Il “no” di una donna di fronte agli approcci sessuali di un uomo vale sempre, anche se lei non si oppone, non lotta per difendersi, non scappa. Lo hanno sentenziato i giudici della Corte di Cassazione annullando l’assoluzione di un uomo accusato di stupro.
Lo stupro dopo un passaggio fino a casa
I fatti risalgono al 2016. A Palermo, la sera dell’11 agosto di quell’anno, una ragazza litiga con il suo fidanzato. Avendo perso di vista le amiche, accetta un passaggio da un uomo conosciuto in discoteca. Ma lui ne approfitta per violentarla.
“Ero inerte, paralizzata”
Prima l’aggredisce nel furgone con il quale la sta portando a destinazione, poi a casa sua. La giovane non reagisce. In seguito, dirà di essere rimasta “inerte, paralizzata”. Nei giorni successivi, però, racconta tutto ai suoi genitori e alle amiche. Poi, anche a una psicologa. Alla fine, denuncia l’accaduto. Alle forze dell’ordine racconta di essere rimasta sola con il suo accompagnatore per pochi minuti dentro il furgone. “Non sono riuscita a trovare la forza per fuggire”, spiega.
Stupro, l’aggressore viene assolto
Si arriva al processo e la Corte di Appello di Palermo assolve l’uomo evidenziando l’assenza di una reazione fisica da parte della vittima e l’assenza di segni fisici esteriori lasciati dalla violenza.
Nei giorni scorsi, però, la Corte di Cassazione ha ribaltato la sentenza. Nelle motivazioni dei giudici romani si legge che il detto latino “vis grata puellae”, cioè “l’aggressività è gradita alla fanciulla”, è “una massima anacronistica” che non può essere usata per giustificare uno stupro.
La decisione della Corte di Cassazione
In particolare, secondo la Corte di Cassazione la vittima si trovava in “uno stato di prostrazione psichica tale da inibire qualunque forma di reazione concreta e attiva” e non si può partire dall’assunto “in base al quale la donna ha un onere di resistenza, forte e costante, agli approcci sessuali dell’uomo, non essendo sufficiente manifestare un mero dissenso”.
In sintesi: un “no” vale sempre, anche se la vittima non urla e non si oppone con tutte le sue forze. Da qui la decisione di annullare l’assoluzione.