Una dieta emotiva ricca di stimoli
Non avere avuto per tanto tempo contatti fisici, reali, con gli altri – dicono gli esperti – ha impoverito la “dieta emotiva” dei nostri bambini. Con quali conseguenze? «È una domanda difficile anche perché siamo ancora dentro a questo stato di incertezza, non possiamo dire che sia tutto finito» spiega Cinzia Chiesa, psicologa e psicoterapeuta del Centro di psicologia e Analisi Transazionale di Milano. «Indubbiamente l’impatto sui piccoli c’è stato: un bambino di 7 anni ha trascorso più di un settimo della sua vita chiuso in casa. Rispetto a un adulto, è tantissimo tempo. Perfino i neonati, ormai, di un viso guardano solo gli occhi, non cercano più il sorriso che è nascosto sotto la mascherina. Ma c’è anche un lato positivo e interessante: i piccoli sanno sviluppare adattamenti rapidi e veloci in risposta agli stimoli esterni. La vera difficoltà, infatti, è per noi adulti: dobbiamo reimparare il lento ritorno alla vita sociale, alle interazioni, all’uso del corpo. E questo riguarda sia noi sia i bambini, è un percorso da fare insieme. Tutto si gioca sulla relazione, tanto sacrificata in questo periodo. Il consiglio, quindi, è di non rifugiarsi in risposte preconfezionate, forse buone in tempi “normali”. Questo è un tempo straordinario e, insieme ai nostri figli, dobbiamo sperimentare anche noi le modalità migliori per tornare alla vita di relazione».
Abbi sempre uno sguardo attento
In generale mamma e papà devono fare attenzione ai cambiamenti improvvisi rispetto alla normalità. «Non quelli repentini ma fisiologici, dovuti alla crescita, come accade quando – da un giorno all’altro – un bambino abbandona un gioco molto amato» spiega Francesca Valla, insegnante educatrice, counselor e celebre in tv come Tata Francesca. «Penso alla manifestazione amplificata di emozioni come irritabilità, irrequietezza o malinconia, al bisogno improvviso e frequente
di isolarsi, alle nuove paure (del buio, dei cani, del temporale…). Ma anche a forme di regressione come l’improvvisa difficoltà a vestirsi, allacciarsi le scarpe, lavarsi i denti. Ricordiamo che ogni bambino è unico: sei genitori sono attenti e abituati all’ascolto, sapranno capire quando preoccuparsi davvero». In questi casi, se i comportamenti non sono occasionali (come può capitare in una giornata storta), è bene cominciare a parlarne con il pediatra. Sarà lui a valutare se potrà servire un confronto con uno psicologo esperto in età evolutiva. Altrimenti, possono servire alcune piccole strategie. In questa pagine abbiamo selezionato le più efficaci.
Vincere le paure
«La socialità dei più piccoli passa sempre dal contatto fisico che è stato fortemente limitato dalle misure anti-Covid» spiega Francesca Valla. «È normale, quindi, che la loro crescita emotiva e relazionale sia in difficoltà. Oltretutto il “termometro emotivo” dei bambini è nelle mani dei genitori. Se, per esempio, loro si mostrano ansiosi lo saranno anche i piccoli». Ecco cosa fare di fronte a due emozioni negative.
Se teme gli estranei, usa il giocattolo ponte
«I primi contatti con il mondo extrafamigliare o extra-asilo possono provocare tante diverse reazioni, dalla curiosità alla timidezza, ma il timore degli altri è senz’altro quello da affrontare subito» precisa Francesca Valla. «In generale i bambini piccoli sono tutti dei gran “conservatori” e se, fino a 3-4 anni, è normale doverli accompagnare verso le novità, a maggior ragione occorre farlo ora. Se, in questo anno e mezzo, i genitori hanno cercato di gestire le proprie preoccupazioni e aiutato i piccoli a esprimersi con il gioco, i disegni, le fiabe, oltre che con le coccole, allora questa fase durerà poco e i bambini supereranno senza strascichi il blocco iniziale». Ma se il bambino sembra bloccato, non si stacca dalla mamma, non risponde a un saluto di persone che già conosce, scoppia a piangere e mostra ansia di fronte agli estranei, occorre aiutarlo. «Un’idea può essere tenere a portata di mano il suo gioco preferito e, nei momenti critici, usarlo come “ponte” di comunicazione con gli altri. Due consigli: lasciargli il tempo necessario per adattarsi alla nuova situazione; e non confortarlo troppo perché -paradossalmente- gli trasmetteremmo il messaggio che quella situazione è davvero pericolosa».
Alla sua aggressività rispondi con la calma
Uno spintone a un bambino, un gioco conteso, un disegno strappato. Se il piccolo ha comportamenti aggressivi, vuol dire che in quel momento è sopraffatto da sentimenti che non riesce a gestire. Per questo il primo consiglio è di mostrarsi comprensivi e accoglienti, suggerisce Tata Francesca. «Quando questi gesti avvengono in pubblico in genere a provare disagio sono i genitori. E invece occorre mantenere la calma
e affrontare serenamente la situazione, senza sgridarlo o alzare la voce, aiutandolo a calmarsi con qualcosa che lo distragga, crei una “pausa” e lo aiuti a rassenerarsi. Poi gli si fa da specchio: cioè poche domande – con parole adeguate alla sua età – per aiutarlo a “guardarsi” e a spiegare con parole sue perché è arrabbiato».
Il mini test: guarda come gioca
«Il grande canale comunicativo dei bambini, a partire dai più piccoli, è il gioco. Ecco perché osservarlo in quei momenti, valutare la sua vitalità e curiosità, è la bussola per capire se tuo figlio è attraversato da emozioni negative. Ti sembra un po’ spento, disinteressato a quello che lo circonda? Al parco non gioca con gli altri? A casa predilige attività passive come guardare i cartoni? Sono segnali che qualcosa non va e che richiedono un tuo intervento per aiutarlo a esprimere quello che sente. Ma certo non con le parole. Piuttosto leggigli un libro adatto (qui sotto te ne suggeriamo uno), chiedigli un disegno o fate un gioco simbolico (“facciamo finta che…”). L’obiettivo è vedere come reagisce, lasciare che si esprima a modo suo, ascoltarlo senza giudicarlo e cercare di rassicurarlo dicendogli che capita a tutti di essere agitati. Nella maggior parte dei casi, l’attenzione dei genitori è sufficiente per aiutarlo a riconoscere le emozioni negative e a liberarsene.