Rumore. È quello che ci ha chiesto di fare esattamente un anno fa Elena Cecchettin, dopo la morte della sorella Giulia per mano dell’ex fidanzato. Non un minuto di silenzio, perché è col silenzio che la violenza si propaga indisturbata. È nel non-detto che si rafforza, restando nell’ombra. Invece bisogna urlare, alzare al massimo il volume. Non solo il 25 novembre. Tramutare il dolore in rabbia, la paura in baccano, il senso di frustrazione che proviamo ogni volta che una donna viene uccisa in ribellione e azione.
In Italia viene uccisa 1 donna ogni 3 giorni
Come ogni 25 novembre, Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Violenza di Genere, il Paese si ritrova a fare i conti con le vittime di femminicidio. E il numero è sempre lo stesso: vicino alla soglia dei 100, che fatalmente supera entro la fine dell’anno. La media è di una ogni 3 giorni. E questo malgrado l’impegno infaticabile delle associazioni, il lavoro di sensibilizzazione da parte delle istituzioni e dei media, il complesso di norme e di leggi che regolamentano la materia.
Bisogna andare più a fondo, e noi ci abbiamo provato
E allora, perché la strage delle donne non si ferma? Perché non basta punire, non basta denunciare, non basta nemmeno informare e mobilitare. Anche se sono tutti passi importantissimi. Bisogna andare più a fondo. Bisogna sradicare i semi da cui la violenza germoglia. È la missione che ci siamo date l’8 marzo, lanciando l’Osservatorio sui diritti e il progetto Libere e uguali. Per una nuova idea di parità. Un corposo lavoro di indagine su pregiudizi e stereotipi che ancora mettono le donne in una posizione di subalternità in tanti ambiti della loro vita familiare, lavorativa, sociale, rendendole soggetti vulnerabili. Talvolta dipendenti dai partner, altre volte impossibilitate a esprimere liberamente ambizioni e talenti. Ricordiamo che la violenza non è solo quella fisica, ma anche quella psicologica, verbale, economica.
Libere e uguali: il nostro progetto per “unire i puntini”
Dunque era necessario allargare la sguardo. Monitorare l’emergenza, ma lavorare anche sui diritti. Per questo abbiamo messo intorno a un tavolo giuristi, associazioni, forze dell’ordine, istituzioni che si occupano di prevenzione e lotta alla violenza, ma anche docenti, imprese, scrittrici, economiste e altre figure esperte che lavorano sulla gender equality e sulla diffusione di una cultura più inclusiva. Circa una volta al mese ci siamo incontrati nella Sala del Rettorato, generosamente messa a disposizione dall’Università degli Studi di Milano, per scambiare idee, raccogliere spunti, condividere buone pratiche, provare a trovare delle soluzioni. Ci sono tante ottime iniziative per contrastare la violenza, ma spesso sono poco conosciute o isolate e questo ne vanifica o ridimensiona l’efficacia. Il nostro compito è stato fare network, unire i puntini.
25 novembre, 25 proposte concrete
Il frutto di queste discussioni è una Road Map con 25 proposte concrete, che abbiamo realizzato con la collaborazione scientifica della Statale e la consulenza di D.i.Re, la più importante rete antiviolenza in Italia. Un documento che consegneremo al Governo il prossimo 25 novembre, in occasione di un evento al Teatro Elfo Puccini di Milano, al quale siete tutte invitate. Ve lo raccontiamo in anteprima qui, in uno degli articoli che compongono il numero di Donna Moderna dedicato alla Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Violenza di Genere. Che non a caso ha il volto di un ragazzo e una ragazza. Perché questa battaglia riguarda tutti, maschi e femmine. E si può vincere solo se uniamo le forze. L’abbiamo idealmente affidata alle nuove generazioni, alle loro voci e alle loro richiese di un futuro diverso. In cui tutte le donne siano libere. Uguali. E senza paura.