Segnali positivi sul fronte degli stili alimentari degli italiani. Al supermercato i nostri connazionali si orientano sempre più verso alimenti sostenibili e biologici, mentre si nota un calo del cosiddetto “cibo spazzatura” e dei prodotti confezionati. Lo rileva il rapporto “La (R)evoluzione sostenibile della filiera agroalimentare” presentato durante i lavori del 7° forum “La Roadmap del futuro per il Food&Beverage: quali evoluzioni e quali sfide per i prossimi anni” organizzato a Bormio da The European House-Ambrosetti. Dalla ricerca emerge come i consumatori italiani siano sempre più consapevoli dell’impatto che i propri comportamenti alimentari hanno non soltanto sulla salute, ma anche sull’ambiente e l’intera società.
La crescita di alimenti sostenibili e bio
Il rapporto – che ha coinvolto 1.000 consumatori e 500 imprese – mette in evidenza come gli italiani, nel periodo post pandemia, abbiano modificato in positivo le scelte dei loro consumi alimentari. I consumatori si orientano per un 10,5% in più su alimenti sostenibili certificati. Registrano inoltre un +7,5% gli alimenti biologici e a km zero. Risultano invece meno appealing i cibi pronti e confezionati (-5,2%) e il “junk food” (-4,4%).
“C’è ancora da lavorare su aspetti culturali”
“Le abitudini d’acquisto stanno cambiando con una graduale maggiore attenzione ai temi della salute – ha spiegato Benedetta Brioschi, Associate Partner e Responsabile Food&Retail, The European House – Ambrosetti, commentando i risultati del rapporto – ma nel Paese bisogna ancora lavorare sugli aspetti culturali. Solo il 17,3% dei cittadini sa che la dieta mediterranea prescrive il consumo di almeno 5 porzioni giornaliere di frutta e verdura, e solo il 5% mette in pratica questi dettami anche se siamo i primi esportatori di alcuni prodotti che sono alla base di questo tipo di alimentazione”.
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La sfida sul concetto di sostenibilità
Il rapporto ha indagato, fra le altre cose, sulla percezione che i consumatori hanno del concetto di sostenibilità. Per il 73% dei consumatori è importante acquistare prodotti sostenibili, associando a questo termine il processo di produzione: subito dopo conta la sostenibilità del packaging (40,3%). L’80% del campione è disposto a spendere qualcosa in più per acquistare prodotti sostenibili. Ma non molti sono pronti ad investire granché se si pensa che oltre un terzo del campione pagherebbe meno del 5% in più. Mentre poco meno del 5% sarebbe disposto a spendere oltre il 30% in più per acquistare prodotti sostenibili.
Sostenibilità: cosa pensano le aziende?
Anche per le imprese un prodotto diventa sostenibile soprattutto nella sua fase di produzione (risposta data dal 38,9% delle 500 aziende del settore Food&Beverage coinvolte), ma per molte (32,3%) è, invece, l’alta qualità delle materie prime il fattore principale di sostenibilità. Nei piani dei prossimi 3-5 anni le aziende non paiono orientate a fare grandi passi in avanti sulla sostenibilità della produzione (12,7% del totale) così come sulla riduzione degli sprechi (13,7%).
Sprechi e prodotti sani: come incide il reddito
“L’adozione di comportamenti più sostenibili nel carrello della spesa – ha aggiunto Benedetta Brioschi – può anche essere un efficace contrasto all’attuale rincaro dei prezzi agroalimentari. I consumatori italiani si comportano in base alle rispettive disponibilità economiche”. “Le famiglie meno abbienti si sono orientate verso la riduzione degli sprechi alimentari nel 17,4% dei casi; le famiglie più abbienti, invece, acquistano maggiormente prodotti che possano salvaguardare il proprio benessere, per il 33,3% dei casi”