“Stop tampon tax, il ciclo non è un lusso”. Con questo slogan, e un seguito in crescita, riprende vigore la battaglia per il taglio dell’Iva applicata a assorbenti e tamponi. Nell’ultima legge di bilancio, nonostante fosse stato presentato un emendamento ad hoc, non è stata inserita la riduzione dell’aliquota. L’imposta è rimasta ferma allo stratosferico 22 per cento (contro il 5 per cento del tartufo, tanto per dare un termine di confronto). Così online, sulla piattaforma change.org, le giovani donne dell’associazione Onde rosa hanno lanciato una petizione per chiedere che si ponga rimedio e che la “tassa sul ciclo” venga ridotta al minino.
Due petizioni, quasi 250mila firme
L’appello delle ragazze sul piede di guerra, indirizzato ai ministri delle Finanze e della Salute e al presidente del Consiglio, in due settimane ha già raccolto più di 89mila firme e il contatore continua a girare. In contemporanea è stata rimessa in circolo una petizione gemella di qualche anno fa, prossima a doppiare la boa delle 160 mila sottoscrizioni. E il dibattito si è riacceso pure sui social. C’è chi parla di “promesse mancate”, chi fa i conti del salasso mensile, chi ricorda che battaglie analoghe andrebbero fatte anche per i pannolini per i bambini e altri prodotti per l’infanzia. Anche gli uomini, solidali, stanno firmando le due petizioni e contribuendo alla discussione e al pressing sulle istituzioni.
L’appello delle ragazze di Onde rosa
Ricordano le stesse ragazze di Onde rosa, nell’appello: “Cos’è la tampon tax? Semplice. È l’imposta Iva al 22 per cento che grava sui prezzi degli assorbenti, considerati come beni di lusso. Avere il ciclo non è un lusso né tantomeno una scelta e gli assorbenti non sono un accessorio ma una necessità per ogni donna. Chiediamo che la ‘tampon tax’ sia abbassata al 4 per cento e che quindi gli assorbenti vengano considerati beni di prima necessità. Fatevi un regalo e fatelo alle donne della vostra vita – è il messaggio – Attraverso una semplice firma non ci aiuterete solamente a cambiare una tassa, ma l’intero stile di vita di molte donne”.
“Tassa ingiusta e contro le donne”
Nella petizione gemella (“Le mestruazioni non si tassano: Iva al minimo sugli assorbenti!”), sulla stessa lunghezza d’onda, si sottolinea: “Oltre 4 euro per una confezione da 20: un piccolo tesoro, se si pensa che in tutta la vita ne serviranno decine di migliaia. Gli assorbenti dovrebbero entrare nella lista dei beni essenziali, che comprendono pane, pasta, riso, quotidiani e protesi dentarie. Mentre si può vivere senza un tablet, non è possibile, per chi ha le mestruazioni, fare a meno degli assorbenti per condurre una vita normale e in salute. Senza gli assorbenti, per poter gestire le mestruazioni in modo da partecipare senza problemi alla vita sociale, subiremmo conseguenze pesanti per la nostra salute fisica e mentale. L’aliquota al 22 per cento – viene rimarcato è una tassa ingiusta che grava direttamente sulle donne e in particolare le donne con poco reddito”.
Promesse e giustificazioni
Il sottosegretario grillino all’Economia, Laura Castelli, per spiegare la mancata riduzione della tampon tax, ha fatto riferimento alla necessità di evitare scontri con Bruxelles e a possibili procedure d’infrazione. In realtà una direttiva del Consiglio Europeo, diffusa il 28 novembre 2006, apre ai tagli di imposta.“I prodotti di protezione per l’igiene femminile – dice – possono essere assoggettati alle aliquote ridotte” (ma non all’annullamento totale delle imposte).
Come funziona in altri Paesi
“Nel resto d’Europa – racconta il sito vice.com – non mancano casi virtuosi: in Francia, ad esempio, la tampon tax è stata ridotta nel dicembre 2015, scendendo dal 20 al 5,5 per cento. In Belgio è passata dal 21 al 6 percento nel 2018, mentre nei Paesi Bassi era già al 6 per cento. È del 2000 la decisione del governo britannico di ridurre drasticamente la tassazione sui prodotti per l’igiene femminile dal 20 al 5 percento. L’Irlanda non applica alcuna sovrattassa agli assorbenti”.
Nel gruppo di Stati a tassazione zero, nel mondo, ci sono anche India, Giamaica, Libano, Nicaragua, Nigeria e Tanzania. Il Kenya si è distinto su tutti, come apripista, per l’adozione di iniziative mirate. Nei negozi di alcuni campus americani, altro esempio in positivo, sono stati abbassati i prezzi delle confezioni e per casi particolari si prevede la fornitura gratuita.
I tentativi andati a vuoto
In Italia a porre la questione in Parlamento, senza risultati concreti, furono nel 2016 i deputati Pippo Civati e Beatrice Brignone, di Possibile. Poi, nel settembre 2017, venne il turno di Pier Paolo Sileri del Movimento 5 stelle, allora contro la “tampon tax”. L’emendamento caduto nel vuoto, in sede di lavorazione dell’ultima legge di bilancio, porta la firma di Francesco Boccia del Pd. Un emendamento simle, siglato maggioranza, è stato ritirato subito dopo la presentazione. E non è tutto qui. In assenza di interventi a favore delle donne, potrebbe andare ancora peggio. L’iva su assorbenti (introdotta nel 1973, al 12 per cento) salirebbe ancora, automaticamente, se venissero sforati i vincoli di bilancio.
“Ecco perché ci sono resistenze”
Beatrice Brignone, diventata nel frattempo segretaria nazionale di Possibile, ricapitola: “In Parlamento, nella precedente legislatura, avevamo provato a fare passare la riduzione dell’Iva sugli assorbenti attraverso un disegno di legge e poi con emendamenti alle manovre finanziarie. Non siamo riusciti a ottenere nulla. C’è stata una grande resistenza – spiega – perché questa tematica riguarda le donne e viene vista come secondaria, non importante. Ci siamo scontrati con reazioni da gita scolastica di terza media: battutine, ironie, prese in giro. Perché? Perché le mestruazioni sono ancora tabù oppure per sessismo. Le scuse accampate dai grillini, in questa legislatura, non stanno in piedi. L’Europa non accetterebbe il taglio dell’aliquota? No. Non mi sembra sia stata censurata la riduzione dell’imposta sul tartufo, non più considerato bene di lusso. E non è vero che non ci sarebbero le coperture economiche. Quella che non c’è è la volontà politica. Nel resto d’Europa le battaglie contro la tampon tax hanno portato a cambiamenti e conquiste. Persino in India, che chi rema contro considera uno Stato arretrato, sono molto più avanti di noi. Le petizioni online – conclude l’ex deputata – sono importanti. Riaprono la discussione e servono a fare un po’ di pressione su chi ci governa”.