Secondo i medici non aveva i “requisiti” per poter usufruire del cosiddetto aiuto medico alla morte volontaria. È così che la regista e attrice Sibilla Barbieri, 58 anni, malata oncologica terminale, ha deciso di intraprendere il suo ultimo viaggio in una clinica Svizzera dove ha potuto vedere rispettate le sue volontà.

In un video le ultime parole di Sibilla Barbieri

“La mia Asl mi ha mandato una commissione per valutare il mio caso e ha deciso che non rientro nei casi possibili perché – e cito – ‘non sono attaccata a macchinari di sostegno vitale‘”. Sibilla Barbieri ha affidato a un videomessaggio le sue ultime dichiarazioni.

“Conoscendo la sentenza dj Fabo ho provato a chiedere aiuto, ossia il suicidio assistito, a casa mia, in Italia”, dice nel messaggio diffuso dall’Associazione Coscioni. “Sono malata oncologica da dieci anni, ho fatto tutte le cure, anche le linee di trattamento anche all’estero. Non ha più funzionato e io sono una malata terminale, non ho più tempo. Questa – sottolinea – è una discriminazione gravissima tra malati oncologici e chi è in altre condizioni”.

“Grave discriminazione, lo Stato deve rimediare”

“Ho deciso liberamente e consapevolmente di ottenere aiuto dalla Svizzera – continua l’attrice -. Possiedo i 10mila euro necessari e posso ancora andarci fisicamente anche se sono al limite. Ma tutte le altre persone condannate a morire da una malattia e che non possono perché non hanno mezzi e sono sole, o che non hanno le informazioni? Questa è una grave discriminazione a cui lo Stato dovrebbe porre rimedi“.

Nei quasi tre minuti del video pubblicato online, Sibilla Barbieri si interrompe più volte, stenta a trattenere l’emozione, soprattutto quando parla di chi, come lei, vorrebbe poter decidere come e quando andar via. “Ringrazio l’associazione Luca Coscioni e i disobbedienti – le sue ultime parole – e ringrazio voi che mi avete ascoltato al posto dello Stato“.

Il no dell’Asl alla morte volontaria assistita

Dopo le verifiche effettuate a metà settembre a seguito di una diffida, l’azienda sanitaria aveva comunicato a Sibilla Barbieri, assistita dai legali dell’Associazione Luca Coscioni, il diniego motivato dal fatto che non possedeva tutti e quattro i requisiti previsti dalla sentenza Cappato\Antoniani della Corte costituzionale per poter accedere legalmente alla morte volontaria assistita: che la persona sia capace di autodeterminarsi, che sia affetta da patologia irreversibile, che tale malattia sia fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che la persona reputi intollerabili e che sia dipendente da trattamenti di sostegno vitale.

In particolare l’equipe medica ha ritenuto che alla donna mancasse quest’ultimo requisito, nonostante Sibilla Barbieri fosse dipendente da ossigenoterapia e da farmaci per il dolore che, se interrotti, avrebbero portato velocemente a una morte dolorosa.

All’opposizione del diniego sanitario il team legale ha avuto il via libera del comitato etico quando la donna era già morta in Svizzera. “Abbiamo appreso poi dal verbale – spiega l’avvocato dell’associazione Coscioni, Filomena Gallo – che la commissione aziendale non poteva aderire al parere positivo del comitato etico in quanto ritengono che non vi sia il trattamento di sostegno vitale e spiace e mortifica leggere perfino ‘che le condizioni attuali non sono coerenti con sofferenze fisiche intollerabili'”.

Cosa rischiano gli accompagnatori di Sibilla Barbieri

Ad accompagnare Sibilla Barbieri in Svizzera suo figlio Vittorio e Marco Perduca, già senatore radicale, dell’Associazione Luca Coscioni e iscritto all’Associazione Soccorso Civile. Domani i due si presenteranno spontaneamente in caserma dai carabinieri per autodenunciarsi. Rischiano fino a 12 anni di carcere. Anche Marco Cappato, si autodenuncerà in quanto legale rappresentante dell’Associazione Soccorso Civile che ha organizzato e sostenuto il viaggio.