Siamo tornate a fare rumore per un futuro più giusto e paritario. Nell’Aula Magna dell’Università degli Studi di Milano, affollata di giovani, il 12 marzo abbiamo tagliato il nastro dell’edizione 2025 del nostro progetto Libere e Uguali. Quattro passi verso la parità che, iniziato l’anno scorso, vede la collaborazione scientifica dell’Università Statale di Milano e di Fondazione Libellula.

LIBERE E UGUALI STEREOTIPI

Libertà e stereotipi di genere: ne parliamo sul palco

Sul palco, dialogando con la nostra direttrice Maria Elena Viola, si sono alternate tante ospiti tra ricercatrici, divulgatrici e autrici, commentando i risultati del primo sondaggio realizzato dalla Swg sugli stereotipi di genere (i successivi riguarderanno l’educazione all’affettività; l’indipendenza economica e la genitorialità condivisa; il ruolo dei media nel contrasto alla violenza). A farci da guida, una domanda: quanto siamo libere oggi?

Il dizionario sugli stereotipi realizzato dall’Università Statale di Milano

L’evento, aperto al pubblico, si è aperto con i saluti della rettrice Marina Brambilla che ha sottolineato «l’importanza della scelta delle parole e delle immagini per costruire una cultura più paritaria». Proprio per rendere i giovani consapevoli delle trappole di stereotipi e pregiudizi, l’Università degli Studi di Milano, nell’ambito del centro di ricerca Human Hall, ha preparato un dizionario sugli stereotipi dedicato alle scuole. «Un lavoro importante» ha commentato Ludovica Leone, senior researcher dell’istituto di ricerca Swg illustrando il sondaggio «perché gli stereotipi sono dei calchi cognitivi che dirigono il nostro pensiero». E, dopo, le azioni.

Libere e uguali: ancora radicati molti stereotipi

Calchi duri da scalfire: il 74 per cento degli italiani pensa che un percorso scientifico sia più adatto a un ragazzo che a una ragazza; un uomo su tre crede che siano i maschi più bravi a prendere decisioni in famiglia; un italiano su due pensa che sia più conveniente assumere un uomo che una donna. Colpisce nel sondaggio, tra tanti spunti, il modo diverso di percepire la bellezza: Silvia Romani, antichista, delegata d’Ateneo per il Public Engagement e i rapporti con l’editoria dell’Università degli Studi di Milano, ha sottolineato come l’essere belli ci si aspetti da una donna, non da un uomo. Anche questo, dice Laura Nacci, divulgatrice linguistica e direttrice della formazione di SheTech, fa parte degli stereotipi più radicati, che dalla mente prendono la forma delle parole e finiscono per rafforzare l’idea che un genere sia favorito rispetto a un altro, o che la libertà si possa ottenere prevaricandosi.

La libertà dagli stereotipi si conquista insieme

Mette un punto fermo Valentina Sorbi, DE&I consultant e trainer di Fondazione Libellula, impegnata a creare network di aziende che condividono l’impegno nella lotta alla violenza di genere. «Siamo donne e uomini insieme in un percorso di crescita. Dobbiamo cercare non tanto di scardinare gli stereotipi ma di proporne il riconoscimento, in fondo ci servono per l’evoluzione: sono quelle scorciatoie mentali che semplificano la comprensione e ci fanno fare meno fatica. Basta riconoscere che ne siamo portatori sani: per questo proponiamo di riflettere e assumersi delle responsabilità insieme».

Che senso ha oggi essere femminista

La scrittrice Lidia Ravera con la nostra direttrice Maria Elena Viola
La scrittrice Lidia Ravera con la nostra direttrice Maria Elena Viola

In ogni caso, di passi avanti ne abbiamo fatti verso la famosa libertà. Ci pensa la scrittrice Lidia Ravera a farci sorridere un po’. «Vi ricordate di quando si diceva “Auguri e figli maschi?” E di quando passavamo da un padre a un post-padre, con tanto di dote così il marito ci custodiva meglio? Quando sono nata io, la figlia femmina era ancora considerata un peso: mia madre per esempio voleva un maschio, perché une figlia c’era già, e così io ho passato tutta la vita a voler essere un maschio». Da qui il titolo del nuovo libro Volevo essere un uomo. «Una provocazione o una resa?» ha chiesto Maria Elena Viola. «Nessuna delle due: oggi sono più femminista che mai, consapevole che quella del femminismo sia stata l’unica vera rivoluzione del Novecento. Consapevole che la lotta femminista non abbia niente di ideologico: è la lotta delle donne che si rendono conto di essere discriminate. E finché ce ne sarà una sola al mondo che non potrà guidare, cantare o parlare in pubblico, saremo tutte discriminate. La verità – conclude Lidia Ravera – è che le donne sono cambiate troppo, gli uomini troppo poco».

Libere e uguali: è il momento di tirare gli uomini dalla nostra parte

Da sinistra, Chiara Gregori, Carolina de’ Castiglioni, Giulia Muscatelli

In questo cambiamento verso la conquista della libertà, che è passato per il controllo della riproduzione, la libertà sessuale, l’apertura di tante carriere prima precluse, le donne si sono tirate dietro la società, le istituzioni (molto lentamente), l’educazione. Gli uomini sempre un po’ al traino, «ma ora più che mai lontani da noi» sottolinea Carolina de’ Castiglioni, attrice e regista 28enne che, proprio per togliere pathos al confronto tra i sessi, ha realizzato con Valore D il videopodcast Scomodiamoci. Qui ospita figure di spicco per dialogare sulla violenza di genere e sul palco dell’Aula Magna dell’Univesità degli Studi di Milano ha dialogato con Giulia Muscatelli, autrice del libro Io di amore non so scrivere, e la sessuologa e ginecologa Chiara Gregori. Tanti i temi affrontati, tra cui il porno (celebrare o demonizzare?), l’educazione sessuale alla scuola primaria (troppo precoce?), la gelosia di coppia (tu lo guardi il cellulare del tuo fidanzato?).

Libere e uguali e gli stereotipi legati ai diritti riproduttivi

Federica Salamino con la nostra giornalista Marta Gatti

Sottotraccia, sempre la nostra domanda iniziale: ma quanto siamo libere e uguali? Siamo libere di essere noi stesse e di avere figli fuori dallo schema della coppia? «Pare proprio di no, pensando alla gestazione per altri come reato universale, al divieto di genitorialità per le coppie gay o alla maternità per le madri single»: dobbiamo dare ragione a Federica Salamino, presidente di FecondaScelta, l’associazione che si batte per i diritti riproduttivi a partire da quelli – negati – delle donne nate con la sindrome di Rokitansky, ovvero senza utero. Nel dialogo con la nostra giornalista Marta Gatti, ha detto che «La capacità riproduttiva non è un merito, come molti di noi sono abituati a pensarla: è un privilegio. Perché allora in fatto di riproduzione facciamo delle discriminazioni? Se l’infertilità è considerata dall’Oms una patologia e se il cancro si combatte con la chemioterapia, perché quando parliamo di riproduzione sembra che la scienza debba restare fuori dalla porta?». La battaglia di Federica Salamino vuole abbracciare il diritto riproduttivo di tutti perché «Non tutti i corpi sono uguali, non tutte le femmine hanno le mestruazioni e non tutti i bambini arrivano allo stesso modo».

Quanti stereotipi ancora al lavoro

Virginia Stagni

E se per certi versi oggi è un privilegio avere figli, lo è anche per una donna lavorare in certi settori. Lo ha confermato Virginia Stagni, CMO di The Adecco Group, dialogando con Elisa Pignanelli, dottoranda di ricerca in Diritto costituzionale dell’Università degli Studi di Milano: «Dopo parecchi anni all’estero nel Financial Times, ero abituata al fatto che nel mondo anglosassone si guardi alla professionista, non al contenitore. Tornata in Italia, però, in uno dei primi colloqui un collega mi disse: “Se non vuoi renderti antipatica, non venire al lavoro con i tacchi”». Un invito a togliersi di dosso quel femminile che ancora ingombra in certe carriere, a passare inosservata, insomma.

Francesca Michielin e la forza della fragilità

Cosa che non può capitare a Francesca Michielin, che ha chiuso l’evento con la sua canzone Fango in Paradiso. Ma che, prima, ci ha detto: «Ragazze, a Sanremo io ho pianto e molti mi hanno detto che non dovevo farlo. Ma perché dovremmo vergognarci delle nostre emozioni e dei nostri momenti di fragilità? Per tutto questo dobbiamo lottare: per la libertà di essere noi stesse».

Con la collaborazione scientifica di Università degli Studi di Milano – Fondazione Libellula

Partner: Generali – Jeep Mundys