I sei ragazzi di Palermo accusati di aver violentato, il 7 luglio scorso, una 19enne, in un cantiere abbandonato del Foro Italico a Palermo, hanno rinunciato al rito abbreviato. La loro sorte si giocherà, quindi, tutta in un dibattimento, in cui sarà possibile ascoltare di nuovo anche la presunta vittima.
Stupro di Palermo: le richieste (non accolte) degli imputati
I giovani, Angelo Flores, Cristian Barone, Gabriele Di Trapani, Christian Maronia, Samuele La Grassa, ed Elio Arnao, che rispondono di stupro di gruppo, hanno rinunciato all’abbreviato dopo il no del gup ad alcune richieste a cui avevano condizionato la scelta del rito alternativo.
Avevano scelto inizialmente l’abbreviato, che consente di ottenere uno sconto di un terzo della pena in caso di condanna, subordinato a tre precise condizioni. Il gup ne ha accolta solo una e da qui la decisione della difesa di rinunciare al rito alternativo e di affrontare un processo più lungo e complesso in tribunale.
Tre le istanze che i legali degli indagati, tutti in carcere dall’estate scorsa, avevano presentato: l’esame in aula della vittima; la perizia sul suo cellulare e la convocazione di un amico della ragazza che con lei aveva avuto uno scambio di telefonate e messaggi la notte degli abusi. La giovane, che ora vive in una comunità protetta e che è stata sentita dal giudice nel corso di un incidente probatorio alcuni mesi fa, non deve tornare sul banco dei testi, ha detto il gup, che ha anche escluso di sentire l’amico.
Lo scambio di messaggi con un amico
Il ragazzo avrebbe dovuto deporre su una chiamata fatta alla giovane violentata all’una e 4 minuti della notte degli abusi, orario in cui la vittima stava per raggiungere il cantiere in compagnia degli indagati, e il cui contenuto è ignoto. Al teste i legali avrebbero voluto fare domande anche su un messaggio ricevuto dalla ragazza alle 2 in cui si legge “non si può più”, frase che secondo le difese indica la disdetta di un precedente appuntamento.
La notte dello stupro, quando il gruppo dei ragazzi era giunto nel cantiere abbandonato al Foro Italico, la vittima ha ricevuto una telefonata all’1:04, tre minuti dopo avere oltrepassato la barriera di lamiere. La chiamata è durata 29 secondi. Con la testimonianza dell’interlocutore la difesa avrebbe voluto conoscere il contenuto della conversazione. La diciannovenne ha chiesto aiuto e non lo ha fatto, era tranquilla o scossa? La chiamata, però, potrebbe essere avvenuta prima che si consumasse la violenza anche se nel corso dell’incidente probatorio la vittima aveva detto di non avere usato il cellulare nell’immediatezza dei fatti. La difesa punterebbe a dimostrare che la vittima sia andata volontariamente nel cantiere abbandonato e non costretta a seguire il branco incontrato alla Vucciria.
Stupro di Palermo: la linea della difesa
“Se la vittima era stata fatta ubriacare, come ritiene l’accusa e costretta a seguire il gruppo, perché avrebbe scritto un messaggio di quel tenore invece di chiedere aiuto?”, si domandano gli avvocati che proprio su questo avrebbero voluto ascoltare il testimone. Ma il gup, che ha ammesso solo la perizia sul telefono, ha detto no. Circostanza che ha portato alla rinuncia all’abbreviato e alla scelta di una difesa in dibattimento che passerà anche attraverso la citazione a testimoniare della vittima e dell’amico.
La linea dell’accusa: “Vittima drogata e ubriaca”
La legale della ragazza, l’avvocato Carla Garofalo, ha spiegato che “c’è una telefonata in entrata attorno all’una di una persona, fino ad oggi non entrata nel processo, che sarebbe durata alcuni secondi e un messaggio della mia assistita attorno alle due. Sarebbero queste le prove che incrinerebbero la credibilità della giovane che assisto. A parte il fatto che era intontita, drogata e ubriaca e potrebbe non ricordarsi alcunché, durante la violenza il cellulare le è caduto più volte e sarebbe stato Angelo Flores a tenerlo e rispondere”.
Il rischio di vittimizzazione secondaria
L’avvocata della 19enne che sarebbe stata violentata a Palermo ha accusato la difesa dei sei giovani di voler screditare la vittima. “Comunque la strategia della difesa è chiara – ha detto -, screditare la vittima come abbiamo visto in tantissimi processi. Si sta cercando di mettere in pratica la vittimizzazione secondaria in modo da fare cedere i nervi, fare entrare in contraddizioni la mia assistita”. Questioni che verranno affrontate ora in dibattimento a partire dal 15 maggio. E davanti al tribunale ci saranno anche le parti civili che sono il Comune di Palermo, Millecolori onlus, l’associazione nazionale Donne in rete contro la violenza, Le Onde, Biblioteca delle Donne centro di consulenza, l’associazione Insieme a Marianna Aps, l’associazione contro tutte le violenze e La Casa di Venere.
Un minore condannato per lo stupro di Palermo
Il settimo ragazzo coinvolto nello stupro di Palermo, che all’epoca dei fatti non aveva ancora compiuto 18 anni, è già stato condannato in abbreviato dal gip del tribunale dei minori a 8 anni e 8 mesi, pena più grave rispetto alle richieste del pm. Il magistrato, poco dopo l’arresto, l’aveva scarcerato e affidato a una comunità vedendo in lui una sorta di pentimento. Ma qualche giorno dopo aver lasciato la cella il ragazzo ha preso a pubblicare sui social post in cui si vantava degli abusi commessi. Un comportamento che ha spinto il giudice a disporre nuovamente per l’indagato la custodia cautelare in carcere.