Arrivi al lavoro e avverti un’atmosfera pesante. I colleghi sparlano alle tue spalle e, se fino a poco tempo fa ti venivano affidate mansioni anche delicate, ora ti vengono richiesti solo compiti privi di significato. Ti senti isolata, cominci a dubitare delle tue capacità, ti deprimi. Forse non lo sai, ma sei vittima di bullismo in ufficio, un fenomeno che in Italia è sempre più diffuso.
Il bullismo in ufficio colpisce un’azienda su tre
Di solito, quando si parla di bullismo si pensa ai ragazzini, alla scuola. Invece, questo fenomeno può interessare anche gli adulti e i luoghi di lavoro. Lo dimostra uno studio effettuato dal Centro ricerche dell’Aidp, l’Associazione italiana per la direzione del personale, in collaborazione con l’Università Cattolica di Milano. I ricercatori hanno chiesto a circa 600 direttori del personale e professionisti delle risorse umane se nella propria azienda hanno avuto notizia, diretta o indiretta, di episodi come abusi fisici o verbali e intimidazioni riconducibili a fenomeni di mobbing orizzontale, quindi non da parte di superiori, o bullismo tra colleghi. A sorpresa, oltre il 30% dei partecipanti ha dato una risposta affermativa.
Differenza tra mobbing e bullismo
Ma in cosa consiste il bullismo sul lavoro? È diverso dal mobbing, anche se la differenza è sottile: in entrambi i casi si tratta di una forma di persecuzione. Tuttavia, mentre il mobbing è reato, il bullismo in ufficio non lo è. Il mobbing può essere verticale, cioè esercitato da un superiore su un sottoposto. Oppure può essere orizzontale, quando a prenderti di mira sono i colleghi, magari coalizzati tra di loro. Ma a renderti le giornate impossibili in ufficio può essere anche soltanto una persona.
Il mobbing non è facile da dimostrare: essendo un reato perseguibile penalmente necessita il verificarsi di fatti gravi. Inoltre, è il lavoratore che deve provare, anche attraverso testimonianze, di esserne vittima. Peccato che ormai i responsabili di questi comportamenti facciano molta attenzione a non prestarsi al rischio di eventuali denunce.
Quando sparlano alle tue spalle
È sempre più raro che un capo insulti pubblicamente una propria dipendente, oppure che un superiore ti urli continuamente in faccia. Più facile che sparlino alle spalle: frecciatine, battute, atteggiamenti arroganti, isolamento da parte dei colleghi diventano all’ordine del giorno. In questi casi si parla di bullismo. La vittima diventa la “pecora nera” della situazione, quella che non viene invitata alle feste e, talvolta, neanche alle riunioni di lavoro. La casistica è ampia: si va dal collega che raccomanda ai nuovi arrivati di non prestare cose o soldi al vicino di scrivania perché non li restituirà mai, a quello che lo mette alla berlina per difetti veri o presunti. Fino alla frase clou: “Non è capace, meglio non chiedergli niente”.
Bullismo in ufficio: come si manifesta
Secondo lo studio dell’Aidp, il bullismo in azienda prescinde dall’età, genere o etnia della vittima. Tuttavia, il 40% delle vittime è costituito da donne e oltre il 23% sono giovani. Nel 50% dei casi si tenta di indebolire il collega, e magari indebolirlo come concorrente per una promozione, con i pettegolezzi. Seguono l’esclusione e il boicottaggio (oltre il 34%), la svalutazione delle opinioni e la critica continua (oltre 32%), la svalutazione del lavoro svolto verso il management (31,5%), azioni aggressive verso i colleghi (oltre 23%) e l’invasione della privacy altrui (circa il 12%).
Le aziende corrono ai ripari
Come ci si difende da situazioni di questo tipo? Va detto che negli ultimi anni le aziende sono più sensibili a questa tematica. Il 60% delle ditte ha predisposto strumenti di segnalazione anonima o sportelli di ascolto. Il 20% ha previsto programmi di prevenzione del bullismo come la diffusione di un codice comportamentale e la formazione del personale sulle relazioni interpersonali. Ma non basta ad arginare il fenomeno. Per chi lo subisce, le conseguenze sono terribili e non solo a livello psicologico: si finisce per ammalarsi fisicamente a causa dello stress.
Bullismo in ufficio: cosa non fare
Se si è vittima di bullismo sul lavoro, la prima cosa da fare è mantenere la calma e anche un comportamento assertivo e rispettoso delle regole lavorative. I bulli, infatti, sono sempre alla ricerca di problemi o reazioni che diano motivo e forza al loro comportamento. Vi aspettano al varco al primo errore: non farne è già una bella rivincita. Inoltre, è assolutamente controproducente farsi sopraffare dalle emozioni: non bisogna cedere alla tentazione di reagire con aggressività o di vendicarsi. Infatti, il bullo userebbe la vostra reazione “sconsiderata” per dimostrare ai capi e ai colleghi che aveva ragione.
Bullismo in ufficio: difenditi così
Meglio rispondere con una battuta ironica e uno sguardo freddo e fiero. Nel momento in cui i bulli capiscono di non avere più potere, di solito smettono di attaccare. Magari continueranno a sparlare alle spalle, ma è già un buon risultato.
Potrebbe essere utile anche parlare e chiedere consiglio ai colleghi di cui ci si fida. Magari, si scopre che anche loro stanno vivendo la stessa situazione. In ogni caso, è sempre bene cercare di mantenere il più possibile buone relazioni con chi lavora insieme a noi, in modo da arginare i tentativi del bullo di isolarci. Infine, si può trovare il coraggio di affrontare in maniera pacifica chi ci sta facendo del male, facendogli capire che sta esagerando. A volte funziona.