Chi è
Marta Marzotto non ha mai rinnegato le sue origini. Nata a Reggio Emilia nel 1931 come Marta Vacondio, è figlia di un casellante delle ferrovie e di una mondina. Inizia a lavorare fin da giovanissima come apprendista sarta e poi come modella. Nel 1954 è protagonista di quella che avrebbe dovuto essere una favola: sposa il conte Umberto Marzotto, comproprietario dell’omonima industria tessile. Dal matrimonio nascono cinque figli, una dei quali, Annalisa, scompare nel 1989 per fibrosi cistica.
La contessa ancora si commuove a parlarne e da allora ha sempre finanziato iniziative benefiche sul tema, dedicando alla figlia anche il restauro di un’opera d’arte, perché viva in eterno nella bellezza.
Smeraldi a colazione
L’autobiografia, scritta con la giornalista Laura Laurenzi, firma di Repubblica, sovverte molti luoghi comuni sul “personaggio” in questione, mettendo in luce la persona colta e sensibile che c’è dietro i party, i caftani colorati, il gossip.
Dice di aver vissuto sette vite la contessa, pubbliche e private. L’unione con il conte Marzotto, naufragata nella noia di una vita borghese, che Marta, “nata libera”, a un certo punto faceva fatica a sopportare. Le tentazioni di Roma, dove la contessa era andata a curare una malattia che sembrerebbe una depressione e che le darà almeno due relazioni burrascose: con il pittore Renato Guttuso e con l’intellettuale comunista Lucio Magri. La gestione di una mondanità che può essere sfiancante. I politici vecchi e nuovi con un’inedita amicizia con il Presidente Pertini, che la invitava spesso al Quirinale per discutere con lei di quello che accadeva nella Capitale. I viaggi in giro per il mondo, organizzati all’ultimo minuto. L’amore delle biondissime nipoti con delle pagine toccanti che le dedica nella parte del finale del volume Isabella Borromeo.
Il titolo viene da un’abitudine di Marta: indossare i gioielli sempre di giorno, nei pranzi, perché di sera le collane, e le signore, sembrano tutte uguali. Lei, i suoi smeraldi, li mette a colazione.
Gli amori
Il filo rosso di tutto Smeraldi a colazione è il pittore Renato Guttuso. Si conoscono quando lei era incinta. Si rivedono nella Roma delle gallerie e dei salotti e per vent’anni la loro relazione sarà incandescente. Siciliano ombroso lui, protagonista dell’alta società lei. Lui la dipinge ovunque, mettendoci dentro anche i figli di Marta, storpiando gli eventuali rivali amorosi. Le scrive cinque lettere al giorno. Soffre come un cane quando lei lo tradisce con Magri, uomo di sinistra, che però non mangiava senza le posate d’argento.
In entrambi i casi non c’è stato il lieto fine. Guttuso muore nel 1987 con, sostiene la Marzotto, il Partito Comunista, a cui anche l’artista apparteneva, che congiurò per non farglielo vedere. Seguirono diversi scandali, tra adozioni tardive, figli segreti, adulteri allora inammissibili, se a compierli era una donna, che però non hanno intaccato – si capisce dal libro – l’amore della Marzotto per lui.
Più smussato dal tempo il ricordo del “terzo incomodo”, che pure ha avuto una fine dolorosa, cercata da lui stesso, in una clinica svizzera, cinque anni fa. Anche in questo caso la contessa non è riuscita a dargli l’ultimo saluto. Si era ripromessa di chiamarlo, ma perdeva il suo numero, rimandava, fino alla notizia della sua morte.
Il futuro
A 85 anni, portati con il sorriso, Marta Marzotto affronta la vecchiaia con l’ironia di sempre. «Non credo di essere diventata saggia», scrive, «anzi, spero di non diventarlo mai». Anche la morte non è un argomento tabù. Citando il filosofo francese Jacques Derrida, la contessa dichiara: «Imparare a vivere vuol dire imparare a morire, accettando la finitezza della vita», e lancia un’idea: «Se proprio dovessi andarmene, quel giorno arriveranno gli scienziati della Nasa e mi squarteranno per vedere come sono fatta dentro. Per capire che animale strano che ero e svelare il mistero di questa infinita energia che mi porto dentro».