Il nuovo ceppo del vaviolo delle scimmie è più aggressivo, ma anche più contagioso. Ad essere colpiti sono anche donne, bambini piccoli e anziani fragili. Lo confermano i dati emersi da uno studio americano, condotto dal La Jolla Institute for Immunology (LJI) in California e coordinato da due ricercatori italiani, che ora vogliono indagare quanto siano realmente efficaci i vaccini disponibili anche sulla nuova variante della malattia.
Variante più aggressiva: cosa hanno scoperto i ricercatori italiani
«Il virus mpox di clade I è completamente nuovo, quindi la situazione si sta evolvendo rapidamente. Il nuovo comportamento virale potrebbe cambiare le carte in tavola e influenzare una gamma più ampia di pazienti, tra i quali più bambini, donne e pazienti più anziani. Esamineremo le risposte immunitarie in diversi gruppi e vedremo se ci sono differenze in base ad età o genere», ha spiegato Alessandro Sette, co-direttore del Centro per l’innovazione dei vaccini LJI.
Cresce l’allarme: per l’OMS è emergenza internazionale
Con oltre 1.000 casi in Italia, il vaiolo delle scimmie, o Mpox (Monkeypox), continua a rimanere sotto la lente degli esperti anche nel nostro Paese. La scorsa settimana il Ministero della Salute aveva emanato una nuova circolare con alcune raccomandazioni. Adesso, però, arriva anche un ulteriore innalzamento del livello di allerta da parte dell’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS) che ha dichiarato l’emergenza internazionale. Ad essere colpiti, infatti, non sono più soltanto gli uomini adulti, in particolare quelli con rapporti omosessuali.
La variante Clade I
Al momento a preoccupare è soprattutto la nuova variante, la Clade I, che risulta «più aggressiva e contagiosa rispetto alla precedente. Ma non occorre allarmismo: rispetto al Covid la diffusione della malattia riguarda una percentuale di popolazione più ristretta. È comunque importante conoscere le modalità di trasmissione e adottare comportamenti prudenti», esorta il virologo Fabrizio Pregliasco. Come emerge dalla ricerca californiana, il ceppo Clade I «causa in genere casi più gravi e decessi rispetto al clade II, inoltre sembra essere più trasmissibile tramite contatto pelle a pelle e si è diffuso più ampiamente in persone di età inferiore ai 15 anni».
L’efficacia dei vecchi vaccini
A disposizione, soprattutto per chi deve viaggiare nelle aree a rischio, in particolare nella Repubblica popolare del Congo e in Stati dell’Africa limitrofi, esiste un vaccino, che è quello messo a punto per il “vecchio” vaiolo. Il dubbio è che non sia così efficace come si sperava in un primo momento. «Non lo sappiamo ancora, ma i vaccini potrebbero rivelarsi inefficaci», ha spiegato Marion Koopmans, direttrice del Centro per le pandemie e i disastri presso l’Erasmus Medical Centre nei Paesi Bassi. «Ci aspettiamo che la maggior parte degli epitopi delle cellule T saranno intatti anche nel nuovo ceppo», hanno affermato i ricercatori italiani in California, che attendono di poter analizzare le sequenze del genoma per il nuovo ceppo di mpox.
La nuova circolare del Ministero e i contagi
Al momento non si segnalano «casi di Clade I, cioè la famiglia a cui appartiene la nuova variante del virus Mpox, mentre sono 1056 i casi di Clade II, che ha iniziato a circolare nel 2022, proseguendo nel 2023». Lo conferma il ministero della Salute, che ha diramato una circolare tramite il Dipartimento della prevenzione, della ricerca e delle emergenze sanitarie. I contagi riguardano soprattutto uomini (le donne sono solo 16) e di età media di 37 anni. La Regione con il maggior numero di casi è la Lombardia (441), seguita da Lazio (169), Emilia Romagna (97), Veneto (77), Campania (48), Toscana (67), Piemonte (41), Liguria (31), Puglia (21), Friuli Venezia Giulia (20), Sicilia (17) Marche (10), Abruzzo (5), Sardegna (6), Trento (3), Bolzano (2), Umbria (1).
Niente allarmismo
Il documento del Ministero arriva dopo che l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha dichiarato lo stato di «Emergenza di salute pubblica internazionale». Di recente, inoltre, spiega il virologo Pregliasco, «è stato segnalato un primo caso in Europa, come in Pakistan, ma non è il caso di generare allarmismo. La decisione dell’Oms ha come scopo quello di sensibilizzare a livello locale le autorità dei Paesi africani più colpiti e di incoraggiare finanziamenti perché si renda disponibile anche lì il vaccino. Certo, la patologia non va sottovalutata, soprattutto nella recente variante», sottolinea il virologo Fabrizio Pregliasco, dell’Università degli Studi di Milano.
Nuova variante 10 volte più letale
Ad oggi si sa che la Clade ha una letalità potenziale di 10 volte superiore alla precedente, la Clade 2. Particolarmente a rischio è la popolazione più giovane, con difese immunitarie più fragili, come i bambini al di sotto dei 5 anni, le donne in gravidanza e le persone immunodepresse. «Pur essendo una patologia con circolazione maggiore negli uomini adulti che hanno rapporti con altri uomini, i bambini sono coinvolti perché in passato la malattia era trasmessa prevalentemente da animali, in particolare alcuni roditori e le scimmie, appunto. Oggi le modalità di contagio, specie in Africa, riguardano contesti nei quali le condizioni igieniche sono compromesse», spiega il virologo.
Il focolaio in Africa
«La diffusione più ampia riguarda la Repubblica democratica del Congo e altre 8 nazioni confinanti. Dal 2022 ci sono casi anche in Europa, tramite la variante Clade 2, ma non sono così numerosi. In Italia sono poco più di 1.000, collegati per lo più a persone arrivate da quelle zone oppure dalle Canarie, dove si è svolto un party che ha interessato soprattutto uomini con rapporti omosessuali (statisticamente si tratta di persone pluri-partner)». «In Congo in particolare – prosegue Pregliasco – sono segnalati 14mila casi (sottostimati) con 500 vittime». Una situazione che si somma a quella del Sudafrica, dove è in corso una recrudescenza di Hiv, forse legata proprio al Clade 2.
A chi serve il vaccino
Il Ministero della Salute, dunque, esorta chi dovesse recarsi in aree endemiche o avesse comportamenti a rischio a ricorrere al vaccino: «Pur chiarendo che non se ne dispone in quantità industriali, è stato comunque aggiornato di recente ed è offerto dal servizio sanitario nazionale a chi ne avesse bisogno – spiega Pregliasco – In Italia è suggerito per chi va in zone a rischio e ha comportamenti a rischio, ma anche per gli operatori sanitari che lavorano in contesti particolari. Si somministrano due dosi a distanza di un mese, ma se si è ricevuto l’antivaiolo ne basta una che fa da richiamo alla precedente».
La malattia: cosa c’è da sapere
«La malattia ha un tempo di incubazione dai 6 ai 14 giorni, massimo 21. In genere si risolve in 2-4 settimane. Le complicanze sono rare e sono rappresentate da broncopolmonite, nausea, vomito e in rarissimi casi anche encefalite. In percentuali irrisorie ha dato luogo anche a cicatrici corneali e potenziale cecità, ma questo non è accaduto finora nel nostro Paese. I primi sintomi sono aspecifici, come febbre e linfonodi ingrossati. Poi, però, compaiono le classiche macule che lo caratterizzano, che diventano vescicole e pustole, diffuse soprattutto sui palmi di mani e piedi, per poi distribuirsi anche su altre parti del corpo e soprattutto nell’area dei genitali e nella regione perianale».