Torna in primo piano un tema che per settimane ha fatto discutere e infuriare miloni di persone. L’obbligo di prendere e pagare le borsine compostabili e riciclabili, per imbustare prodotti alimentari sfusi. Il Consiglio di Stato ha espresso un parere pro consumatori, confermando una circolare del ministero dello Sviluppo economico tenuta sottotraccia per mesi. La palla ripassa ora al ministero della Salute.
Il parere del Consiglio di Stato, pro consumatori
Chi fa la spesa deve avere la possibilità di “utilizzare sacchetti in plastica autonomamente reperiti” per riporre frutta, verdura e altri alimenti sfusi acquistati in negozi grandi e piccoli e al mercato. I clienti non possono essere obbligati a prendere i bio shopper distribuiti nei punti vendita prescelti, a pagamento, con una spesa unitaria tra 1 e 3 centesimi. Hanno il diritto di comprarli dove vogliono, per poi sfoderarli tra cestoni e scaffali. L’importante è che le buste “domestiche” siano nuove, monouso, “idonee a preservare l’integrità della merce e rispondenti alla caratteristiche di legge”. Non solo. Bisognerà anche consentire ai consumatori anche di contenitori ecologici alternativi, in primis sacchetti di carta, purché conformi alle norme in materia. E non è affatto scontato che per alcune tipologie di prodotti, sempre alla luce della normativa, sarà necessario usare specifiche confezioni. Sui commercianti ricadrà un doppio onere: rispettare le scelte dei singoli clienti e, insieme, garantire la tutela della sicurezza e dell’igiene degli alimenti, l’interesse prioritario. Il compito di vigilare sul rispetto dei requisiti previsti per le sacche e le borsine introdotte dall’esterno, così come per quelle fornite all’interno, toccherà infatti agli esercenti, con le incombenze e i costi che ciò comporta. A dire tutto questo è la Commissione speciale del Consiglio di Stato, chiamata a rispondere ai quesiti presentati dal ministero della Salute e riunita a fine marzo per deliberare.
Spunta una circolare Mise tenuta sottotraccia
Una svolta clamorosa? O la tessera di un puzzle con un disegno già delineato? Oppure niente di nuovo sotto il sole, come dicono alcuni osservatori? La risposta è articolata e va ricercata ricostruendo le fasi precedenti, perché in campo ci sono più soggetti, provvedimenti di diversa fonte e competenze incrociate. A dicembre, con una circolare rimasta sottotraccia e sconosciuta ai più, il ministero dello Sviluppo economico aveva già dato il via libera a buste e sacchetti portati da casa, purché nuovi e idonei . “Salvo diverso avviso del ministero della Salute – ecco le indicazioni allora, girate alla grande distribuzione – si riterrebbe ammissibile la possibilità per la clientela, nei reparti di vendita di alimenti organizzati a libero servizio, di utilizzare gli shoppers già in possesso”. Poi il ministero dell’Ambiente si è pronunciato contro il reimpiego di borse usate e riciclate. Infine il ministero della Salute, sotto il fuoco delle polemiche e delle critiche, ha coinvolto il Consiglio di Stato. E ora si ritrova con la palla in mano. Potrebbe emettere un decreto ad hoc, per disciplinare regole e eccezioni, ma senza alcun obbligo di seguire le direttive di massima ricevute. Il parere della Commissione speciale dell’organo consultivo “non è vincolante”, cioè non deve essere recepito per forza. Non è però detto che il prossimo passo sarà questo. Tutto potrebbe finire qui. Il dicastero retto da Beatrice Lorenzin, in carica per l’ordinaria amministrazione e in attesa della nomina del successore, non è tenuto a decretare, lasciando la regolamentazione del “sistema bioshopper” all’impasto di leggi e leggine, pareri, consulenze, circolari, postille.
L’Unione nazionale consumatori torna alla carica
“ll parere del Consiglio di Stato sui sacchetti bio per l’acquisto di frutta e verdura nei supermercati – va giù duro Massimiliano Dona, presidente dell’Unione nazionale consumatori – non rappresenta alcun passo avanti per cittadini, visto che si limita a ribadire quanto era già previsto dalla circolare del Mise dei dicembre. Quella che manca, e che noi richiediamo fin dall’inizio, è una circolare congiunta tra ministeri dell’Ambiente e della Salute, un provvedimento che definisca come idonee e rispondenti ai requisiti anche le multi – bag lavabili. “Il problema dell’igiene dei sacchetti usati e della possibile contaminazione è praticamente inesistente, addirittura nullo se le borse sono lavabili”.
La grande distribuzione: “Via libera ai sacchetti gratuiti”
Anche Federdistribuzione commenta le linee guida del Consiglio di Stato, lanciando una proposta: poter mettere a disposizione gratuitamente i bio shopper, ora a pagamento per legge, e tornare al sistema precedente, con materiali nuovi ed ecologici. Sarebbe tutto più semplice e più economico. L’applicazione delle nuove direttive, il via libero all’utilizzo di borse arrivate dall’esterno, porterebbe aggravi e complicazioni, a detta degli operatori del comparto. “L’esercente è responsabile, anche penalmente, del rispetto della norme su igiene e sicurezza delle confezione e degli alimenti. Dovrà quindi introdurre nei punti vendita procedure atte a verificare l’idoneità dei sacchetti portati direttamente dai clienti. Ciò comporterà, inevitabilmente, disagi per i consumatori”. C’è anche la questione della tara: le bilance nei supermercati sono impostate con valori regolati sul peso dei sacchetti ultraleggeri forniti ai consumatori”. Da qui la proposta delle borsine gratuite e una richiesta al Governo: “aprire un confronto per rimettere ordine complessivamente alla materia e in particolare per prendere in considerazione alternative che rispettino i criteri, del tutto condivisibili, di rispetto dell’ambiente”.
Le argomentazioni del Consiglio di Stato
Il Consiglio di Stato ha ampiamente motivato le indicazioni a favore dei cittadini. “La borsa, per legge, è un bene che ha un valore autonomo ed indipendente da quello della merce che è destinata a contenere. L’utilizzo e la circolazione dei contenitori in questione – in quanto beni autonomamente commerciabili – non possono essere sottratte alla logica del mercato”. Per questo non possono essere proibite le borse acquistate all’esterno degli esercizi commerciali. Lo scopo che si prefiggono le norme di riferimento, italiane ed europee, è la riduzione dei materiali inquinanti in circolazione, a cominciare dalle plastiche. “Ne deriva – scrive il Consiglio di Stato – che va ammessa la possibilità di utilizzare contenitori alternativi alle buste di plastica e comunque idonei a contenere alimenti quale frutta e verdura, autonomamente reperiti dal consumatore”. I gestori e titolari di empori e negozi non hanno il diritto di mettere limitazioni generalizzate, a priori, sganciate dalle situazioni concrete. “Ciascun esercizio commerciale sarà tenuto a verificare l’idoneità e la conformità dei sacchetti utilizzati dal consumatore”. Di volta in volta potranno essere vietati contenitori e sacchetti portati da fuori solo se ritenuti non conformi alle norme o comunque non idonei a entrare in contatto con gli alimenti. Organizzarsi in questa direzione, per gli operatori del settore, non sarà semplice né economico.