Allarmano i dati sulla percezione della violenza di genere tra i giovani di età compresa tra 14 e 19 anni. Secondo l’indagine “Teen Community”, condotta da Fondazione Libellula, il 48% ha subito contatti fisici indesiderati da parte di coetanei, mentre il 43% ha ricevuto richieste sessuali e attenzioni non desiderate.
Adolescenti e violenza di genere, numeri preoccupanti
La survey ha coinvolto quasi 400 ragazze e ragazzi di età compresa tra i 14 e i 19 anni in tutta Italia, indagando sulla percezione che in adolescenza si ha circa la violenza contro le donne e le complesse dinamiche tra i generi.
I dati emersi dal sondaggio certamente non sono rassicuranti, a partire dalle esperienze dirette di violenza: il 48% degli intervistati ha dichiarato di aver subito spesso o a volte contatti fisici indesiderati da parte di coetanei. Allo stesso tempo il 43% afferma di aver ricevuto spesso o a volte richieste sessuali e attenzioni non desiderate: si tratta di situazioni di cui sono vittima perlopiù le ragazze (55%), che hanno una maggiore percezione delle forme di violenza e che sono anche più disposte a parlarne, rispetto ai ragazzi (25%).
Violenza di genere, “Promuovere riflessione attiva tra i giovani”
“I dati sottolineano l’importanza di intervenire tempestivamente per sensibilizzare i giovani sulle complesse dinamiche della violenza di genere, promuovendo valori fondamentali come rispetto, consenso ed equità”, ha commentato Debora Moretti, fondatrice e presidente di Fondazione Libellula Impresa Sociale. “Il fatto che le ragazze siano in prevalenza vittime di episodi di molestie ci fa ben capire quanto questo problema sia radicato nella nostra cultura e quanto quindi sia necessario promuovere una riflessione attiva tra i giovani, responsabilizzando in primo luogo scuole e famiglie”, ha detto ancora Moretti.
Percezione della violenza, i numeri dell’indagine
La differenza di percezione delle forme di violenza tra ragazzi e ragazze si traduce in numeri preoccupanti: ad esempio, solo il 33% dei ragazzi tra i 18 e i 19 anni ritiene inaccettabile che un ragazzo diventi violento in seguito a tradimento, contro il 79% delle ragazze. O ancora, solo
il 29% degli adolescenti non è d’accordo sul fatto che il controllo non sia sinonimo d’amore (contro il 48% delle ragazze).
Secondo i dati della Fondazione Libellula, sono ritenute poco o per niente forme di violenza il controllare di nascosto il cellulare o i profili altrui (39%), impedire al partner di accettare amicizie online (33%), chiedere al partner con chi è e dove si trova quando è fuori (33%), dire al partner quali vestiti può o non può indossare (26%).
Comportamenti radicati
Ugualmente i concetti di responsabilità individuale e di consenso sembrano non essere chiari: solo il 53% delle persone intervistate ritiene infatti che baciare qualcuno senza il suo consenso sia decisamente una forma di violenza, mentre per il 15% lo è per nulla o poco. Spesso questi comportamenti sono normalizzati e radicati come tali nella nostra cultura.
Cambiare per insegnare il rispetto
“Normalizzare questi atteggiamenti non potrà che perpetuare e quasi autorizzare episodi di violenza di genere: ricordiamoci che i giovani di oggi saranno gli adulti di domani! Non a caso dalla survey ‘LUI’, realizzata qualche mese fa, emergeva il dato allarmante secondo cui un uomo su due ritiene che la violenza sulle donne sia un problema che non lo riguardi. È evidente dunque la necessità di un cambiamento strutturale che ci insegni il rispetto dell’altro, della propria individualità e dei propri spazi, a prescindere dal genere”, continua Debora Moretti.
Stereotipi di genere
Ma allora quanto impattano gli stereotipi di genere che le nuove generazioni hanno ereditato dalla società? Sembrerebbe molto, a giudicare dai risultati del sondaggio: le ragazze infatti tendono a parlare di più delle esperienze di violenza vissute direttamente o indirettamente con familiari, amici o comunque persone adulte. Invece i ragazzi sembrano essere più propensi a non avere una rete di confronto emotivo, gestendo spesso da soli queste situazioni, probabilmente perché esternare le proprie emozioni è ritenuto “non da uomo”.