“La Carta costituzionale non garantisce il diritto al matrimonio tra persone dello stesso sesso“. Con questa sentenza la Corte suprema dell’India ha rimandato la palla al Parlamento sulla legalizzazione dei matrimoni omosessuali, affermando tuttavia che il Paese ha il dovere di riconoscere le relazioni Lgbtq e di proteggerle dalla discriminazione.
Matrimoni omosessuali in India, la palla passa al Parlamento
“È di competenza del Parlamento e delle legislature statali determinare la legge sul matrimonio”, ha affermato il presidente della Corte Suprema Dhananjaya Yeshwan Chandrachud durante la lettura del verdetto. L’attesa sentenza del collegio costituzionale – che aveva iniziato nel mese di aprile a esaminare 21 richieste di legalizzazione dei matrimoni tra persone dello stesso sesso – ha registrato la posizione contraria di due giudici su cinque.
“Unioni queer non siano discriminate”
Chandrachud ha aggiunto che l’India ha il dovere di riconoscere le relazioni tra persone dello stesso sesso e di proteggerle dalla discriminazione. “La nostra capacità di provare amore e affetto gli uni per gli altri ci fa sentire umani. Questa Corte ha riconosciuto che l’uguaglianza richiede che le unioni queer e le persone queer non siano discriminate”.
Manifestanti: “Continueremo la nostra battaglia”
La notizia è stata accolta con disappunto e delusione da quanti si erano radunati fuori dal tribunale nella speranza di festeggiare la notizia che l’India sarebbe diventata il secondo paese asiatico, dopo Taiwan, a legalizzare i matrimoni tra persone dello stesso sesso.
“Non siamo soddisfatti di ciò che ha detto la Corte”, ha dichiarato all’Afp Siddhant Kumar, 27 anni. “Questa cosa va avanti da anni, stiamo lottando per il riconoscimento legale“, ha aggiunto. “Dobbiamo rimanere forti e continuare la nostra battaglia”.
La legalizzazione del matrimonio tra persone dello stesso sesso in India avrebbe consentito alle coppie omosessuali di accedere ad alcuni dei benefici legali del matrimonio, tra i quali l’adozione, l’assicurazione e l’eredità.
India e unioni omosessuali, la contrarietà di governo e leader religiosi
Fermamente contrario il governo nazionalista indù del primo ministro Narendra Modi che aveva bollato come “opinioni elitarie urbane” le numerose petizioni e argomentazioni con cui attivisti ed esponenti della comunità chiedevano di cambiare la legge per consentire alle persone gay, lesbiche, bisex e trans di sposarsi legalmente in India.
Dello stesso avviso i leader religiosi, oppostisi con forza alla richiesta, perché tali matrimoni non sono “paragonabili al concetto di unità familiare indiana di un marito, una moglie e dei figli”.