All’ottavo mese di smart working, ho convinto mio marito a uno scambio di stanze: io nello studio e lui in camera. Tanto il letto sfatto non lo patisce e il richiamo della lavatrice lì di fianco non lo sente. La sua indifferenza all’universo dei mestieri domestici gli rende amena la sistemazione che io ho patito per mesi. Bel colpo. Da qualche giorno, faccio cose insolite: lavorare per qualche ora al tiepido sole autunnale da una panchina del parco, correre anche quando non ne ho alcuna voglia, precipitarmi dal parrucchiere al primo filo bianco. Soprattutto, continuo a rimandare il cambio di stagione benché la temperatura esterna stia precipitando e io la fronteggi con maglioncini di cotone.
Sai mai che ci richiudano dentro e ci facciano uscire che è di nuovo primavera… Questo è il pensiero impronunciabile che si cela dietro i piccoli gesti apparentemente senza senso. Mi aggiro sull’orlo del precipizio con la scorta di beni di prima necessità in dispensa e un nuovo patto familiare scritto durante la resa dei conti estiva. Se fatico ad ammetterlo, è perché sono consapevole di appartenere ai fortunati che possono prepararsi a tale drammatica evenienza con relativa serenità, pronti a parare solo gli eventuali contraccolpi psicologici. In tanti, purtroppo, rischiano di non sopravvivere a una nuova serrata. Non foss’altro perché ci arriverebbero stremati da una crisi che non è mai rientrata, da posti di lavoro persi per sempre, da malattie non del tutto curate, da solitudini mai sanate.
Sappiamo cosa aspettarci da un nuovo lockdown. Ma abbiamo il dovere di non arrivarci mai. E tutto il nostro impegno e la nostra concentrazione devono essere posti lì. La mascherina fin sotto gli occhi, l’app Immuni nella prima schermata dello smartphone e i negazionisti fuori dal nostro raggio. Ci salviamo e ci condanniamo utilizzando in modo diverso la stessa arma segreta che possediamo tutti: i legami tra di noi. Siamo ciò che siamo alla grazie alla stessa interconnessione che rende questo virus così pericoloso, grazie alla solidarietà e all’altruismo. E non c’è gesto più altruistico, in questo momento, che prendere sul serio le distanze.