazione“.
La linea delle altre città balneari
Sono diverse le città balneari che sembrano non sposare la linea del sindaco di Monfalcone. Claudio Kovatsch, primo cittadino di centrodestra di Grado invita a rispettare le altre culture. Enzo Ferrandino (Ischia) ricorda che anche sua nonna faceva il bagno vestita. “Ognuno credo debba essere libero di vivere il mare come meglio si sente di fare”, è il punto di vista del sindaco di centrosinistra di Rimini, Jamil Sadegholvaad. Mentre Laura Giorgi (Lignano), centrodestra, non commenta la decisione della collega e si limita a precisare di non aver mai ricevuto segnalazioni in tal merito dalle spiagge locali.