L’attacco del 7 ottobre ha sconvolto i delicati rapporti tra Israele e Hamas e rischia di infiammare tutto il Medio Oriente. Da anni il gruppo militare di Hamas si considera in guerra con Israele: l’obiettivo primario dell’attacco era l’uccisione del popolo occupante, ma il risultato è stata una carneficina di civili innocenti di entrambi gli schieramenti.

La catastrofe umanitaria a Gaza

Se Israele piange i suoi morti, e chiede che i corpi siano restituiti, e gli ostaggi liberati, la reazione contro Gaza sta creando una catastrofe umanitaria. Il territorio di Gaza, la città bersaglio degli attacchi, è di appena 43km quadrati. Un territorio piccolissimo, in cui vivono quasi 600mila persone; in tutta la Striscia, si arriva ad oltre 1 milione: il 50 per cento sono bambini, le giovani madri in procinto di partorire (solo in questa settimana) sono quasi 50.000.

«La protezione non esiste»: la denuncia

«Non si sta facendo niente per tutelare i più fragili, non si sta facendo niente per tutelare nessuno» è la triste conclusione della telefonata che ci ha messo a contatto con Francesca Albanese, la relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati dal 2022. La sintesi è la stessa anche da parte del portavoce (attualmente a Gaza) di Medici Senza Frontiere: «L’attuale sistema di allerta non consente un tempo sufficiente per mettersi al sicuro e aumenta il rischio di colpire in maniera indiscriminata i civili».

A causa delle condizioni in cui si trovano gli ospedali, prendersi cura dei feriti e dei più fragili è difficile, ma ad aggravare la situazione ci sono le istituzioni internazionali che non hanno saputo inquadrare la questione palestinese nell’ambito del diritto internazionale umanitario. Continua Francesca Albanese: «L’attacco di Hamas si inquadra in un contesto in cui i palestinesi vengono privati di qualsiasi diritto, anche dello status di persone protette ai sensi del diritto internazionale».

La vita a Gaza

Per comprendere meglio la situazione delle fette più fragili della popolazione, è necessario capire come vive la popolazione di Gaza. «La Striscia di Gaza è stata profondamente colpita da ricorrenti ondate di violenza e da un blocco di 15 anni» ci ha detto il portavoce dell’ONG. «Questo ha avuto un impatto pesante sul sistema sanitario che manca di attrezzature e forniture essenziali».

L’ultimo attacco quindi si inserisce in un contesto già critico. «Attualmente è ancora più difficile riuscire a importare oggetti e attrezzature essenziali per condurre alcuni interventi chirurgici. Inoltre, ci sono stati tagli nella fornitura di acqua, elettricità e carburante». Il carburante è quasi completamente esaurito e il personale ospedaliero fatica ad utilizzare i generatori: gli ospedali sono sovraffollati e il personale sanitario lavora senza pause mentre i bombardamenti continuano.

Essere bambini a Gaza

La maggior parte dei pazienti nella clinica a Gaza sono bambini tra i 10 e i 14 anni: i dati più recenti contano oltre 500 bambini tra le vittime degli attacchi, e quando non muoiono, riportano ferite e ustioni gravissime, come «un ragazzo di 13 anni il cui corpo era quasi completamente ustionato dopo che una bomba è caduta vicino alla sua abitazione e ha innescato un incendio» racconta sempre il portavoce dell’ONG.

«La ferocia è senza precedenti: sono state distrutte migliaia di case, ospedali, scuole» continua Albanese. «La situazione in quest’area è tragica da oltre vent’anni, ma qui si tratta di una punizione senza precedenti che lascia la popolazione inerme».

Gli ultimi attacchi pesano su generazioni che non hanno mai avuto un futuro. Come ci spiega Francesco Del Vecchio, giornalista esperto di affari esteri e geopolitica, si tratta di una gioventù compromessa: «Vissuti tra le bombe, anche i ragazzi che arrivano a completare i loro studi crescono traumatizzati e sono costretti a scegliere lavori che nulla hanno a che fare con i loro percorsi. La disoccupazione giovanile supera il 70 per cento». Un bacino di raccolta importante per i terroristi di Hamas. «Se è traumatica una guerra per un bambino, immaginiamoci 6. Che cosa ci si aspetta da questa popolazione? Che cresca sana?» chiede Francesca Albanese.

Essere donne a Gaza

Anche le donne sono tra le vittime più colpite dalle azioni militari a Gaza: come hanno confermato i portavoce di Medici Senza Frontiere, si tratta (insieme ai bambini) della popolazione che più facilmente si trova nelle case distrutte durante i bombardamenti. «Ci sono 50mila donne palestinesi in questo momento in attesa di partorire, questa settimana o nei prossimi giorni, con ospedali saturi che tengono le persone per terra e sono senza medicine» continua Albanese.

Ad aggravare la situazione, l’ultimo ordine di Israele che intima alla popolazione di lasciare tutto il territorio a nord di Gaza, per poi limitare le vie d’uscita.

Tutta la popolazione è fragile

«In questo momento nessuno a Gaza è completamente al sicuro» ha dichiarato sempre il portavoce di Medici Senza Frontiere. In un contesto come quello palestinese, dove il numero di bambini è altissimo, non si può pensare che ci sia una scala di fragilità: il padre è una figura portante, con la madre rimasta sola e spesso senza casa, come possono vivere i bambini? Che qualità di vita li aspetta? «Senza i genitori, anche se i bambini sopravvivono comunque la loro vita è distrutta» conclude la dottoressa Albanese.

Persino chi vive all’estero non è al sicuro, come sottolinea Del Vecchio. «Molti Israeliani stanno tornando perché richiamati alle armi. Parliamo di persone che nella vita fanno i lavori più diversi e si trovano a dover tornare per combattere una guerra. La vita cambia completamente, è stravolta». Riesci a immaginarlo?