«Alla mia età si vive la passione come quando si è giovani, ma prima di fare un gesto sconsiderato ora ci penso su un po’, diciamo 2 o 3 giorni». Queste parole raccontano bene chi è Isabel Allende, scrittrice di fama mondiale, 78 anni e 3 mariti: una donna romantica e libera. La frase di Isabel Allende si trova in un libro appena uscito, Donne dell’anima mia (Feltrinelli), a metà tra memoir e pamphlet. L’autrice cilena racconta il suo percorso, le persone che l’hanno guidata e ispirata («le mie eroine» le chiama), le battaglie che sta combattendo e l’amore che sta vivendo.
Una specie di “libretto di istruzioni” per scoprire la donna dietro l’autrice di romanzi indimenticabili come La casa degli spiriti, Paula e l’ultimo Lungo petalo di mare. Una mappa per comprendere i meccanismi che hanno messo in moto i suoi pensieri e le esperienze che hanno guidato la sua mano, la sorgente dei suoi sentimenti e delle emozioni, il suo sdegnarsi per le ingiustizie e il bisogno di mettersi al fianco delle donne.
«Sono sempre stata una ribelle»
«Prima di tutto c’è stata mia mamma, Panchita. Lei è quella che mi ha forgiato. Non perché fosse una femminista, al contrario» mi spiega Isabel Allende in video dalla sua casa nella baia di San Francisco. «Ha avuto una vita molto difficile, soprattutto da giovane. Credo che la mia ribellione contro l’autorità maschile sia nata guardando lei, e cercando di proteggerla. Mamma è stata la mia compagna fino a un paio di anni fa, è morta a 98 anni. Non c’era giorno in cui non ci scrivessimo o parlassimo».
Panchita, madre adorata, fu abbandonata dal marito in Perù con 3 bimbi piccoli e fu quindi costretta a chiedere ospitalità ai genitori in Cile. Isabel passò l’infanzia a Providencia de Santiago, in una casa con le stanze dai soffitti alti piene di libri impolverati, un nonno affettuoso e una nonna scomparsa troppo presto. «La ricordo come un’epoca di paura e oscurità. Ma quell’infanzia infelice mi ha fornito materiale per i miei romanzi».
Fin da piccola è stata una ribelle, «col carattere ostinato e l’atteggiamento di sfida» e una idiosincrasia nei confronti del machismo che le ha consentito di crescere indipendente. La madre, come l’amatissima figlia Paula morta a 29 anni per una malattia rara, sono sempre presenti. «Ogni mattina al mio risveglio, dopo aver salutato Paula, Panchita e gli altri spiriti che mi circondano, quando la stanza è ancora immersa nel buio e nel silenzio, richiamo la mia anima, che sta ancora vagando nel mondo dei sogni, e ringrazio per tutto quello che ho, specialmente l’amore, la salute e la scrittura» scrive nel libro.
«La scrittura mi ha dato indipendenza»
Il primo lavoro di Isabel Allende fu in una rivista femminile. «Le giovani giornaliste con cui lavoravo mi aiutarono a sviluppare un linguaggio articolato per esprimere la rabbia che sentivo» dice. Rabbia nata vedendo le ingiustizie che le donne dovevano affrontare ogni giorno, cresciuta poi leggendo autrici come Sylvia Plath e Simone de Beauvoir. «Il magazine era un mix: c’erano la moda e la bellezza, immagini patinate di grandi fotografi. Ma il contenuto era fatto di temi che stavano a cuore alle donne: aborto, contraccezione, infedeltà, droghe, violenza domestica. Molte cose di cui in Cile non si era mai discusso prima».
«Ho sempre avuto un carattere ostinato. la mia ribellione contro l’autorità maschile è nata guardando mia madre panchita»
Era la fine degli anni ’60. Il divorzio arrivò solo nel 2004 e la depenalizzazione dell’aborto, ma solo in casi eccezionali, nel 2017, le proteste femministe nel 2019 col movimento MeToo. Su Kamala Harris, la prima vicepresidente degli Usa, dice: «Una donna di colore è davvero una buona notizia per le giovani che così possono sperare che non ci sia un soffitto di cristallo a fermarle. Ma c’è ancora molto da fare. Io l’indipendenza l’ho ottenuta grazie alla scrittura e ho combattuto tutta la vita per averla, altre donne non hanno questa possibilità. Perciò, in questo libro, ho voluto scrivere del mio percorso: per ispirarle».
«Sono stata innamorata per tutta la vita»
Isabel Allende si è sposata 3 volte: la prima a 20 anni con Miguel, studente di Ingegneria, alto, timido, madre inglese e nonno tedesco. Insieme hanno avuto 2 figli: Paula e Nicolás che oggi le fa da assistente. Sono stati insieme tra alti e bassi fino al 1987, ma nel 1976, in Venezuela (vi si era trasferita nel 1975 con la famiglia 2 anni dopo il colpo di Stato di Pinochet), si è innamorata di un musicista argentino: ha mollato marito e figli per seguirlo in Spagna, per poi tornare a casa «con il cuore a pezzi e la coda tra le gambe» scrive.
«Sono stata innamorata tutta la vita!» mi confessa con un sorriso. «Quando ho divorziato dal primo marito dopo 3 mesi ero già col secondo (William Gordon, avvocato per il quale si trasferisce in California, ndr). Siamo stati insieme 28 anni, ci siamo lasciati che ero già over 70. A 74 anni ho incontrato Roger, ci siamo sposati l’anno scorso». La loro storia è un romanzo: un giorno Roger l’ha sentita parlare a una trasmissione radio mentre stava guidando da Manhattan a Boston. Le ha scritto una mail ogni mattina e ogni sera per 5 mesi. «Nel giro di un anno ha venduto la sua casa a New York, spostato il suo lavoro in California, ed è arrivato qui solo con 2 biciclette e i suoi vestiti» ride.
«Ho raggiunto un’età in cui mi sento in pace ed energica. Mi sono allenata molto a lungo per diventare un’anziana appassionata»
«La morte di mia figlia Paula è stato il momento più doloroso». Non solo mamma Panchita. La vita di Isabel è piena di altre donne eccezionali: «Carmen Balcells, la mia agente, mi ha fatto diventare una scrittrice». Fu lei ad aiutarla a pubblicare La casa degli spiriti e a farsi valere quando in Cile la consideravano “una scribacchina”. Poi c’è Olga Murray, 95 anni, presidente della Nepal Youth Foundation e ci sono “Le sorelle del disordine perpetuo”: un gruppo di 6 amiche di vecchia data che si riuniscono periodicamente, ora su Zoom, «per confrontarci, parlarci e insieme poi meditiamo cercando di mandare un po’ di energia a chi ne ha bisogno».
L’impegno maggiore è però rivolto alla sua fondazione isabelallende.org, nata in seguito alla morte della figlia 29enne quando Isabel ne aveva 50. «È stato il momento più doloroso della mia vita. Lì ho cominciato a guardarmi dentro, a essere più riflessiva». La nuora Lori oggi dirige la fondazione, attraverso cui «ho conosciuto tante donne che hanno subito incredibili traumi eppure hanno saputo rialzarsi, reagire, sono state in grado di avere una vita sebbene avessero perso tutto». Anche Isabel Allende ha saputo rialzarsi sempre e confessa: «Ora ho raggiunto un’età in cui mi sento in pace, contenta ed energica». Del resto, scrive: «Mi sono allenata a lungo per diventare un’anziana appassionata». E la sua vita, così piena, lo dimostra.