Secondo gli ultimi studi, porterà a una riduzione del 32% dell’uso di materie prime da qui al 2030. È oggetto di corposi investimenti da parte dell’Unione europea. Ed è appena stata al centro di un forum a Bologna nell’ambito del G7 sull’Ambiente. Si tratta dell’economia circolare di cui sentiamo spesso parlare. Cos’è e che effetto ha su di noi?
È diversa dalla sharing economy
«Siamo abituati a beni con vita lineare: prodotti, usati e gettati. Nell’economia circolare, invece, ogni bene vive “disegnando” un cerchio: resta cioè in uso il più a lungo possibile perché viene riutilizzato» spiega Luciano Canova, economista e autore di Scelgo, dunque sono (Egea). «Non va confusa con la sharing economy, il cui fulcro è la condivisione: un oggetto o un servizio viene affittato solo per il periodo in cui serve. Le due economie hanno un punto di contatto: mirano a rendere più efficienti le risorse». Ed entrambe stanno ampliando il loro raggio d’azione: la Svezia offre sconti sulle imposte a chi fa riparare le scarpe dal ciabattino anziché buttarle, mentre la sharing economy cinese miete successi mettendo in comune perfino gli ombrelli.
Crea nuove professioni
L’economia circolare spinge verso comportamenti etico-doveristici come il riciclo dei rifiuti. Ma stimola anche le menti creative e nuove professionalità: dagli ecodesigner che progettano arredi fatti per durare nel tempo ai creatori di app come quella che segnala la pescheria più vicina a casa che, di sera, vende il pesce scontatissimo anziché buttarlo. «I cosiddetti “green jobs” nella Ue sono cresciuti del 49% negli ultimi 15 anni» dice Fabio Fava, docente di Biotecnologia industriale e ambientale all’università di Bologna. «E l’Italia ha inaugurato Biocirce (masterbiocirce. com), il primo master che prepara esperti di bioeconomia ed economia circolare».
Responsabilizza governi e cittadini
Dell’assoluta necessità dell’economia circolare è convinta Kate Raworth (vedi box), tra i 10 economisti più influenti al mondo per il quotidiano The Guardian. La studiosa inglese affida a ciascuno di noi, oltre che a governi e imprese, l’onore e l’onere di azioni quotidiane amiche dell’ambiente e della società. E “ci inchioda” alle nostre responsabilità con domande come: «La tua banca investe i tuoi soldi in aziende etiche? A casa hai installato i pannelli solari? Fai la raccolta differenziata? Come ti muovi per andare in vacanza? Sul lavoro e in famiglia a quali valori ti ispiri?». Magari questo approccio non sarà una panacea per tutti i problemi «perché ci sono politiche e abitudini difficili da sradicare o far sterzare» dice Canova. Certo è, però, che mette in luce, anzi in circolo, l’urgenza di idee e modelli nuovi.