La famiglia di Yara Gambirasio si scaglia contro la docuserie, trasmessa su Netflix, sulla scomparsa e morte della giovane ragazza. Il caso Yara, oltre ogni ragionevole dubbio è uscito il 16 luglio 2024 sulla nota piattaforma streaming ed è suddiviso in cinque puntate, ognuno di circa 50 minuti. La serie ha fatto immediatamente scalpore per l’intervista a Massimo Bossetti, condannato in via definitiva all’ergastolo, e il tentativo di scagionarlo.
A proposito dei dubbi sollevati dalla serie abbiamo intervistato il cronista Stefano Nazzi, che al caso ha dedicato una puntata del suo podcast “Indagini”.
I messaggi della mamma di Yara
Gli avvocati Andrea Pezzotta ed Enrico Pelillo sono pronti a presentare un esposto al Garante della privacy. Il motivo, ha anticipato il settimanale Giallo, risiede nella pubblicazione degli audio privati che Maura Panarese, mamma di Yara, lasciò sulla segreteria telefonica della figlia 13enne scomparsa da Brembate Sopra il 26 novembre del 2010 e che sono stati trasmessi nella docuserie.
Genitori di Yara indignati
«Si è trattata di una vera incursione nella vita privata di questi genitori, senza che ci fosse una reale necessità e senza chiedere alcuna autorizzazione», hanno spiegato i legali, che si sono detti «indignati» per l’accaduto. Le registrazioni dei messaggi della segreteria telefonica di Yara trasmesse dalla docuserie non erano neppure state inserite negli atti dell’inchiesta in quanto inutili ai fini dell’indagine e del successivo processo al muratore di Mapello.
Telefono di Yara sotto controllo
Dopo la sparizione di Yara, la linea telefonica della giovane venne ovviamente posta sotto intercettazione, ma le uniche chiamate furono quelle dei genitori disperati, tra cui la mamma che piangeva e parlava direttamente con la figlia scomparsa, nella speranza che potesse sentire prima o poi quei suoi messaggi. Yara era però stata già uccisa da Bossetti e abbandonata in un campo di Chignolo d’Isola dove sarebbe stata trovata, per caso, solo tre mesi dopo, il 26 febbraio 2011. Quegli audio erano rimasti riservati, in quanto estremamente privati e non utili ai fini dell’indagine, fino a quando la serie di Netflix li ha diffusi senza chiedere autorizzazioni ai genitori della ragazzina. Di qui l’esposto dei legali.
Nessun commento su Bossetti
Nessun commento da parte della famiglia di Yara è, invece, arrivato su Massimo Bossetti e sul tentativo della serie di farlo apparire innocente. Detenuto nel carcere di Bollate, il muratore di Mapello è apparso per la prima volta in video, lanciando pesanti accuse. «Mi sono sempre chiesto perché sono finito in questo caso. Me lo chiedo tuttora. Quando ero chiuso in isolamento, mi è venuto a far visita un comandante. Ha fatto portare dentro un foglio bianco, ha sfilato una biro dal taschino e mi ha detto: ‘Dobbiamo arrivare a un compromesso. Lo capisce quello che voglio dire? Vuole vedere la sua famiglia? Vuole vedere i suoi figli? O vuole stare qui in questo buco? Reagisca e metta giù quello che le dico: io, Bossetti Massimo, mi trovavo lì…’. Ho cominciato a capire cosa voleva farmi. Ho preso il foglio e gliel’ho lanciato addosso. Hanno portato fuori il tavolo e la sedia e ha detto: ‘Tenetelo chiuso e per due giorni non passate col vitto’». Nonostante la condanna in via definitiva all’ergastolo, Bossetti si è sempre proclamato innocente e ha continuato a farlo anche nella docuserie Netflix.