Teresa Ciabatti, 45 anni, scrittrice e sceneggiatrice, è la seconda classificata al Premio Strega 2017 con La più amata (Mondadori), dopo il vincitore Paolo Cognetti con Le otto montagne (Einaudi). Nel libro, di cui è anche protagonista, l’autrice ripercorre – in preda a un’ossessione impellente – la storia della sua famiglia e in particolare la figura del padre, Lorenzo Ciabatti, “il Professore”, luminare e benefattore, uno dei primi medici ad aver studiato in America. Tra misteri e rivelazioni, si susseguono eventi che restituiscono uno spaccato della storia d’Italia, tra gli anni ’70 e ’80. Ecco le nostre ragioni per cui vale la pena immergersi nella lettura di questo romanzo.
Il mistero che avvolge la trama
Chi è Lorenzo Ciabatti, l’uomo venerato come un Dio da tutti, chirurgo eccellente che ha contatti importanti (governo, vaticano, esercito), colui che tutto può e a cui basta un cenno del capo per ottenere consensi e sottomissioni? Se lo chiede la moglie, Francesca Fabiani, che di fronte a vicende poco chiare cercherà aiuto presso un investigatore privato. Se lo chiede la figlia, Teresa Ciabatti, voce narrante del romanzo, che nel difficile rapporto con il padre – “dannata figura paterna, maledetta figura paterna” – rintraccia il seme originale dei suoi difficili e complicati rapporti con l’altro sesso. E se lo chiede anche il lettore che, pagina dopo pagina, s’interroga sul ruolo di questo primario che con il suo potere sovrasta la famiglia, l’ospedale e la società, tutti personaggi secondari in balia dei suoi disegni.
Uno sguardo impietoso
È lei – Teresa – la più amata, la più bella, la più ricca, la regina? O crede solo di esserlo nel suo delirio fanciullesco di onnipotenza che, come per legge naturale, immagina di ereditare dal padre? Quanto c’è di vero e quanto il ricordo e il tempo contribuiscono ad annebbiare la percezione di un passato glorioso per alcuni aspetti e doloroso per altri? Con stile freddo e distaccato e senza risparmiare descrizioni poco lusinghiere, l’autrice mette a nudo un padre “autoritario, gelido, assente, dispotico, minaccioso, vendicativo” anche se “a tratti tenero, attento e premuroso”, un padre a cui lei attribuisce la responsabilità delle sue debolezze e inadeguatezze di donna. Il suo è un lungo viaggio a ritroso negli anni, prima ancora della sua nascita: la tappa-studio del chirurgo in America, l’incontro con la dottoressa Fabiani, le radici della famiglia Ciabatti.
Nostalgia canaglia
Per chi, come la scrittrice, è stata adolescente negli anni ’80, sarà facile immedesimarsi nei conflitti di una ragazzina perennemente in apnea, un pesce fuor d’acqua sia nel paese di provincia (Orbetello), dove trascorrerà la prima parte della sua vita, sia nella grande città (Roma), dove si trasferirà con la madre, il fratello e la nonna e frequenterà le scuole superiori. È un continuo yo-yo di stati d’animo, tra necessità di essere accettata e riconosciuta come parte di un gruppo (ecco emergere il bauletto della Naj-Oleari, la prima minigonna, il trucco suggerito da Gil Cagné) e l’esigenza di affermarsi come figura con una precisa personalità e in virtù di una posizione familiare privilegiata (la villa, la piscina, undici bagni a disposizione, i fiocchi giganti sui vestiti anche a rischio di sembrare abbigliata per la prima comunione). I dilemmi sono quelli universali delle teenager di qualsiasi generazione: “voglio essere una ragazza normale, non fatemi essere diversa” mentre, sullo sfondo si intrecciano “voci, bellissime voci di ragazze bionde”.
I rimandi storici
La vita personale si intreccia con quella reale e sullo sfondo delle vicende paterne spuntano personaggi italiani (Licio Gelli, Giorgio Almirante, Umberto Veronesi, Raffaele Cutolo) e stranieri (Robert Wood Johnson II, Raquel Welch, addirittura Ronald Reagan e anche Marilyn Monroe). Viene citata la tragedia dell’Andrea Doria, il golpe Borghese, la P2, la massoneria e vari politici, in un puzzle gigantesco, dove non sempre i pezzi sembrano incastrarsi alla perfezione.
La frase-provocazione
“Chi è migliore? Colui che sopravvive al dolore, e io lo sono, io sono qui, sopravvissuta al buio del passato (era così buio?), al gorgo di un’infanzia infelice (ma poi: era così infelice? Sii onesta, Teresa Ciabatti…). Io sono una sopravvissuta, e voi no.”
Un universo femminile
È un mondo di donne quello che circonda la vita di Teresa, dominato da un protagonista assoluto, il padre. C’è la madre che da donna autonoma e anticonformista si trasformerà in una figura fantasma, divorata da dubbi e segreti, incapace di tenere testa alla complessa personalità del Professore. C’è la nonna, personaggio secondario sullo sfondo, ancora di salvataggio nei momenti più bui e duri. C’è Fiorella, l’amica della madre, scudo di affetto e protezione. C’è “Zia” Ambra, dal passato oscuro, dagli atteggiamenti ora complici, ora ambigui. Di tutte queste voci Teresa si fa portatrice e, nel gran finale liberatorio, tutte riecheggeranno in lei, insieme a quelle del fratello e del padre.