Quando a gennaio gli studenti del liceo milanese Severi Correnti hanno occupato il loro istituto, oltre agli striscioni si sono portati a scuola una mamma medico e decine di test antigenici. «Vogliamo creare una bolla antivirus per non infettarci» hanno detto. E la loro storia, se ci pensiamo bene, racconta che qualcosa sta cambiando. Quella che si fa strada è l’idea che i kit rapidi non siano più solo uno strumento per chi sospetta di essersi infettato. Molti li vorrebbero per “mettere in sicurezza” la vita quotidiana e tornare almeno in parte alla normalità, nonostante l’epidemia. Test prêt-à-porter, pronti per l’uso prima di una riunione di lavoro o di un incontro tra amici.
Danno il responso in 15 minuti e costano poco
Basta sentir parlare un importante virologo come Giovanni Di Perri, primario di Malattie infettive dell’ospedale Amedeo di Savoia di Torino, l’avamposto piemontese contro il Covid, per rendersi conto che in fondo non siamo così lontani dalla realtà. «Questi test sono meno sensibili dei molecolari, ma sono economici e danno un responso in 15 minuti. Oggi servono negli screening sul personale ospedaliero. Domani potremmo sfruttare i più affidabili anche noi cittadini per tornare a viaggiare, riaprire teatri e andare in hotel, naturalmente mantenendo le sacrosante precauzioni anticontagio. Insomma potrebbero servire a riavviare il Paese, come è stato in Cina».
Si fanno privatamente a pagamento: da 20 a 60 euro
A gennaio, intanto, una circolare del ministero della Salute li ha “sdoganati” e oggi i tamponi antigenici rapidi sono considerati validi per il conteggio ufficiale dei positivi al Sars-CoV-2. In Puglia il nuovo piano scuole dell’assessore epidemiologo Pierluigi Lopalco prevede già di usare i test rapidi ogni 14 giorni per il personale scolastico, in Emilia-Romagna e Sicilia vengono proposti gratuitamente a docenti, studenti e alle loro famiglie: basta andare in farmacia o al drive-in. E tutti gli altri italiani, ormai quasi ovunque, possono farseli privatamente, a pagamento. In Lazio, Lombardia, Piemonte e Campania anche in farmacia. Costo? Si parte da 20 euro, ma secondo Altroconsumo nei laboratori si arriva a spenderne anche 60, con un tempo di attesa medio di 2 giorni, segno che la richiesta è alta. E con un piccolo sovrapprezzo c’è chi li offre a domicilio: chiami, prenoti e l’infermiere si presenta attrezzato a casa tua.
Non è una patente di negatività al 100%
In tanti vorrebbero usarli per fare in tranquillità anche solo una cena in famiglia, com’è successo a Natale. È una buona scelta? «Man mano che la richiesta salirà i prezzi scenderanno, ma bisogna avere chiaro che in nessun caso un tampone può dare una “patente” di negatività, perché nessun test può fornire un risultato certo al 100%» ci risponde Pierangelo Clerici, presidente dell’Associazione microbiologi clinici italiani, uno che su questi screening sta lavorando dai primi tempi della pandemia.
I più affidabili sono a immunofluorescenza
Gli esperti mettono l’accento sulle false sicurezze che la diffusione di questi strumenti potrebbero dare a chi li usa senza conoscerne i limiti. A partire da un primo dato importante: al momento sia in laboratorio sia in farmacia si trovano soprattutto i modelli di prima generazione, stick che assomigliano ai test di gravidanza e che ormai si vedono perfino nei post instagram delle celeb. Ma quelli riconosciuti dal ministero come vera alternativa ai tamponi classici sono solo i più avanzati. Detti a immunofluorescenza, sono diversi anche nell’aspetto, perché al posto della strip si servono di un lettore grande quanto un iPad che analizza il campione prelevato con il classico bastoncino.
La percentuale di affidabilità deve superare il 93%
«Tutti i tamponi antigenici vanno alla ricerca della proteina spike che si trova sulla superficie del virus» chiarisce il professor Clerici. «Però i più avanzati adottano una tecnica di rilevazione più sensibile e limitano il numero di falsi negativi». Allora, visto che in commercio c’è di tutto, per muoversi tra marche e modelli una buona bussola è informarsi in laboratorio o in farmacia sulla percentuale di sensibilità indicata dal produttore: dovrebbe superare il 92-93%.
Vanno eseguiti non prima di 72 ore e fino a una settimana dopo il presunto contagio
Anche questo però non basta perché i test rapidi hanno limiti temporali. Sono utili per dare una fotografia di quel momento e una certa sicurezza per le ore immediatamente successive, per esempio prima di un viaggio in aereo. Ma vanno eseguiti non prima di 72 ore dal presunto contagio ed entro una settimana: fatti troppo presto o troppo tardi non vedono nulla. E questo ci fa capire perché mascherine e distanze sociali vanno rispettate al meglio anche se si viaggia o si lavora insieme a chi è stato appena “tamponato”.
Una buona notizia però ce la dà Roberto Rigoli che è responsabile delle 15 microbiologie del Veneto, Regione pioniera dei test rapidi. «Con i tamponi di prima e seconda generazione è più facile che ci siano dei falsi negativi. Analizzando i dati però abbiamo visto che i contagiati non rilevati nella stragrande maggioranza sono persone con una carica virale bassa o addirittura nulla». In altre parole se l’esito del test è negativo, in quelle ore la probabilità di infettare qualcuno è quasi zero. «Quando il virus inizia a replicarsi nell’organismo però lo fa in maniera esponenziale e per avere maggiori certezze servirebbe un altro tampone dopo 2-3 giorni. Più che la precisione conta la frequenza».
I tamponi antigenici rapidi sono efficaci anche contro le varianti del virus
E se si diffondessero le varianti del virus, gli antigenici rapidi sarebbero in grado di individuarle? «Per il momento sì» ci rassicura il microbiologo Pierangelo Clerici. «I test in uso ricercano le parti fisse della proteina spike, e le mutazioni avute fino ad ora non le hanno intaccate. Ma non sappiamo cosa succederà, per questo è importante fermare il virus prima che muti ancora».
Tamponi rapidi: le istruzioni per l’uso da seguire
A gennaio il ministero della Salute ha pubblicato una circolare con le indicazioni per le Asl sull’utilizzo dei tamponi rapidi. Queste regole possono essere utili anche a te.
· Tempi I test rapidi vanno eseguiti entro 5 giorni dall’insorgenza dei sintomi e tra il 3° e il 7° giorno dopo il contatto a rischio, sugli asintomatici.
· Tamponi rapidi di ultima generazione
Per accuratezza sono sovrapponibili al tampone molecolare, ma sei risultati sono discordanti il riferimento resta il molecolare.
· Tamponi rapidi di prima e seconda generazione
Sono raccomandati quando i tamponi molecolari o gli antigenici di ultima generazione non sono disponibili, o i tempi di attesa troppo lunghi.
· Se la persona ha sintomi
Non c’è bisogno di un esame di conferma in caso di positività. Se invece
il risultato è negativo, l’esame va ripetuto dopo 2-3 giorni con un antigenico di ultima generazione o un molecolare.
· In caso di focolaio
I test rapidi possono essere usati per isolare subito i positivi, ma se vengono utilizzati i “vecchi” c’è bisogno di ripetere l’esame sia ai positivi sia ai negativi, con il tampone molecolare o antigenico di ultima generazione
dopo 2-4 giorni.