Sono stati oltre 83.000, l’anno scorso, gli italiani che hanno affittato una camera o una casa tramite Airbnb. Hanno incassato, in media, 2.300 euro in un anno, ma con grandi variazioni a seconda del luogo: a Firenze, per esempio, la media è stata di oltre 6.000 euro. Vale la pena farci un pensiero, se vuoi arrotondare e se hai dello spazio a disposizione, ma non pensare che sia facilissimo: le città e gli enti locali in tutto il mondo stanno imponendo agli operatori della cosiddetta sharing economy nuove regole.
Per esempio, in California, chi offre la casa su Airbnb a San Francisco non può darla per più di un certo numero di giorni all’anno, mentre a Santa Monica dovrà farsi rilasciare una licenza. Anche in Italia le cose stanno cambiando. Ecco quello che devi sapere.
Le condizioni per diventare host Una volta iscritta al sito, non devi fare altro che inserire i dati dello spazio che intendi affittare e descrivere cosa gli ospiti troveranno: ci sono la tv, l’aria condizionata e il wi-fi? Poi dovrai inserire le foto e i costi. L’opzione “prezzi smart” fa sì che le tue tariffe, all’interno di una fascia da te stabilita, cambino automaticamente sulla base di una serie di fattori, tra cui la domanda e l’offerta per la tua zona in un determinato periodo. Airbnb trattiene una quota del 3%.
Gli obblighi del proprietario Chiunque faccia l’host di Airbnb deve registrare gli ospiti sul portale della Polizia (alloggiatiweb.poliziadistato.it), dopo avere seguito la procedura necessaria per ottenere le credenziali. Per quanto riguarda la tassa di soggiorno, le modalità variano di città in città: a Roma è previsto che la riscuota l’host e poi la versi al Comune, così come a Milano e Bologna. A Firenze Airbnb si è accordata con l’amministrazione locale per trattenerla direttamente, evitando che lo debba fare all’host.
Le procedure per dichiarare l’affitto Per ora le possibilità sono due. La prima è indicare nel 730 l’incasso alla voce “redditi diversi”: in questo caso gli affitti percepiti si vanno a sommare al totale dei propri guadagni. La seconda opzione è la cedolare secca, che stabilisce un’aliquota annuale fissa di tasse pari al 21%. È però in discussione una legge che riguarda tutta la sharing economy, da Airbnb alle società come BlaBlaCar: ipotizza che queste aziende facciano da sostituto d’imposta, ossia si comportino come le imprese normali quando pagano gli stipendi ai loro dipendenti.
Tratterrebbero quindi le tasse, nella misura del 10% degli incassi per chi dagli affitti percepisce meno di 10.000. In caso di guadagni superiori, si vanno ad accumulare al reddito Irpef.
Le nuove norme allo studio Le proteste degli albergatori, che lamentano una concorrenza irregolare, hanno spinto alcuni enti locali a intervenire. La Lombardia ha deciso di riconoscere la possibilità per i privati di affittare un appartamento occasionalmente, ma ha posto dei paletti: pagare la tassa di soggiorno, fare la SCIA (Segnalazione certificata di inizio attività) e stipulare l’assicurazione per eventuali danni agli ospiti.