Mentre scrivo questo articolo un centinaio di papà sparsi per l’Italia, armati di videotutorial, stanno provando una coreografia con bimbi al seguito. Hanno deciso di scendere in piazza il 19 marzo, nel giorno della festa del papà, per rivendicare tutti insieme un diritto. A Milano, Roma e Napoli, con inedito coraggio, danzeranno insieme ai loro passeggini per portare attenzione sulla campagna Genitori#AllaPari, che chiede un congedo retribuito e obbligatorio di 3 mesi per i neo papà.
Impensabile, fino a 10 anni fa. «Ma non oggi» mi dice con un sorriso Giovanni, genitore freschissimo di Greta, nata il 13 febbraio, 9 anni e mezzo dopo Ginevra, la primogenita. Ascolto con un misto di stupore e di incanto il racconto delle sue giornate, tra bambine da vaccinare, cambi turni con i colleghi e l’aspirapolvere da passare alla sera, al ritorno a casa. «Sono addetto allo scarico merci in un magazzino e con la mia compagna ho sempre diviso tutto, perché anche lei lavora. Adesso che allatta ed è stanchissima, a Ginevra ci penso io: scuola, palestra, merendine da mettere nello zaino, la spesa. Non è per niente facile e ci piacerebbe qualche aiuto in più, ma noi facciamo il possibile. E lo facciamo entrambi. I genitori sono due e le cose le porta a termine chi può o chi ha più elasticità sul lavoro. E poi nell’essere così impegnato con le bambine c’è anche un bel rovescio della medaglia: io le vedo crescere, vivo con loro ogni giorno» spiega senza l’ombra di un lamento. «E, guardi, non sono un’eccezione. Nel mio reparto siamo in quattro, tutti uomini, tre hanno bambini piccoli: qui è un continuo aiutarci l’uno con l’altro, siamo tutti in prima linea».
4 paesi europei in questi mesi hanno visto la nascita di petizioni per prolungare il congedo familiare dei papà. Oltre che in Italia, il dibattito si è aperto in Francia, Spagna e Regno Unito.
Un nuovo modo di concepire la paternità
Forse allora è vero che sta sbocciando una nuova paternità, un nucleo di ragazzi e uomini che vivono l’essere genitori come un impegno – ma anche un piacere – da dividere in egual misura con le loro compagne di vita. I germi di questo cambiamento già si intravedono, e non solo ai parchi giochi. Su Instagram e Facebook spopolano i padri influencer e le community al maschile che non relegano più la famiglia al capitolo “tempo libero”.
«Siamo papà, con i nostri limiti ed errori, e amiamo esserlo. Non chiamateci mammi, non siamo surrogati delle madri, ci prendiamo cura dei figli nel nostro modo. Tra noi ci confrontiamo su tutto, dalla spesa su Amazon a come reagire dopo aver trovato il ragazzino con la sigaretta in bocca» dice Silvio Petta, 47 anni, fondatore di Superpapà, 325.000 follower su Facebook.
Il congedo di paternità in Italia
Oltre alle facce e alle voci, ci sono i numeri: anche quelli sembrano dare un segnale. Il primo, interessante, riguarda proprio il congedo di paternità: quei 10 giorni previsti dalla legge e in teoria obbligatori, nei fatti previsti solo quando è il papà a farne esplicita richiesta. Tra il 2015 e il 2019 il numero di uomini che ne ha beneficiato è passato da 83.000 a 136.000, segno che anche la sensibilità sta aumentando. Ma non ci sono solo questi 10 giorni. Esiste anche il congedo parentale facoltativo che può essere richiesto nei primi anni di vita del bimbo ma che non è retribuito o, al più, lo è solo per un terzo dello stipendio. Anche per questo in passato era appannaggio esclusivo delle mamme. E invece ora i dati ci dicono che la percentuale dei papà ad averlo chiesto è passata dal 15 al 21%. Numeri piccoli, ma in costante crescita.
Congedo di paternità: le proposte di legge
Anche in Parlamento sono state depositate 3 diverse proposte di legge negli ultimi mesi per allungare il congedo obbligatorio per i neo papà, periodo di astensione dal lavoro che oggi si ferma a 10 giorni. Dietro queste proposte ci sono spesso degli uomini, genitori a loro volta, come ci conferma Valeria Ronzitti di Movimenta, scuola di mobilitazione politica. «La proposta che sosteniamo ha tra i firmatari due deputati, Erasmo Palazzotto e Alessandro Fusacchia, entrambi papà. E anche dentro Movimenta, che è frequentato da ragazze e ragazzi molto giovani, è bello vedere che certi temi sono ormai dati per scontati: io a volte mi ritrovo ancora a ricordare a mio marito, ottimo padre, che ciò che fa non è altro che il suo dovere, mentre per loro la condivisione non è nemmeno un argomento di discussione».
Proprio dentro Movimenta è nato un collettivo di giovanissimi: si sono battezzati “Papà pinguino”, ragazzi di 25-30 anni che della parità tra genitori hanno fatto la loro ragion d’essere, ispirandosi all’animale più virtuoso in natura. «Il padre non solo cova l’uovo fino alla nascita, ma anche dopo si occupa assieme alla madre di procacciare il cibo per il piccolo» mi spiega Sasà, 26 anni, “pinguino” e insegnante di matematica e fisica in un liceo di Carpi. Né lui né i compagni del gruppo hanno figli, e mi confessa che a livello personale il tema famiglia non è ancora all’orizzonte. Eppure ha trovato naturale schierarsi sin da ora. «Sarà forse che noi siamo cresciuti tutti con una madre che lavorava, ma ci viene spontaneo pensare che ci debba essere simmetria nella coppia. Mio padre mi accompagnava a scuola, faceva la spesa e veniva ai colloqui con i prof. E per i giovanissimi questa convinzione è ancora più marcata, lo vedo in classe: le ragazze danno giustamente per scontato che, a casa e fuori, avranno lo stesso ruolo dei coetanei».
21% la percentuale dei neopapà che usufruiscono del congedo parentale facoltativo. Si sono assentati dal lavoro in media per 30 giorni
Congedo di paternità: una battaglia politica
La loro, spiega ancora Sasà, è soprattutto una battaglia politica. «Questo tema non riguarda solo le donne, è alla base del nostro futuro come società. Dare a un padre la possibilità di crescere un figlio non significa solo farlo maturare dal punto di vista umano, ma gettare le basi per una realtà più equa, in cui uomini e donne abbiano pari opportunità anche nel lavoro».
Gli fa eco anche il superpapà Silvio Petta: «Per conciliare famiglia e lavoro ho fatto di tutto, persino inventare scuse in ufficio, perché non potevo trattenermi mezz’ora in più dell’orario stabilito. Non li conto più i semafori rossi che ho passato per arrivare puntuale fuori scuola dai miei due figli, Simone e Gabriele. Alla fine ho rinunciato alle quote della società in cui lavoravo, perché da dipendente potevo essere più libero di occuparmi della famiglia, e non mi pento: mentre preparavo la cena e li mettevo a letto, mi rendevo conto che dedicarmi a loro mi faceva sentire appagato. Ho acquisito competenze e ho scoperto una consapevolezza che riguarda non solo l’essere padre, ma il mio ruolo come partner e come uomo nella società. Il cambiamento, però, non può dipendere solo da noi: la politica e le istituzioni e i datori di lavoro devono fare la loro parte, altrimenti a pagare è sempre la donna».
Sono le donne che lasciano il lavoro
I dati danno ragione a Silvio: nel 2020 il 77% dei neogenitori che hanno lasciato un impiego, circa 42.000 lavoratori, erano donne. Perché se in famiglia qualcuno deve fare un passo indietro, lo fa chi guadagna meno, e di solito è lei. È andata così anche ad Antonella, la moglie di Silvio Petta, una vita da commessa in un centro commerciale, fuori casa fino alle 22 e nei weekend: «Per anni ha chiesto il part-time invano, ma quando i ragazzi sono arrivati alle medie ha dovuto lasciare, per seguirli al pomeriggio» racconta lui. «Ecco, sostenere la donna e la famiglia significa anche prevedere queste cose». Altrimenti il gender gap “ammazza” anche i papà più virtuosi.
Quasi tutti i paesi europei hanno previsto un congedo esclusivo per i padri e, se guardiamo alla durata, l’astensione dal lavoro all’estero in media è più lunga che da noi. Con i 10 giorni previsti per legge dal 2021 (prima erano addirittura 7) L’Italia è tra gli ultimi nella classifica Ue.
3 mesi per stare con i figli
Il 7 marzo Movimenta ha lanciato una raccolta di firme per rafforzare il congedo obbligatorio per i papà. La petizione può essere firmata su change.org/genitoriallapari. «L’obiettivo è arrivare alla prossima Legge di Bilancio con una misura che consenta ai neopapà di usufruire di un congedo obbligatorio di 3 mesi, retribuito al 100%, da spendere entro l’anno di vita del bambino. E vogliamo che la misura venga estesa ai dipendenti pubblici e ai lavoratori autonomi» spiega Valeria Ronzitti, del direttivo Movimenta.
Il costo per lo Stato partirebbe da 1.250 milioni di euro all’anno. Tra i sostenitori della petizione c’è Coop, che promuove la raccolta firme nei suoi punti vendita. Coop ha da un anno lanciato la campagna “Close the gap”, per ridurre le differenze di genere e tra le iniziative organizza corsi di formazione per diffondere una maggiore cultura dell’equità di genere tra i suoi dipendenti e anche tra i fornitori.