Uno degli youtuber coinvolti nell’incidente di Casal Palocco, dove morì il piccolo Manuel, e furono ferite la sorellina di tre anni e la mamma, torna a parlare.
Affida a Instagram i suoi pensieri. Sullo sfondo, c’è lui, in felpa e cappellino, su un lungomare, con la solita faccia stile emoticon, con le mani sulla testa, tra lo stupore e la sorpresa simpatica (per cosa, poi?).
La storia su Instagram di Vito Loiacono
Vito Loiacono scrive così: «Ho scoperto come la gente segue la massa per la paura di essere giudicata». Quindi la massa sarebbe un’opinione pubblica sconvolta? Cioè i milioni di persone che hanno pianto con i genitori del bambino e condannato gli autori dell’incidente? Pare di capire che, per lui, all’interno di queste persone ce ne sarebbero invece alcune (molte?) che la penserebbero diversamente ma che non lo dicono per paura di essere giudicate. Di sicuro lui la paura di essere giudicato non la prova.
Vito Loiacono prosegue: «Ho scoperto come nessuno vuole sapere come stai veramente ma cerca solo di vedere il marcio con lo scopo di vendere l’articolo perfetto»: la logica commerciale forse appartiene più a lui e al suo team di youtuber, che alla gente attonita. O a chi racconta la vicenda documentandola. «Ho scoperto come la gente è interessata a vedere solo l’1% di ciò che si crede senza voler approfondire il resto 99%». Quante scoperte. Certo, caro Vito, i social non sono il luogo dell’approfondimento, si sa.
«La vita è spietata» (almeno tu ce l’hai ancora)
«Ho scoperto che la vita è spietata e che nessuno ti aiuta a rialzarti, ho scoperto che la gente gode nel vedere qualcun altro fallire, ho capito che non voglio mollare». In questa vicenda terribile, non ci sono fallimenti. Ci sono vite spezzate, anche la tua. E forse l’unico modo per rimetterla insieme, sarebbe partire dal silenzio.
Poi la chicca, tra parentesi: «(Immagino già che si cercherà della malizia in ogni mio gesto)». Non c’è malizia, ogni tuo gesto parla da solo. «Non c’è miglior sordo di chi non vuol sentire». Ma perché, cosa ci stai dicendo?
Quante frasi fatte, tra il complottismo e il vittimismo e l’uno contro tutti.
Il post un mese dopo l’incidente
Già “Er motosega” si era espresso sui social dopo l’incidente. In un post, un mese dopo, appare con un’amica in una stanza d’hotel, mentre ingaggia la community sul privilegio delle 5 stelle. Ma la community risponde con gli insulti.
E mentre il canale The Borderline era già chiuso, lui imperterrito tiene aperto il suo profilo e posta ancora. Stavolta è un video in cui fa le prime mosse di pugilato e ingaggia i fan sullo sport preferito.
Nel frattempo, visti gli insulti, forse consigliato dall’avvocato, ci tiene a precisare che lui al volante non c’era e che si sente “vicinissimo” alla famiglia della vittima. Come se l’avverbio “vicino”, declinato al superlativo, possa avere un peso in più in una vicenda dove domina la leggerezza e la superficialità di non aver capito – oltre alla sofferenza procurata – che a questo punto l’unica scelta giusta sarebbe il silenzio.