Violenza minorile: cosa prevede il decreto
Violenza minorile, arriva la bozza del nuovo decreto: divieto di utilizzare il cellulare per i minori condannati, anche con sentenza non definitiva, per delitti “contro la persona, il patrimonio o legati ad armi o droga”; ma anche un inasprimento delle pene per chi, pur minorenne, commette reati. E poi ancora multe e carcere fino a due anni per i genitori che omettono l’obbligo scolastico per i figli e che rischiano anche la revoca dell’assegno di inclusione.
Sono alcune delle misure che il Governo ha previsto, sulla scia dei recenti episodi di cronaca, come le violenze a Caivano, quelle sulle sorelline in Sicilia e l’omicidio del musicista Giovanbattista Cutolo a Napoli.
Una stretta, insomma, per dare un segnale forte, e che si unisce a misure di prevenzione contro la povertà sociale ed educativa, a programmi di rieducazione e a misure per la tutela delle vittime di reati telematici.
Le nuove norme contro la violenza minorile: niente cellulare per i minori condannati
Il decreto del Governo, già ribattezzato “Decreto Caivano”, arriva dopo i recenti episodi, come quello della località alla periferia di Napoli. In quel caso uno dei ragazzi accusato delle violenze a una 19enne, dopo l’arresto preventivo, appena uscito dal carcere si era vantato sui social e per questo era stata revocata la libertà. Ora si vuole intervenire con una norma che impedisca che fatti del genere si ripetano. Nel testo si prevede il divieto di utilizzare “piattaforme o servizi informatici e telematici specificamente indicati nonché il divieto di possedere telefoni cellulari” per i minori condannati, anche con sentenza non definitiva. Non solo: a disporre la misura potrà essere anche il Questore, con un avviso orale, a partire dai 14 anni di età.
La pedagogista: «Raggiunto un livello inaccettabile di violenza»
«Purtroppo le situazioni di disagio e marginalità sono aumentate negli anni e ora si è arrivati a un livello inaccettabile, come dimostra la cronaca recente. Da pedagogista, che ritiene fondamentale l’educazione e la formazione, dico che la sola repressione non basta, ma adesso è importante agire», commenta a caldo Maria Grassi, presidente dell’Associazione Nazionale dei Pedagogisti. «Assistiamo a reati commessi da minori che sono francamente intollerabili. Togliere loro il cellulare non mi sembra così drastico anche perché non solo non è un bene di prima necessità, ma molti di questi reati sono sollecitati proprio tramite i social», aggiunge Grassi.
Responsabilizzare anche i genitori
Il decreto mira però anche a responsabilizzare i genitori: si prevede, infatti, che il Questore convochi il minore “unitamente ad almeno un genitore o ad altra persona esercente la responsabilità genitoriale”. Per chi “era tenuto alla sorveglianza del minore o all’assolvimento degli obblighi educativi è applicata la sanzione amministrativa pecuniaria da 200 euro a 1.000 euro, salvo che non provi di non aver potuto impedire il fatto“. Finora il codice penale prevedeva una multa di 30 euro, ma «la sensazione e l’esperienza dicono che difficilmente trovava applicazione concreta», osserva la pedagogista. Che aggiunge: «Di fronte all’inasprimento delle misure con un nuovo articolo che contempli il carcere fino a due anni, sarebbe sempre meglio offrire servizi per prevenire certi fenomeni, ma siamo in una situazione emergenziale e la nuova norma potrebbe avere valenza di deterrente: siamo oggettivamente in una situazione drammatica e occorre contenere certi fenomeni».
Nel testo arrivato in consiglio dei Ministri è contenuta anche la possibilità di revoca dell’assegno di inclusione per le famiglie in cui i genitori sono stati condannati in via definitiva per non aver mandato i figli alla scuola dell’obbligo. La volontà, però, è anche di procedere a forme di rieducazione.
Oltre alla repressione, occorre la rieducazione
Un intervento sul fronte della rieducazione è l’istituzione di un “Osservatorio sulla devianza minorile”, nell’ambito del Comitato metropolitano co-presieduto dal prefetto e dal sindaco delle grandi città, con il compito di coordinare percorsi di prevenzione della dispersione scolastica, di riqualificazione urbana nelle periferie e di educazione alla legalità. «Si deve investire su un maggior impiego di figure professionali e servizi dedicati, ma sappiamo che la coperta è troppo corta, mancano fondi. Un esempio è il mancato rinnovo del protocollo delle associazioni dei pedagogisti con il ministero dell’Istruzione, scaduto ad agosto senza che ci sia stata alcuna convocazione. Ciò che serve sono prevenzione, educazione e formazione», spiega Grassi.
I dubbi sulla legalità dei nuovi provvedimenti contro la violenza
È proprio su questo aspetto che insiste l’avvocata Marraffino: «Inasprire le pene per chi non manda i figli a scuola credo non tenga conto dei motivi per cui questo avviene. È anche in qualche modo contrario alle leggi minorili, che mirano a creare il terreno perché un ragazzo torni a scuola e la famiglia nelle condizioni di mandarlo in classe», osserva l’esperta. Esiste poi anche qualche dubbio sulla liceità di alcuni provvedimenti: «Togliere il cellulare al minore condannato potrebbe risultare eccessivo e forse anche incostituzionale, dunque non passare in via definitiva. Questo anche perché smartphone e computer servono anche per ragioni lecite, per esempio per lo studio, l’approfondimento e le ricerche scolastiche. Diverso è il caso di limitazioni, che si possono prevedere, per esempio nell’accesso ai social network. Già oggi esistono prescrizioni di questo tipo. Le misure, insomma, dovrebbero essere adeguate e proporzionate», osserva ancora l’avvocata.
Violenza minorile: serve più prevenzione
«In generale credo che si debba intervenire di più su quei fattori che fanno aumentare la recidiva o che, per esempio, non consentono ad alcuni ragazzi di essere ammessi alla messa in prova. Bisogna dare loro, invece, la possibilità che questo accada», commenta Marraffino. Il testo prevede anche un percorso di rieducazione del minore: in caso di reati per i quali è prevista una pena massima non superiore a 5 anni di reclusione, il pm può prevedere l’estinzione anticipata a patto che il minore “acceda a un percorso di reinserimento e rieducazione che preveda lo svolgimento di lavori socialmente utili o la collaborazione a titolo gratuito con enti no profit o lo svolgimento di altre attività a beneficio della comunità di appartenenza, per un periodo compreso da uno a sei mesi“.
Riqualificazione delle periferie e fondi per il Sud
«A mio avviso potrebbe risultare efficace la parte del pacchetto di norme che prevede interventi di riqualificazione urbana delle periferie, creando ambienti migliori per i ragazzi», sottolinea l’avvocata. Il decreto contiene anche uno stanziamento complessivo di 32 milioni di euro in tre anni per le scuole del Mezzogiorno, per “potenziare l’organico dei docenti per l’accompagnamento dei progetti pilota del piano Agenda Sud”. Da gennaio 2024 dovrebbe essere istituito anche un Fondo contro la dispersione scolastica.
«Certamente alcuni fenomeni trovano terreno fertile in ambienti deprivati, di povertà sociale ed educativa, e di emarginalizzazione. Occorrono investimenti non solo per i minori, ma anche per le famiglie nel loro complesso. Arriviamo da anni di immobilismo o interventi a macchia di leopardo, ora occorre agire», conclude Grassi.