Le promesse irrealizzabili della politica creano sfiducia e allontanano le persone dalle istituzioni. Secondo un sondaggio Demos del 2017, solo il 5 per cento degli intervistati ha detto di aver fiducia nei partiti e solo l’11 nel parlamento. In passato c’è chi ha proposto un milione di posti di lavoro (Silvio Berlusconi) e chi si voleva fare portavoce di una intera generazione (Matteo Renzi). Le aspettative però sono state disattese.
Adesso è il turno del governo M5s-Lega, formalmente guidato da Giuseppe Conte, sconosciuto professore di diritto privato. I due alleati dell’esecutivo giallo-verde (o gialloblu) hanno scritto un libro dei sogni, sotto forma di contratto, che contiene due punti molto importanti: la flat tax (Lega) e il reddito di cittadinanza (M5S). Se i Cinque stelle hanno superato il 32 per cento e i leghisti hanno quasi raggiunto il 18 per cento, è merito di queste due proposte.
Il problema è che a parole non costano nulla, ma un conto è parlare un altro conto è realizzarle. L’Osservatorio sui conti pubblici italiani dell’Università Cattolica, guidato dal professor Carlo Cottarelli, per qualche giorno presidente del Consiglio incaricato, ha pubblicato un’analisi dei costi del programma M5s-Lega e delle relative coperture per onorarlo.
L’introduzione della flat tax a due aliquote (al 15 per cento e al 20 per cento) costa 50 miliardi, mentre il reddito e la pensione di cittadinanza (entrambe da 780 euro al mese) costano 17 miliardi. In totale, secondo l’Osservatorio, il contratto costerebbe tra i 108,7 e i 125,7 miliardi di euro. Le coperture, invece, sono pressoché inesistenti. I soldi arriverebbero dalla riduzione dei parlamentari, dalla riduzione delle cosiddette pensioni d’oro (sopra i 5.000 euro), dall’eliminazione dei vitalizi e dalla riduzione delle missioni internazionali. Poca roba, come si vede. Eppure nel libro dei sogni giallo-verde, il reddito di cittadinanza, che ha mobilitato milioni di elettori nel Mezzogiorno, pare una cosa semplice: fino a tre offerte di lavoro ricevute, chi è a reddito zero ottiene 780 euro, chi invece ha un reddito basso avrà una integrazione che gli consentirà di arrivare sempre alla cifra di 780 euro. Questo vuol dire, ha osservato una volta Luciano Capone, “che fino a 780 euro al mese e anche oltre a nessuno conviene trovarsi un’occupazione anche saltuaria o part time: chi non fa nulla riceve 780 euro, chi lavorando guadagna 400 euro ne riceve 380, chi ne guadagna 500 ne riceve 280. Il totale fa sempre 780”. Festa grande, insomma.
All’opposizione c’è chi brinda per la formazione del nuovo esecutivo, tirando fuori popcorn e patatine. Eppure Pd e Forza Italia hanno poco da festeggiare. Non fosse altro perché non sembrano essere in grado di trovare idee altrettanto competitive come quelle del M5s e della Lega. In più sperano di poter camminare, spensierati, sulle macerie dell’Italia, qualora questo governo dovesse miseramente fallire. La questione però è più delicata: se questa nuova maggioranza parlamentare che suscita così tante aspettative dovesse sbagliare, la tensione sociale non potrebbe che crescere. Anche perché il voto ai Cinque stelle e alla Lega è già il frutto di una crescente inquietudine. Chi arriverebbe dopo di loro, in caso di insuccesso? «La moltitudine, improvvisamente, si è fatta visibile, si è installata nei luoghi migliori della società. Prima, se esisteva, passava inavvertita, occupava il fondo dello scenario sociale; ora è avanzata nelle prime linee, è essa stessa il personaggio principale. Ormai non ci sono più protagonisti: c’è soltanto un coro», avvertiva il filosofo Ortega y Gasset nel 1929.
La gente ha votato per flat tax e reddito di cittadinanza. Adesso Salvini e Di Maio non possono far altro che mantenere quelle onerose promesse.